Falsi Modigliani a Genova – Quel che resta di una Mostra. Da ora però si può ripartire

immagine per Amedeo Modigiani

Le incredibili notizie che continuano a giungere da Genova, Palazzo Ducale, in merito a quel che resta della ormai famigerata Mostra di Amedeo Modigliani (21 opere attribuite all’artista livornese, esposte al Palazzo per mesi e poi sequestrate in un’indagine per “truffa aggravata, messa in circolazione di false opere d’arte e riciclaggio”) meritano qualche riflessione, tra il serio ed il faceto. Più sul serio, direi.

Riflessioni caute, per gli aggiornamenti continui in merito, ma necessarie. E quantomeno con lo spirito di aprire un dibattito costruttivo.

 

Non ho potuto, in pieno rispetto gombrichiano, andare in loco direttamente, per cui devo attenermi a notizie radio, televisive, online e alle rassegne stampa giunte via email o reperite; avevo però visitato la Mostra di Palazzo Reale a Milano (Modigliani Soutine e gli artisti maledetti. La collezione Netter, 2013) passata indenne da sconquassi di questo tipo.

L’esposizione genovese curata da Rudy Chiappini presenterebbe tutti i quadri – tranne uno – dichiarati come falsi, e se lo stato dell’arte è questo, rappresenta di sicuro un record mondiale (negativo) che difficilmente potrà essere eguagliato.

Un’intera esposizione,  l’incriminata, di fatto corrisponde ad un’altra mostra: praticamente ad essere esposti sono stati altri, ovvero falsari, copisti, artisti – li enuncio al contrario volutamente – ma non Amedeo Modigliani, che risulterebbe (usiamo sempre il condizionale) brillare nel suo splendore di Maudì solamente e straordinariamente da un semplice disegno (quello valutato autentico), anche di piccolo formato.

Quindi i visitatori, molti dei quali partiti appositamente da altre città e anche dall’estero per fruire dell’intera esposizione, avrebbero goduto, invece, di quel solo foglio di carta ma senza rendersi conto che questa era l’unica opportunità lecita e buona a disposizione, distratti, ovviamente, dalle altre opere potenzialmente più importanti per formato, tecnica e soggetto. Una sorta di effetto placebo da estasi pregressa.

Data la delicatezza della questione, non è il caso di addentrarsi tra Comitati scientifici di una parte e dell’altra (tra l’altro Palazzo Ducale, una delle più autorevoli istituzioni italiane, rappresenta da sempre una garanzia per serietà e per rigore: almeno fino ad ora): questo lo farà la magistratura, e speriamo che dia una bella scossa a modalità e ad un sistema che necessitano di punti chiari e fermi.

Il problema è che non sembra comprendersi, tra tante personalità coinvolte, tutte prestigiose e dichiarantesi parti lese, come raccapezzarsi giuridicamente e poi professionalmente (compensi per il lavoro svolto a parte).

Alcune considerazioni però, vanno fatte.

Da quello che si poteva vedere, anche solo su Internet e sulla stampa, almeno tre se non quattro opere sembrano “essere (molto) particolari”. Per tecnica o, diciamo, per impatto iconografico, alcuni capolavori appaiono quantomeno incongrui, e comunque dissimili dalla produzione tipica del nostro.

Ripeto umilmente, lungi dall’insegnare il lavoro ad (alcuni) illustri accademici, che credo andasse quantomeno approfondita tale eventuale fase temporale e tematica dissonante e difforme; e ciò a prescindere dalla mostra in corso. Per quattro ragioni.

La prima: una evidente esigenza scientifica o, almeno, la curiosità, se non l’orgoglio, del semplice ricercatore, la voglia di approfondire. Magari si sarebbero aperte nuove strade e nuovi percorsi dell’artista, ma questo francamente appare veramente difficileanche ad andare di fantasia (vedere alcune tra le opere incriminate per fare scattare se non dubbio, quantomeno perplessità).

Deve comunque prevalere la buona fede, sempre e fino a prova contraria.

(Ma non è questo il punto: si manifestano dei dati oggettivi. A seguire).

Secondo: la figura fatta. Pessima, in tutto il mondo, e questo indipendentemente da come questa storia andrà a finire. Il sistema ne esce a pezzi. Difficilmente collezionisti e musei presteranno in futuro le loro opere per mostre italiane.

Già era molto problematico il prestito, pubblico e privato, di opere d’arte in un momento storico come quello attuale, adesso risulterà praticamente impossibile: il ridicolo, le denunce, perizie e controperizie interminabili scandite dai tempi di indagini giudiziarie, il timore di vedersi azzerati i patrimoni (magari anche di quelli autentici, fino a puntuale verifica del caso…) faranno sì che future mostre saranno sempre più complicate da organizzare o enormemente più controverse e costose in termini di tempi, euro e progettazione.

