Jota Castro e Sergio Fermariello in Dialogo ad alto tasso civile e politico

Jota Castro - dettaglio di 500 ways’ Dialoghi da MUSIA, Roma - ph. B. Martusciello

Un dialogo è quello pensato e attivato tra l’installazione 500 Ways di Jota Castro (1965, Yurimaguas, Perù) e il video Go-Pro Syria di Sergio Fermariello (1961, Napoli, Italia). Dà corpo – e anima – a riflessioni morali – non moralistiche! – e fortemente sociali e politiche.

Castro riempie di monetine di euro un gommone, evidente riferimento ai viaggi della speranza dei migranti verso l’Europa: un’Europa che fa circolare allegramente le merci ma non consente il libero movimento delle vite umane.

Funziona, dal punto di vista etico ed estetico, ma quest’opera non rende giustizia al suo autore, grande artista che basa il suo procedere sull’esplicito impatto civile ma che qui pare disperdere la sua incisività, restando troppo didascalico. Sarà anche a causa di un inevitabile parallelismo che si innesca di fronte a questo suo lavoro? Come non pensare, infatti, alla monumentale, spiazzante installazione del cinese Ai Weiwei, Reframe, con i suoi  22 gommoni arancioni piazzati in verticale, come bifore della contemporaneità, sulle facciate di Palazzo Strozzi a Firenze, come perentori ammonimenti e, insieme, segni-segnali dell’arte? Un piccolo particolare, però, non da poco, rende questa 500 ways un’installazione pionieristica: data 2006; ed è  più lirica, perché attivata come una sorta di contenitore di desideri:

“E’ come la Fontana di Trevi : tutti hanno un sogno e lo esprimono lanciando una monetina”.

Ad ogni modo, nel piccolo spazio deputato alle mostre veloci, più contenute – la Galleria 9 – da MUSIA di Ovidio Jacorossi a Roma, l’opera è allestita al centro della sala e si interfaccia perfettamente con la proiezione, di fronte, del video di Sergio Fermariello. Il dialogo è efficace ed accattivante, pur nella tragicità di quel che lo sostanzia.

Go-Pro Syria è drammatico e insieme poetico e, al contrario del lavoro del collega peruviano, non ha nulla di didascalico, se lo esaminiamo in profondità.

Deriva dal riuso di materiale girato da Claudio Rubino ad Aleppo e mandato in onda in Tv nel 2016 in una riduzione brevissima, talmente breve che l’autore si è trovato con 5 ore di reportage inutilizzate, lasciate fuori, che potenzialmente non si sarebbero viste più. La collaborazione tra Rubino e Fermariello ha prodotto un’inversione di tendenza; così, l’artista ha recuperato, rimontato, trasformato e infine sovrapposto al senso della narrazione originale di Rubino una narrazione d’arte che (di)mostra altro: l’archetipico. Come tutto il lavoro di Sergio Fermariello, anche questo evidenzia, infatti, un’analisi che cerca, analizza e svela il paradigmatico, l’universale in senso laico e, si badi bene, sempre linguistico.

Così come il reportage di partenza, anche Go-Pro Syria di Sergio ci mostra l’infanzia in tempo di guerra; ma l’artista si allontana dal videoreporter e ci mostra bambini afferenti all’originario: potrebbero essere in un qualsiasi periodo storico e in un qualsiasi luogo di conflitti.

La manipolazione, nella videoarte, ci restituisce una visione realistica ma pure simbolica; diremo di più: è quasi biblica e, volendo, letteraria, persino cinematografica, e – ovviamente – artistica; è estetica ed etica. Ma tutto ciò deriva da qualcosa che è, ancora una volta, e purtroppo, drammaticamente concreto: vero. Tutto, quindi, si accumula in una magnifica opera strutturata sulla contaminazione linguistica: dove è possibile rintracciare un registro concettualistico.

Fermariello tratta di infanzia negata, violata dagli adulti che evidentemente non si di fanno scrupoli a farne delle vittime innocenti, effetti collaterali…

Mi dice, il giorno dell’inaugurazione ():

“Guarda: sono, in realtà, bimbetti di… Ma potrebbero essere – e un po’ è come se lo fossero, ne incarnano quell’archetipo – scugnizzi napoletani della Seconda Guerra mondiale, quelli del dopoguerra…”

Replico:

…e anche quelli delle “mani sulla città”, per fare una citazione cinematografica (Francesco Rosi, 1963: grande film di denuncia)…

“Certo. Tu pensa: il format di Rubino, dura pochissimo; il grosso del materiale rimasto rischiava l’oblio; lo abbiamo ripreso e abbiamo creato una visione altra. Sembra esemplificativa ed è, però, anche strettamente Aleppo. E… guarda lì: in un momento di rara tregua, queste piccole creature vanno fuori allo scoperto, cercano l’acqua e un po’ di umanità, giocano a pallone, si incontrano all’aria aperta, si svagano… Sembrano lumachine che escono dopo la pioggia.”

