Nino Longobardi. I multipli, la vita, l’uomo e la prospettiva altra

immagine Nino Longobardi, Multipli
Nino Longobardi, Multipli - ph. B. Martusciello

E’ molto bella e calibrata la mostra Multipli di Nino Longobardi (Napoli nel 1953) alla D.A.F.Na di Napoli (diretta da Danilo Ambrosino e Anna Fresa); allestita in Palazzo Principi Albertini di Cimitile (Via Santa Teresa degli scalzi, 76), quasi dialoga, per eleganza, con la sede bianca, ariosa e nobiliare.

I multipli, quando non nascondono fini meramente ed esclusivamente commerciali, non sono, per qualità e poetica, da meno delle opere uniche di un artista: contengono e mostrano la ricerca dell’autore che, semmai, è ribadita – come anche in questo caso – dalla reiterazione.

Se poi è più agile l’acquisto del piccolo capolavoro, poiché il multiplo, non essendo appunto pezzo unico, permette questa possibilità, ciò è a beneficio di tutti.

Longobardi ne è convinto, e, come ci ha detto: “riducendo i costi, l’arte può essere più abbordabile”, quindi “raggiungere un pubblico più vasto”.

Così, le opere scultoree, in 30 esemplari, hanno la stessa forza di ogni sua altra scultura e ogni sua altra installazione.

Biancheggiano e qui si caricano di luce vitale anche più fortemente di altri suoi lavori in cui, comunque, sempre “la morte torna in vita attraverso una rappresentazione che sdrammatizza il referto definitivo della scomparsa e ipotizza invece un suo riscatto mediante la sorpresa d’innesti sorprendenti e carichi d’ironia” (cit. ABO).

Nino Longobardi è uno dei protagonisti della pittura italiana dell’ultimo ventennio. È maturato nelle gallerie e con maestri come Filiberto Menna, Carlo Alfano, Achille Bonito Oliva e Lucio Amelio.

Conobbe questo grande gallerista napoletano nel 1969: lo aiutava negli allestimenti, seguiva nelle mostre i colleghi tra i quali Joseph Beuys ed espose in galleria nel 1979, dopo una prima personale, nel 1978, nello studio-galleria di Gianni Pisani, pure a Napoli; prende parte al corale progetto Terrae Motus, mostra-collezione in progress che nasce dalla catastrofe tellurica del novembre 1980 e fu trainata da Lucio Amelio coinvolgendo anche  Beuys, Warhol, Haring, Rauschenberg, Barceló, Cragg, Cucchi, Fabro, Gilbert & George, Long, Mapplethorpe, Schifano, Paladino, Paolini, Pistoletto, Gerhard Richter, Vedova, tra gli altri.

Il cataclisma sembra dilatare la forza della sua pittura, che si fa più incisiva e gestuale accogliendo – attraverso immagini anatomiche – un’attenta valutazione sul dramma della vita ma aprendosi a una visione e a un’arte con possibilità purificatrici; egli ha quindi caricato ancor di più la sua analisi sulla vita/morte di una napoletanità a più livelli, fatta di comicità e tragicità e coniugando sacro e profano: qualcosa che ha confermato nella recente mostra in Puglia, a  Castel del Monte (Andria), titolata Apparenze e curata da Achille Bonito Oliva, e nell’attuale in corso.

Egli ha eletto a soggetti principali della sua ricerca – figurativa, dal segno fortemente espressivo e simbolico ma anche essenziale –, la figura umana e soprattutto elementi metaforici come parti anatomiche umane e dello scheletro.

Se pur tutto rimanda alla consunzione e alla morte, cioè a un repertorio  generalmente considerato drammatico e un tabù nella società contemporanea occidentale ma il cui contatto è, invece, quotidiano in molta cultura tradizionale, sia come presenza apotropaica sia come naturalità del ciclo della vita, ebbene: Longobardi ha affermato di trattare sempre e solo “della vita” e “dell’Uomo”.  Aggiungiamo: e della materia del mondo, in sempiterni movimento e trasmutazione.

Insieme a 12 disegni a matita e china, dal carattere espressionistico, allocati in una sala dello spazio espositivo, si staglia davanti a noi una parata ben organizzata ed evocativa di opere in resina lattescente: un busto trafitto da una freccia dorata – Sebastiano, santo ma anche paradigmatico povero cristo –, e teschi e teste sormontate da strani elementi, o in essi inseriti (nelle orecchie candela o imbuto…); e piedi con calzini…

Tutto rispetta un registro minimale entro cui si rileva una ricchezza visiva e lirica.

Scorgiamo una sorta di misticismo prosaico e di calata nell’originario; e apprezziamo un alleggerimento della durezza di certi elementi e temi – crani o parti di essi; un tronco di Cristo nero apparentemente non finito, con l’armatura in metallo a vista – in favore di incanto e speranza.

Al centro dello spazio, in alto, appesa, pende e (ci) sovrasta a testa in giù la capa d’un filosofo – Seneca – che pare guardarci, indicandoci la possibilità di osservare ogni cosa da un altro punto di vista (anche sottosopra: perché no?): non è esattamente questo che ci consegna l’arte, ovvero una diversa prospettiva, mai omologata, sul mondo concreto o immateriale?

La mostra è legata all’ampio solo show Apparenze, coordinato dalla stessa D.A.F.Na e curato da Achille Bonito Oliva a Castel del Monte di Andria (ne scrivemmo: recensionephotogallery dell’inaugurazione)

Info

  • Nino Longobardi – Multipli
  • in mostra dal 26 ottobre 2017 al 24 gennaio 2018
  • Galleria D.A.F.Na
    Palazzo Principi Albertini di Cimitile
    Via Santa Teresa degli scalzi, 76, Napoli
    info@dafna.it
    dafna.it
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Con una Laurea in Storia dell'Arte, è Storica e Critica d’arte, curatrice di mostre, organizzatrice di eventi culturali, docente e professionista di settore con una spiccata propensione alla divulgazione tramite convegni, giornate di studio, master, articoli, mostre e Residenze, direzioni di programmi culturali, l’insegnamento, video online e attraverso la presenza attiva su più media e i Social. Ha scritto sui quotidiani "Paese Sera", "Liberazione", il settimanale "Liberazione della Domenica", più saltuariamente su altri quotidiani ("Il Manifesto", "Gli Altri"), su periodici e webmagazine; ha curato centinaia di mostre in musei, gallerie e spazi alternativi, occupandosi, già negli anni Novanta, di contaminazione linguistica, di Arte e artisti protagonisti della sperimentazione anni Sessanta a Roma, di Street Art, di Fotografia, di artisti emergenti e di produzione meno mainstream. Ha redatto e scritto centinaia di cataloghi d’arte e saggi in altri libri e pubblicazioni: tutte attività che svolge tutt’ora. E' stato membro della Commissione DIVAG-Divulgazione e Valorizzazione Arte Giovane per conto della Soprintendenza Speciale PSAE e Polo Museale Romano e Art Curator dell'area dell'Arte Visiva Contemporanea presso il MUSAP - Museo e Fondazione Arazzeria di Penne (Pescara), per il quale ha curato alcune mostre al MACRO Roma e in altri spazi pubblici (2017 e 2018). È cofondatrice di AntiVirus Gallery, archivio fotografico e laboratorio di idee e di progetti afferente al rapporto tra Territorio e Fotografia dal respiro internazionale e in continuo aggiornamento ed è cofondatrice di "art a part of cult(ure)” di cui è anche Caporedattore.

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