E purtroppo, la vicenda ha anche avuto luogo in Italia, a Genova…
Sinceramente, al posto di un genovese, proverei a chiedere i danni…

Terzo: la parte economica. Il giro d’affari al negativo vede sfumare qualche centinaio di milioni di euro, difficilmente recuperabili se non evaporati.

Ora, dando per scontata la buona fede di tutti (scatterebbe in caso contrario l’ associazione a delinquere), come risulta concepibile che quadri già esposti in precedenza (ebbene sì: ad esempio a Torino, a Berlino e in una mostra curata dal Centre Pompidou), quindi tracciabili, possano poi essere esposti in una mostra così importante[1] e finire così?

Tutto sembra possibile, ma allora togliamo il palmares anche alle mostre internazionali precedenti. O tutti o nessuno. Facciamo come alle Olimpiadi, in casi di doping: retroattiviamo. E poi: dove stavano e cosa dicevano gli esperti illo tempore?

Il Mercato. Per quanto riguarda future compravendite, siamo a posto. Fermo restando che ci sarà sempre qualcuno che proporrà un Modigliani – meglio, un Caravaggio – da 50-60 anni al sicuro in qualche soffitta o in qualche residenza estera (domanda: perché un Modigliani od un Caravaggio giacciono per decine di anni appartati e sconosciuti? E perché lo vengono a proporre a voi, giusto perché conoscete un sacco di gente importante e ricca?), il corto circuito di questi giorni, tra battaglie legali annunciate di esperti e controesperti, rende di fatto pressoché nulla qualsiasi garanzia su singole compravendite, peraltro svolte sempre con effluvio di mediatori e con modalità chiaroscurali.

Anche opere autentiche potrebbero essere – non certo quelle storicizzate – continuamente rimesse in discussione.

Con l’occasione, verificare l’attendibilità e la scientificità di Archivi e delle Fondazioni varie, plurime, e spessissimo in completa rivalità tra loro (per es., se una dichiara l’autenticità, l’altra scatta al contrario, e viceversa), a partire da quelle specifiche del caso in questione. In gioco, per questa rivalità, i patrimoni di tanti collezionisti e moltissimi soldi.

I vari Paesi potrebbero e dovrebbero creare, attraverso i Ministeri e le Soprintendenze, delle Commissioni per validare questo tipo di figura giuridica, le loro attività e modalità, una volta per tutte. E poi, stabilire ex lege scientificità e definizioni giuridiche del fenomeno, in troppe occasioni farsesco, delle cd expertise e contro expertise. Fenomeno che alimenta un altro vortice di denaro, spessissimo in nero, e che presenta radici disgraziatamente strutturali, sopratutto nel nostro Belpaese.

Quarto: i visitatori. Non ne parla nessuno ma rappresentano la vera parte lesa. Praticamente chi si è mosso dall’estero verso Genova è stato benservito. Altro che Gran Tour. Il viaggio apposito (anche quelli nazionali), i costi, le spese del soggiorno, quelli del biglietto, l’entusiasmo del ritorno da una mostra simile ed il racconto trionfale. Ci sarà anche un danno morale?

Ed il catalogo: vogliamo parlarne?  Si potrà chiederne il rimborso? E come si configurerà tale nuovo prodotto? Si entrerà nella fase della scoperta di un inedito gadget che potrà avere, questo sì, un mercato reale? Il Vero catalogo dei Falsi Modigliani o il Falso Catalogo dei falsi Modigliani: a breve su Ebay…

Come si potrà quantificare il danno totale per gli utenti l’intero pacchetto?

Per dimostrarlo basterà l’aver visitato una mostra Avatar o si muoveranno gruppi per class action coordinati da avvocati? Resta difficile prevedere gli esiti, sicuramente potranno fare un bel racconto, Ora potranno adattarlo, come meglio credono. Loro sì.


(ndr) L’articolo è stato redatto il giorno 10 gennaio. Risultano nei giorni successivi già essere in corso ipotesi di class action e di possibilità di rimborsi a chi ha visitato la mostra

Note

1. Il lasso di tempo inerente la progettazione  e realizzazione di una grande mostra internazionale, come questa di Genova doveva essere, è di almeno due o tre anni, ad essere riduttivi.

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Marco Ancora è Direttore del Cisi - Centro Italiano Studi e Indagini. Cura mostre e scrive d'arte, è conferenziere e organizzatore di eventi culturali.

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