La vita davanti a sè. Il suono armonico dell’amore abbandonato

Con La vita davanti a sé, in scena al Teatro Verdi di Padova per la Stagione di Prosa del Teatro Stabile del VenetoSilvio Orlando firma la regia e porta sul palcoscenico tutti i personaggi dell’omonimo romanzo di Romain Gary, scrittore lituano naturalizzato francese che pubblica nel 1975 con lo pseudonimo di Emile Ajar.

Già vincitore del Premio Goncourt con Le radici del cielo, utilizzando il nome di Romain Gary come pseudonimo di Roman Kacew,  Gary sarà l’unico scrittore a vincere una seconda volta il Premio con un’opera leggera e scanzonata, limpida nella scrittura perchè a guidare l’intero racconto è il punto di vista del piccolo Mohamed detto Momò che con i suoi occhi di bambino diventa narratore di un mondo complesso, racchiuso al sesto piano di un vecchio edificio del multietnico quartiere parigino di Belleville.

 

 Al centro di questo mondo e del mondo di Momò c’è Madame Rosa, un’anziana ebrea reduce dalla deportazione nazista che da ex prostituta ha riunito nella sua casa i bambini di altre prostitute per farli crescere tutti, ebrei e musulmani, neri e bianchi, sotto la sua ala senza tenerezza ma con l’unico amore possibile per loro, l’unico che potranno mai desiderare perchè non conoscono che quello.

Dopo un primo adattamento cinematografico negli anni Settanta, troviamo una pluriacclamata Sofia Loren  a vestire  negli anni della pandemia i panni di Madame Rosa, diretta dal figlio Edoardo Ponti, trasferendo nel Sud Italia la Parigi del romanzo originale.

Silvio Orlando, con la cifra stilistica caratteristica del suo personaggio, fa vivere Momò e Madame Rosa insieme come fossero naturali prolungamenti del suo corpo, scivolando tra una poltrona drappeggiata di rosso e un salto narrativo sulle numerosissime scale che portano al sesto piano di quel colorato condominio abitato da un caleidoscopio etnico ed esistenziale che irrompe nel racconto insieme ad altre figure che ruotano attorno al protagonista e a gli altri bambini ospiti dell’anziana Madame Rosa, sempre più stanca e malata e sempre più triste al pensiero di dover lasciare quel “suo” bambino anche solo per andare in ospedale.

I sentimenti sono il fulcro e l’eredità per la vita di Momò e dei suoi sfortunati compagni, anche se sembra che Madame Rosa li abbia tenuti con sé solo per ricevere i soldi del loro mantenimento, ma ha insegnato loro a non credere troppo nella felicità ed è Momò a raccogliere il suo testamento con quel “bisogna voler bene” che pesa oggi come cinquant’anni fa per le contraddizioni e le difficoltà di convivenza e accettazione tra razze e culture diverse.

A riempire il racconto attoriale c’è il puntuale lavoro di luci di Valerio Peroni, che sul palco fa splendere come in una festa una Parigi attraversata in quegli anni dal buio della storia, restituendo la vivacità dell’infanzia che nonostante tutto è forza di vita.

 

La musica dal vivo è l’altro personaggio chiave della messa in scena, diventando voce della diversità e della parabola esistenziale ora allegra ora struggente del protagonista, un unico corpo artistico fatto di strumenti di natura, storia e provenienza molto diversa che allo stesso modo dei bambini di Madame Rosa convivono e vibrano in un’armonia senza rotture, dalla chitarra alle percussioni, al clarinetto, alla fisarmonica e agli strumenti africani (kora, djembe) che raccontano tutti insieme di popoli che sono uno, divisi nella storia e fusi nel suono.

Un (fuori) programma dopo il termine dello spettacolo regala al pubblico anche il flauto traverso di Silvio Orlando che con il resto dei musicisti attraversa tradizioni e culture con brani di incontro e di speranza, energia creatrice che esorcizza la paura della morte e invita a guardare in alto, a quel sesto piano dove si può vedere uno squallido rifugio per marmocchi abbandonati dalle madri puttane oppure una storia d’amore tra una vecchia ebrea e un bambino musulmano, un miracolo leggero e dirompente come una rivoluzione.

La vita davanti a sé Riduzione e regia Silvio Orlando

  • Scene Roberto Crea
  • Disegno luci Valerio Peroni
  • Costumi Piera Mura
  • Con l’Ensemble dell’Orchestra Terra Madre: Simone Campa (chitarra battente, percussioni), Daniele Mutino (fisarmonica), Diego Mascherpa (clarinetto, sax), Kaw Sissoko (kora, djembe)
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La Sicilia non solo terra d'origine ma luogo dell'anima, culla del teatro e fonte di ispirazione dove nasce l'amore per la scrittura. Dopo una laurea in Comunicazione e una specializzazione in Discipline dello spettacolo, scelgo di diventare giornalista e continuare ad appassionarmi alla realtà e ai suoi riflessi teatrali e cinematografici.

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