Mozza, la rotta di Claudia Gusmano verso se stessa.

imagine Mozza
Mozza, Claudia Gusmano

«Diventi veramente uomo di mare quando il mare lo hai dentro». È questa la lezione che lascia alla giovane e affascinata nipote un nonno capitano di peschereccio che dice di volersi bere il mare. Profuma di salsedine Mozza, in scena al Teatro Libero per Palcooff, la rassegna che da diversi anni porta a Milano le più interessanti storie di Sicilia. E alcuni dei loro più interessanti interpreti. Claudia Gusmano, alla prima prova da regista e autrice dopo una carriera già lunga e fortunata, dimostra di esserlo. Così come la sua Mozza, il mare, dimostra di averlo dentro davvero.

Tanto che, lontano dal mare, soffre il mal di terra. In porto lei non ci può stare, perché la terraferma la consuma. Il suo luogo è il largo. La sua è la vita di fatica dei marinai, un lavoro che a lei serve soltanto a barattare con la gente di terra il pesce con il cibo sufficiente per non toccare mai terra, e il silenzio connaturato a chi va per mare e non ha compagni con cui dividere la giornata. Così, lei è costretta a crearne uno: un gabbiano, con cui sfogarsi, a cui raccontare di sé.

E il racconto di Mozza si snoda, ritmato, coinvolgente, libero. Trova i suoi suoni, “voce di pesce, e canto di sirena”, che sanno di storia antica e mitica come lo è solo una quotidianità perduta ma che per alcuni è ancora la realtà di ogni giorno.

Fatta di parole dette con gli occhi, votati a un mare che, spiega l’attrice, è «distanza, separazione e totalità».
Di un granitico codice morale nel quale il mare ti toglie tutto nell’istante in cui la rete si strappa dopo una giornata di lavoro, e l’attimo dopo può renderti un dio. Solo a patto, però, di fare quello che puoi.

Tra le musiche scritte appositamente per lo spettacolo da Ermanno Dodaro, nel battere e levare, onda e risacca delle parole di Mozza, si intrecciano armoniosamente le grandi epopee dei paladini di Carlo Magno, coraggio e avventatezza, e la storia personale da cui Claudia, figlia di marinai, ha attinto per dare corpo alla sua Mozza, pazienza e dedizione.

Claudia, come Mozza, la ragazza che non può fare un lavoro da uomini, tratteggia la figura di una donna forte, fiera, che guarda lontano, che il femminile per un termine tradizionalmente maschile non ha bisogno di farselo affidare, lo crea.

Non importa se la considerano pazza, se l’hanno caricata su una barca priva di timone, ansiosi di vederla tornare sconfitta. Mozza affiderà il suo destino, la sua vita al mare. Perché: «Io grazie lo devo dire soltanto al vento di sopra e al vento di sotto».

Claudia Gusmano offre un’interpretazione intensa, in cui mette in mostra tutte le sfumature di un talento maturo e capace di spaziare. Le sue doti di affabulatrice sostengono un testo che scivola sulle onde con grazia per tutta la sua durata, in cui piacevolezza d’ascolto e contenuto riescono a coesistere.
Un attento uso del corpo come strumento scenico fa sì che lo stare in scena dell’interprete non risulti statico, nonostante sia limitato da una suggestiva scenografia che porta sul palcoscenico il peschereccio e le reti del mestiere.

Ne emerge un monologo poetico, in cui coesistono tenerezza e forza, amalgamati da un’ironia profusa a piene mani che appassiona il pubblico senza dare palese mostra di volerlo compiacere.

A dare efficacia all’insieme una lingua che alla vividezza del siciliano accosta una scrittura che porta in scena la parlata degli uomini – e delle donne – di mare, verace, schietta, autentica.

Se «le persone si scoprono in mare», Claudia Gusmano ha scelto sia il proprio elemento naturale che quello più adatto per raccontare sé e le proprie ambizioni.
«Chi non fa quello che è destinato a fare, potrebbe farlo e non lo fa, è dio a metà». La prima prova di Claudia Gusmano al servizio delle proprie parole, al timone di una compagnia che porta lo stesso nome del peschereccio di suo padre e del cavallo di Orlando, Briglia d’oro, se sembra dire che la giovane attrice abbia scelto di non essere a metà.

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Nata (nel 1994) e cresciuta in Lombardia suo malgrado, con un' anima di mare di cui il progetto del giornalismo come professione fa parte da che ha memoria. Lettrice vorace, riempitrice di taccuini compulsiva e inguaribile sognatrice, mossa dall'amore per la parola, soprattutto se è portata sulle tavole di un palcoscenico. "Minoranza di uno", per vocazione dalla parte di tutte le altre. Con una laurea in lettere in tasca e una in comunicazione ed editoria da prendere, scrivo di molte cose cercando di impararne altrettante.

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