Frenare la contingenza delle cose: Nutrimento, custodia, conoscenza di sé. Enza Monetti al  MOMU

Scriveva Wendell Berry:

L’unico mezzo con cui possiamo preservare la natura è la cultura,

È in quest’ottica che è da interpretare la ragione di Land Art al Momu, Molino Museo, a Montenero Val Cocchiara in Molise.

Un progetto a cura di Daniela Ricci che mira a trasformare il paesaggio in un museo en plain air, capace di cogliere l’opportunità di comunicare l’ospitalità con un linguaggio artistico mai svincolabile dal processo e dal contesto sociale di un’area delicata e fragile, attraverso una rete di sinergie efficaci e diffuse, per riconsegnare protagonismo all’Arte: passepartout d’accesso alla comprensione e trasformazione dei luoghi e del territorio.

Per  questa quarta edizione è di scena Nutrimento, custodia, conoscenza di sé, dell’artista  Enza Monetti, la cui sensibilità, evocando i ritmi di un tempo puro, assente da questo nostro mondo di simulacri impossibile da collocare, si allinea prodigiosamente in quest’ottica, presentando un concept che coniuga alla sapienza tecnico-compositiva, il suo esercizio riflessivo, riflettente e  speculativo, armonizzato perfettamente in questo affascinante lembo di terra.

Dinanzi a noi, infatti, una geografia di assonanze, fondata non sulle similitudini, ma sulle connessioni tra gli spazi di confine,  fa strada ad un common ground di grande capacità evocativa. Dove il pensiero si estroflette e avvolge lo spettatore al di là della fisicità, in un controspazio pungente, che si mostra in tutta la sua volontà di cristallizzare la leggerezza dell’attimo, di frenare la contingenza delle cose e della vita, di eternare l’istante; mi spiega l’artista:

un giardino tra i monti  è un  percorso  esperienziale quieto, silenzioso, semplice, sussurra ciò che generalmente  è negato dallo smarrimento del caos,  genera quella connessione intimistica e morale pura con noi stessi ed il dialogo armonico necessario all’esplorazione dell’essere”.

Con la consapevolezza di modellare il brusio del passato, di plasmare il silenzio interminabile della memoria e sagomare il recupero impossibile del tempo, il  lavoro della Monetti  è un diario territoriale da recuperare, di un dossier che attiva, come lei stessa afferma:

una nuova coscienza collettiva, quale valore rigenerante dell’energia vitale che nutre coscienze,  generare assestamento, equilibrio e porta valore alla contemporaneità”.

All’immaginario è data una mappa mentale e poetica, capace di orientare alla bellezza e al mistero della natura in un vivido rapporto di partecipazione. Attraverso quindici installazioni site specific, profondamente meditate, Enza Monetti valica i confini di una percezione egocentrica della realtà, per stabilire, invece, un’ideale sinfonia ecosofica (guattariana), riconcatenando ciò che la modernità ha interrotto, sottratto, separato.

Senza ritornare a una condizione premoderna, ma avanzando verso un mondo ancora da risolvere, emozioni e relazioni entrano profondamente a contatto con un’impulsività misurata, governata da un montaggio scosso e dinamico, che indugia, soprattutto, su avvertimenti, passaggi, cambi di angolazioni; conclude Enza Monetti:

esiste un  luogo che l’arte sa creare, dove è possibile rigenerarsi, alleggerirsi, esiste un tempo legato all’originale, all’universale, pronto al ritrovarsi, a dare pace interiore, esperienza di sè”.

A partire da questo  punto di vista, l’esposizione invita lo spettatore lungo un fil rouge parte di un programma più grande di rivalutazione della Madre Terra, coincidente con la volontà dell’artista, con le sue intenzioni realizzate, risvegliando in ognuno il desiderio di offrire un contributo di cura verso se stessi, e in senso più ampio, al senso intimo del progetto.

La mostra (visitabile da 28 settembre al 31 ottobre), gode del Patrocinio del Comune di Montenero Val Cocchiara, della Regione Molise, del Matronato della Fondazione Donnaregina per le Arti Contemporanee di Napoli, ed è organizzata con il sostegno di Val Cocchiara Retreat di Montenero Val Cocchiara, Country House nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Le opere sono realizzate grazie al supporto tecnico di IO PRINTO, tecnologie  del digitale.

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Storica e critica d’arte, curatrice, giornalista pubblicista, Loredana Troise è laureata  con lode in Lettere Moderne, in Scienze dell’Educazione e in Conservazione dei Beni Culturali. Ha collaborato con Istituzioni quali la Scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio di Napoli; l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa e l’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli. A lei è riferito il Dipartimento Arti Visive e la sezione didattica della Fondazione Morra di Napoli (Museo Nitsch/Casa Morra/Associazione Shimamoto) della quale è membro del Consiglio direttivo. Docente di italiano e latino, conduce lab-workshop di scrittura creativa e digital storytelling; è docente di Linguaggi dell'Arte Contemporanea presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli e figura nel Dipartimento di Ricerca del Museo MADRE. È autrice di cataloghi e numerosi contributi pubblicati su riviste e libri per case editrici come Skira, Electa, Motta, Edizioni Morra, arte’m, Silvana ed.

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