Il video di Sergio Fermariello è bellissimo, di una potenza visiva ed evocativa davvero esemplare. Tocca temi di un’enormità tale da coinvolgere ogni senso dello spettatore.

Parallelamente, lo trasporta in una nuova narrazione che parla della Storia dell’Uomo: quella che dalla lotta per la sopravvivenza si trasforma in quella, deprecabile, del potere. A tratti, ho persino immaginato quel che non vediamo ma che è alla base dei terribili effetti di una lotta, di ogni lotta; ci individuo, quindi, un riverbero della scena epica del cruento scontro tra gli ominidi che hanno perso il loro candore mostrati all’inizio del  film del 1968 di Stanley Kubrick, 2001: Odissea nello spazio, basato sul romanzo omonimo di Arthur C. Clarke ispirato al suo precedente La sentinella.

Un senso mitologico e insieme realistico è mescolato nella visione accurata e sublimata di Fermariello in un caleidoscopio di immagini e audio che scuote.

A chiusura di questo percorso, l’artista ha prodotto una grafica – raffinatissima – venduta a prezzo popolare (100,00 euro ognuna) affinché il ricavato possa aiutare la comunità siriana a predisporre un progetto educativo dedicato ai bambini. Si tratta di 100 stampe tirate dall’opera originale Guerrieri (incisione su lastra metallica, cm 25 x 35, 2018). Sergio, che ha in progetto di coinvolgere altri artisti in questa impresa, ha realizzato L’“Associazione Genitori della Scuola Di Donato” con il progetto “Prima Infanzia Social Club” e le mamme di origine siriana che vivono a Roma si uniranno a lui in questa iniziativa.

“E’ molto importante che i bambini siriani e le loro famiglie abbiano un luogo dove costruire un dialogo multiculturale all’insegna della pace tra i popoli. E, in generale, questo sarebbe molto importante per tutti”

L’arte si fa motore concreto performativo, genera un’azione virtuosa di civiltà.

MUSIA

  • Via dei Chiavari, 7/9 Roma
  • T. 06 68 21 02 13 – info@musia.it
  • Mercoledì 26 Settembre 2018 ore 18:30 Sergio Fermariello: Go-Pro Siria – Per una nuova scuola ad Aleppo.
    Presentazione del progetto di volontariato e vendita di beneficienza opera 
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Con una Laurea in Storia dell'Arte, è Storica e Critica d’arte, curatrice di mostre, organizzatrice di eventi culturali, docente e professionista di settore con una spiccata propensione alla divulgazione tramite convegni, giornate di studio, master, articoli, mostre e Residenze, direzioni di programmi culturali, l’insegnamento, video online e attraverso la presenza attiva su più media e i Social. Ha scritto sui quotidiani "Paese Sera", "Liberazione", il settimanale "Liberazione della Domenica", più saltuariamente su altri quotidiani ("Il Manifesto", "Gli Altri"), su periodici e webmagazine; ha curato centinaia di mostre in musei, gallerie e spazi alternativi, occupandosi, già negli anni Novanta, di contaminazione linguistica, di Arte e artisti protagonisti della sperimentazione anni Sessanta a Roma, di Street Art, di Fotografia, di artisti emergenti e di produzione meno mainstream. Ha redatto e scritto centinaia di cataloghi d’arte e saggi in altri libri e pubblicazioni: tutte attività che svolge tutt’ora. E' stato membro della Commissione DIVAG-Divulgazione e Valorizzazione Arte Giovane per conto della Soprintendenza Speciale PSAE e Polo Museale Romano e Art Curator dell'area dell'Arte Visiva Contemporanea presso il MUSAP - Museo e Fondazione Arazzeria di Penne (Pescara), per il quale ha curato alcune mostre al MACRO Roma e in altri spazi pubblici (2017 e 2018). È cofondatrice di AntiVirus Gallery, archivio fotografico e laboratorio di idee e di progetti afferente al rapporto tra Territorio e Fotografia dal respiro internazionale e in continuo aggiornamento ed è cofondatrice di "art a part of cult(ure)” di cui è anche Caporedattore.

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