Seducenti rovine moderne, di Ende Neu. A Berlino

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Le scale coloratissime e piene di scritte che conducono alla galleria sono di quelle che ti rimangono dentro.

Siamo al numero 39 di Rosenthaler Straße, nel vivace quartiere Mitte di Berlino, davanti ad un affascinante edificio fatiscente, la Haus Schwarzenberg, oggi luogo nel quale l’arte si esprime grazie all’organizzazione dell’associazione che gestisce la struttura.

I segni della street art sono ovunque, scritte e disegni invadono quasi ogni centimetro libero a disposizione, ogni singola espressione è l’intima testimonianza di un artista.

Haus Schwarzenberg ha una storia particolare: nacque nel 1995 con l’intento di creare un ambiente dove poter coltivare un ideale di creatività libera e indipendente nel cuore di Hackescher Markt, vicino a negozi alla moda e palazzi borghesi. Nonostante l’intento utopico, il progetto è durato nel tempo diventando uno dei pochi luoghi berlinesi non ancora colpiti dal processo di Gentrifizierung, meglio conosciuto con il nome “gentrification”, termine con il quale si indica quel meccanismo per il quale un quartiere popolare di una città diventa improvvisamente di tendenza, assistendo automaticamente all’aumento dei prezzi degli immobili e all’inevitabile onda migratoria della gente del posto, a favore di persone di ceto sociale più alto. E Berlino è davvero un modello di questo processo, avendo subito nel tempo una radicale trasformazione urbana dei suoi distretti.

La speculazione immobiliare, della quale ho parlato anche in un precedente articolo, arrivò davvero a minare anche l’esistenza della Haus Schwarzenberg e di tutto ciò che aveva creato: l’ Anne Frank Zentrum, il Central Kino, l’ Eschschloraque Rümschrümp, la Neurotitan Galerie e un lungo elenco di altre attività. Ma grazie all’intervento delle campagne messe in atto, gli investitori non ebbero la meglio.

Forse se Haus Schwarzenberg è riuscita a rimanere immune alla gentrification che ha progressivamente inghiottito il quartiere e diventare uno spazio d’arte libero, legale e riconosciuto, il merito è anche della storia che custodisce.

Ricordiamo Otto Weidt, imprenditore tedesco, che durante la Seconda Guerra Mondiale aprì le porte dell’edificio, all’epoca sede della sua fabbrica di scope e spazzole, a decine di ebrei nascondendoli per salvarli dalle deportazioni.

Fusione di differenze e senso di comunità sono i valori che hanno caratterizzato la storia di questo luogo, e che oggi continuano ad essere trasmessi attraverso l’arte.

Per arrivare alla Neurotitan Galerie si attraversa il cortile interno, lasciandosi alle spalle il Kino si varca la soglia di una porticina che conduce alle scale. Una volta arrivati in cima ci troviamo nel mezzo del bookshop della galleria, uno dei negozi più forniti per quanto riguarda fumetti, illustrazione, grafica, street art e musica ( con molti vinili). Insomma è uno di quelle librerie di urban art e souvenir anticonvenzionali più frequentate dai berlinesi e non solo, dove ritrovarsi a rovistare per ore nelle sue scaffalature: dalle antologie di Juxtapoz ai fumetti di Stripburger e ai rarissimi volumi della casa editrice Bongout, alcuni anche in edizioni limitate.

In fondo al bookshop la porta che conduce ai due grandi spazi espositivi dove oggi ha luogo Ende Neu, mostra collettiva che accentua con il suo carattere il valore qualitativo delle esposizioni di questi spazi.

Ende Neu è un gruppo di artisti diversi per tecnica ed intenti, ognuno con un proprio personale percorso professionale ma uniti, circa due anni fa, dalla volontà della curatrice e anch’essa artista Paola Verde, con l’idea di organizzare insieme esposizioni saltuarie in ambienti più prettamente underground, lontano dai soliti circuiti artistici che di solito li vede coinvolti. Max Andersson, Fabio Giampietro, Vins Grosso, Alberto Ponticelli e la stessa Paola Verde sono i nomi che danno vita ad una unione che ci permette di conoscerli lontano dalle solite fiere o spazi adibiti all’arte e che, insieme, ci parlano di città cariche di un forte potere seduttivo, dove le rovine del futuro si sovrappongono a quelle del passato in un’ atmosfera a momenti statica e sospesa nel vuoto, pervasa di una solitudine che non riusciamo a rifiutare.

Ende Neu  dal tedesco Nuova Fine), secondo le parole di Paola Verde, è una riflessione sulle Città del terzo millennio, strati su strati di rovine moderne che cancellano veloce la Memoria. Ormai lontane dalle logiche cartesiane, queste città si sviluppano seguendo una matrice frattale e sfruttando la quarta dimensione, il Tempo. Ed è proprio il tempo il padrone indiscusso di questi luoghi. Il tempo che sgretola, arrugginisce, logora, creando un anello di congiunzione tra passato e futuro prossimo, catapultandoci attraverso epoche fino a intravedere il destino estremo di queste Metropoli in evoluzione, nella loro crescita senza sosta fino all’implosione.”

Ende Neu è un luogo nel quale rimaniamo sospesi, indecisi, esitanti nell’andare o nel restare, in bilico ma allo stesso aggrappati a quella sensazione di solitudine che non riconosciamo ma dalla quale siamo attratti. E allora restiamo a contemplare ma allo stesso tempo sentiamo una forte spinta che ci porta a fare ancora un altro passo in avanti.

