La lentezza e il tempo del ricamo di Gianfranco Basso

immagine per Gianfranco Basso
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Another day è la personale di Gianfranco Basso (Lecce nel 1978) a cura di Carmelo Cipriani in cui l’artista pugliese declina, nelle 10 tele in mostra, un impianto pittorico minimale attraverso il ricamo, suo personalissimo linguaggio.

Le composizioni appaiono come frutto di un lavoro intimo che ha soppiantato totalmente la pittura e di cui mantengono la struttura ma non l’impeto.

Gianfranco si racconta:

“Ho iniziato a ricamare per una specie di rivelazione cercando la tridimensionalità del segno nella pittura. È stato il mio background familiare a parlarmi e a risolvere questa mia ricerca, mio padre è pittore e mia madre è una ricamatrice, quindi ho da sempre visto dipingere ma anche creare con l’ago.

La mente lavora per immagini e memorie e nel 2013, sperimentando, all’improvviso, mi tornarono in mente tutte le esperienze visive che avevo vissuto negli anni. I primi tentativi furono disastrosi perché non possedevo ovviamente la tecnica, chiesi consiglio a mia madre dicendole che volevo creare un segno con il filo, una linea punto dopo punto.

Il mio primo lavoro La giostra fu la rielaborazione di un dipinto cm 20×25, era quello che cercavo! Ma non esposi subito i miei lavori fino a quando, nel 2015 entrai tra i 10 finalisti del Premio Arte Mondadori proprio con un ricamo. Inizialmente fu solo una necessità a livello tecnico poi capii che il ricamo concorda pienamente con le mie peculiarità caratteriali, sono una persona pacata a cui piacciono le situazioni intime. Servono attenzione e precisione per il lavoro che può richiedere anche due mesi di progettazione”.

La ricerca della tridimensionalità diventa nelle opere di Basso uno spazio nella memoria che ricalca antichi rituali legati al silenzio e alla meditazione.

Nella solitudine introspettiva il gesto dell’artista apre un varco nel tessuto, separazione resa subito vana dallo stesso atto colorato, che ricostituisce e costruisce linee perfette e figure leggere. Dalla lentezza e dal tempo del ricamo prendono vita atmosfere oniriche in cui si muovono personaggi attoniti di fronte a spettacoli irrazionali, mentre l’approssimazione, l’indifferenza e l’incomunicabilità sembrano tratteggiate, quasi assimilate alla stoffa che ne rivela invece tutta la potenza negativa.

Basso presenta per l’occasione anche un’inedita installazione Grido della vita le cui forme svuotate, ridotte all’essenza di un filo nero, operano il definitivo distacco dalla dimensione della tela.

Da un mondo liquido un segno definisce nello spazio delle silhouette che si ergono da intricate matasse per lanciare urla verso il mondo o girargli le spalle in un distacco annunciato dai prodromi ricamati.

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