Oedipus: lo sguardo postmoderno di Robert Wilson illumina il Teatro Olimpico

© Lucie Jansch. Oedipus di Robert Wilson al Teatro Olimpico di Vicenza

È Robert Wilson ad inaugurare a Vicenza Conversazioni 2018, 71° edizione del Ciclo di Spettacoli Classici al Teatro Olimpico, dopo la prima mondiale della scorsa estate al Teatro Grande di Pompei. Oedipus è il risultato di un’esperienza scenica e di un’indagine dei legami tra materia, spazio e luce che hanno impegnato il grande regista per oltre due anni. Il progetto è intimamente connesso al Teatro Olimpico, nelle sue peculiarità architettoniche e storiche, a partire dall’inaugurazione dell’opera palladiana, nel 1585, con le scenografie di Edipo Re realizzate da Vincenzo Scamozzi e la traduzione di Orsatto Giustiniano. Sebbene quest’ultima versione dell’opera sofoclea venga citata nella messa in scena, è la traduzione classica di Ettore Romagnoli a costituire la base del lavoro drammaturgico di Wilson.

Lo spettacolo approda a Vicenza dopo un lungo percorso che nell’arco di due anni ha fatto tappa a New York – al Watermill Center di Long Island, in occasione del laboratorio che vede Wilson impegnato ogni anno in sessioni creative con artisti e performer provenienti da ogni parte del mondo – poi al Teatro Mercadante di Napoli e infine negli spazi di prova della Centrale Fies di Dro, angolo di sperimentazione performativa nel cuore del Trentino Alto Adige.

La commistione linguistica e attoriale di Oedipus si avverte dunque come felice esito creativo di questa dinamica costruzione registica, che porta nello spazio e per lo spazio del Teatro Olimpico un gruppo di artisti – attori, danzatori, musicisti – di nazionalità e ispirazione molto diverse, senza che questa diversità rompa l’armonia della narrazione. Un racconto, quello di Wilson, in cui non è la parola a guidare il pubblico, come del resto accade sin dagli esordi dell’artista americano, ma il corpo, lo spazio, il suono, la luce.

Il primo passo per lo spettatore, soprattutto per uno spettatore che non ha mai visto uno spettacolo di Wilson e che, in Italia, vive mediamente di una fruizione scenica “tradizionale”, è dimenticare Edipo re, Sofocle, le unità aristoteliche della tragedia greca; il secondo è non cercare un attore che reciti un personaggio ma che lo abiti. Diventa altrimenti molto difficile trovare la bellezza e la dimensione estetica delle cinque parti dello spettacolo, a partire dall’oscuro presagio sulla progenie di Laio e Giocasta sino all’infelice sorte di Edipo, assassino del padre e sposo incestuoso della madre.

Non è il regista a consegnarci il senso totale dello spettacolo, sono i suoi attori a farne esperienza visiva a partire dalla costruzione plastica e ieratica dei movimenti, del singolo gesto divenuto materia narrativa, delle immagini che sembrano materializzarsi, diventare carne e parola, da un’opera d’arte postmoderna. La voce si declina, sperimentalmente attraversata da un lavoro fonetico e fisico, in greco, francese, tedesco, inglese, italiano ma senza che la messa in scena tragga significato unico e ultimo dalla storia e dai personaggi che si possono vedere chiaramente, o anche solo intuire e senza che sia imprescindibile capire e interpretare. Ogni artista di Oedipus sta vivendo nel qui ed ora della rappresentazione un’esperienza intimamente legata al racconto ma non finalizzata ad esso, invitando chi assiste alla performance a partecipare secondo questa stessa disposizione percettiva al momento scenico, per quanto possa essere inedito e doloroso staccarsi dall’imitazione della realtà e trovare un proprio orizzonte di senso, o non-senso, nell’esperienza teatrale.

Diventa quasi inopportuno, soprattutto ad una prima volta, entrare con una chiave interpretativa univoca nell’opera di Wilson, come accade con l’opera cinematografica di un regista altrettanto visionario come David Lynch che, pure nella diversità di percorsi, condivide con Wilson la commistione tra le arti e la straordinaria capacità di lavorare sulle immagini, la luce, il colore, creando universi originali aperti ad ogni possibilità nell’incontro con lo sguardo dello spettatore.

Scriverne rimane ad ogni modo un tentativo di dialogare con la sua cifra stilistica, a partire dal pensiero tradotto in disegno, in immagine, capace di costruire architettonicamente l’edificio drammaturgico, conferendogli una struttura rigorosa e solida da abitare creativamente nell’interazione tra regista, attori e testo.

Oedipus è un’opera sinesteticamente visuale, nitida, resa possibile da un gruppo di artisti – come Angela Winkler, Michalis Theophanous, Dickie Landry, la voce “tradizionale” di Mariano Rigillo – capaci di mettere la propria abilità artistica a servizio del regista che dosa sapientemente i chiaroscuri e con tutti gli elementi scenici porta lo spettatore, tra armonia e rottura, al confine di uno spazio avanguardista distante dai riferimenti storici, luogo di teatro ma anche di danza, scultura, musica, architettura, in una contaminazione estetica necessaria.

Oedipus

  • Ideazione, scene, light design e regia Robert Wilson
  • co-regista Ann Christin Rommen
  • musiche originali di Dickie Landry e Kinan Azmeh
  • costumi Carlos Soto
  • collaborazione alla scenografia Annick Lavallee-Benny
  • collaborazione alle luci Solomon Weisbard
  • drammaturgia Konrad Kuhn
  • interpreti
    Angela Winkler e Mariano Rigillo
    Dickie Landry (sax)
    Michalis Theophanous, Meg Harper, Casilda Madrazo, Kayije Kagame, Alexis Fousekis 
  • con la partecipazione di Marta Allegra, Pietro Angelini, Alessandro Anglani, Marcello di Giacomo, Francesca Gabucci, Laila Gozzi, Alice Pagotto, Edoardo Rivoira, Federico Rubino
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La Sicilia non solo terra d'origine ma luogo dell'anima, culla del teatro e fonte di ispirazione dove nasce l'amore per la scrittura. Dopo una laurea in Comunicazione e una specializzazione in Discipline dello spettacolo, scelgo di diventare giornalista e continuare ad appassionarmi alla realtà e ai suoi riflessi teatrali e cinematografici.

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