Sono le prospettive di metropoli nelle grandi tele ad olio di Fabio Giampietro, le visioni urbane di Vins Grosso, le tavole di fumetti di Alberto Ponticelli, le rovine nelle utopiche fotografie di Paola Verde, i comics di Max Andersson.

Unite da tinte in scala di grigi, le opere si allineano sulle parete della galleria trascinandoti, nelle loro diversità, in un medesimo mondo.

Se in Vins Grosso intravediamo immagini di un possibile e alquanto probabile futuro, causa di un consumo di massa sfrenato e senza più controllo, visioni di uffici, abitazioni, condomini toccati da grandi fasce di colore che il tempo ha modificato, nei photocollage di Paola Verde è il carattere onirico a prendere il sopravvento, sommergendo quel che resta di centri forse una volta abitati, elevando piccole isole immaginifiche, fantasmi di grattacieli che sembrano sussurrare fioche parole provenienti da lontano o da un futuro mancato, radici che hanno perso il proprio terreno e vagano in eterno in cerca di approdo, fluttuando, allungandosi, fino a dove la vista vede e il nero non ci avvolge delicatamente.

E se Max Andersson presenta alcuni estratti dal comics PIXY, una sorta di feto che vive con i suoi amici nel Regno dei Morti, uccidendo, drogandosi e ricevendo soldi dal governo per rimanere in questo luogo, simbolo di una realtà non – morale, Alberto Ponticelli espone alcune tavole da BLATTA, lo straordinario lavoro che l’artista scrive e disegna nel 2008 per Leopoldo Bloom Editore, e che gli fa guadagnare il premio Boscarato come miglior fumetto e il premio Micheluzzi come miglior disegnatore. Lontano dai canoni fumettistici, BLATTA è un favoloso racconto nero su un’esistenza asfissiante che noi stessi abbiamo contribuito a generare. Il protagonista è imprigionato, un mondo senza colore, musica, odori e suoni è l’ambiente che lo circonda. Solo e senza identità, vittima di un meccanismo sociale dove non esiste il concetto di rispetto e personalità, si muove insicuro, osservatore assente di un presente senza sogni. Non ci sono risposte, non un indizio. A noi forse la riflessione amara delle nostre scelte. Un senso di condanna assorbe e opprime attraverso disegni di una bellezza fredda e lucida. Una manualità straordinaria che l’artista possiede e che utilizza per creare questo suo personaggio così perso in un universo abitato dai social network, che annulla ogni rapporto possibile e rende schiavi in una non – esistenza, dove la clonazione diventa il male decisivo.

Un tornado che risucchia metropoli, tempeste, vertiginose vedute di grattacieli che obbligano lo spettatore a indossare nuove vesti e a modificarne l’usuale punto di vista: ogni volta che mi trovo a contemplare le opere di Fabio Giampietro rimango assorta e rapita. Una ruota panoramica, aspetto ludico pronta ad accoglierci, ma statica, spenta, nera in una realtà morente. E non c’è nessuno. Altalene pendono da un albero, senza foglie. L’opera di Giampietro è potente, immense apparizioni che avvolgono lasciandoci in bilico sulla tela, sospesi, a metà tra i due mondi.

Siamo pronti per cadere, precipitare, rialzarci, camminare, vagare. Siamo parte, o forse lo crediamo, di reali elementi architettonici attentamente studiati in ogni minimo particolare, accarezzati da raffinate sfumature di neri e grigi, ma modificate in oniriche visioni sconfinanti nel mondo della metamorfosi.

Il suo sottrarre pigmento dalla tela per far affiorare l’immagine e i contrasti è affascinante; un’immagine dove regna l’umanità anche se assente, che si aggira, vaga, ma non si vede, o almeno così crediamo, in una seducente mutazione – unione uomo e città. Siamo spinti oltre i limiti, al di là della visione, ingabbiati in città che non sono più vivibili. Persi in luoghi che non riconosciamo, eppure ci appartengono. In viaggio verso l’ignoto, un percorso che stordisce e affascina.

Fabio Giampietro ha alle spalle diverse esposizioni importanti in Italia e all’estero, raggiungendo anche il mondo della moda nel maggio 2013 grazie alla presentazione a Los Angeles, in occasione dell’ Hollywood Costumer Designer Week, di Vertigo Dress, la città che prende forma ed esce dalla tela per abitare il corpo umano, frutto della collaborazione tra l’artista e la costumista Marzia Paparini.

Rimanere nelle sale di Ende Neu, a vagare tra mondi grigi e squarci di bianchi improvvisi, rapiti, confusi, disorientati, ma affascinati e incuriositi.

Un altro passo in avanti. Io entro.

Info

  • Ende Neu | Max Andersson – Fabio Giampietro – Vins Grosso – Alberto Ponticelli – Paola Verde
  • Neurotitan Shop & Gallery – shop@neurotitan.de
  • im Haus Schwarzenberg Rosenthaler Straße 39 10178 Berlin
  • A cura di: Paola Verde
  • Fino al 3 gennaio 2015
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Lucia Rossi, laureata in Arte, Spettacolo e Immagine Multimediale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Parma, è scrittrice, contributing editor per riviste d'arte, curatrice di mostre. Vive e lavora a Berlino. Ha diverse esperienze come curatrice indipendente di eventi culturali e collaborazioni per cataloghi d'arte e pubblicazioni.

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