La fotografia di Casare Accetta. Tutte le sfumature della luce e di nero.

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Organizzata dalla Fondazione Mannajuolo di Napoli, sulla scia di un programma d’eventi dedicati all’opera di grandi  fotografi contemporanei, Drama, è la nuova personale di Cesare Accetta, ideata e realizzata in collaborazione con Alessandra D’Elia, ospitata nell’elegante galleria Al Blu di Prussia a via Filangieri e visitabile fino al 6 aprile 2024.

Punto di riferimento d’eccellenza sulla scena artistica napoletana e internazionale, il napoletano Cesare Accetta, appena insignito del premio UBU 2023, per il disegno luce della CUPA di Mimmo Borrelli, è uno dei più importanti fotografi e light designer italiani, il cui lavoro unisce fra loro le ricerche e gli ambiti della fotografia, del teatro, del cinema.

Protagonista della nuova scena napoletana dagli anni ’70 e ’80, ha documentato i primi lavori di Enzo Moscato, Annibale Ruccello, Mario Martone, Antonio Neiwiller, Falso Movimento ed è autore di spettacoli-manifesto del teatro d’avanguardia nazionale con il suo nero sensibile,  sua inconfondibile  cifra, come direttore della fotografia dei film di Antonietta De Lillo, Pappi Corsicato, Antonio Capuano e molti altri.

Drama – già il titolo incarna l’à plomb della ricerca teatrale dell’artista – si apre con quattro fotografie a colori di grandi dimensioni che catturano immediatamente i nostri sguardi: spazi indefiniti eppure percettibili dai sensi che fuoriescono dalla parete e vibrano nello spazio, quasi a indicare una pluralità di forme che rispecchia quella dell’uomo su cui rimbalza la mimesi, rappresentazione dell’essenza delle cose che delinea orizzonti aperti: produce un riconoscimento e, al tempo stesso, un misconoscimento. È discontinuità, incontro di lontananze, relazione tra intenzioni ed esiti, slancio per portarsi verso una regione dove il senso pareggia il significato.

Seguono quindici lavori in bianco nero che insieme ad un video compongono due cicli di opere eseguite fra il 2020 – quello di Punta della Campanella – o cominciate e terminati fra il 2018 ed il 2023.

Sono volti che rivelano tutta la loro profondità in dialogo con la luce e con la storia dell’arte. Simili ma mai identici, non ritratti né autoritratti ma archetipi, icone di una contemporaneità che cerca radici arcaiche, sempre in bilico tra identità pubblica e privata. Nessun proclama ma piuttosto sussurri, silenzi, emozioni sui visi e negli occhi delle attrici fotografate, affidati a barlumi concepiti quasi come amuleti, talismani.

Fotogrammi liquidi, fenditure, varchi. Tracce da disporre in un ordine lirico, al di là dei recinti consueti. Episodi di un discorso critico che si fa crocevia di piccole reti, di connessioni, di nessi. Tessuto di accenni, di modulazioni, di variazioni sul tema.

Un percorso seducente tra gli oceani vaporosi della fotografia, dove certe atmosfere già incontrate in In luce, mostra presentata nel 2016 al Madre (cinquanta volti di attori, attrici, registi, personaggi del mondo dello spettacolo napoletano  dedicati all’epifania dell’umano nella sua relazione con il tempo)  portano a riconoscere segni e azioni come scavo nella muta archeologia dell’essere.

Una prospettiva trait d’union con l’indagine sull’alchemico nero, dove il magico e il religioso si incontrano per esprimere leggerezza, impalpabilità, rinvii di tensione morbida; afferma Accetta a tal proposito:

“Il nero è stato ed è il mio momento di ricerca privilegiato  continua ad essere presente; il teatro, inteso come scatola nera, è come la camera oscura. Tutto con la luce deve e può succedere. Quello che si vede e quello che si intravede, ma anche quel che non si vede, come diceva Antonio Neiwiller”.

Quanti usi si possono fare della luce? Accetta ci porta tra le meraviglie di quel che non si vede ma che trasforma lo spazio in un luogo permeabile, dove le cifre emotive dell’individualità si addolciscono su un vedere lento, rispetto all’eccessiva velocità che la visualità attuale impone e sullo stare insieme: una relazione speciale che si riverbera tra gli spettatori e che questa mostra propone in modo efficace.

Dispositivo intimo, ideologicamente legato a statuti che intersecano futuro e tempo storico,  Drama testimonia un gesto (il gesto dell’artista) che si organizza in una trama a che ha il potere evocativo di aprirci gli occhi per accostarsi alla sostanza delle cose. E guardando impariamo a vedere.

Cesare Accetta

Il primo approccio di Cesare Accetta alla fotografia risale agli anni Settanta, intrecciando da subito la sperimentazione personale con il teatro di ricerca come fotografo di scena dei principali gruppi e teatri d’avanguardia napoletani e italiani: il Teatro Instabile di Napoli, Falso Movimento di Mario Martone, il Teatro dei Mutamenti di Antonio Neiwiller, il Teatro Studio di Caserta di Toni Servillo, Il Teatro Galleria Toledo di Laura Angiulli, Club Teatro di Remondi e Caporossi.

Dalla fine degli anni Ottanta il suo interesse si estende anche al cinema, partecipando come fotografo di scena nel 1992 al film Morte di un matematico napoletano e nel 1995 a L’amore molesto, entrambi di Mario Martone.

Successivamente la ua attività professionale si è articolata ulteriormente, iniziando ad occuparsi anche di direzione della fotografia in ambito cinematografico e video, nonchè di progettazione e realizzazione del disegno delle luci di spettacoli teatrali, attività quest’ultima che lo ha portato alla recente vittoria del Premio UBU 2023 come light designer per La Cupa diMimmo Borrelli. Cesare Accetta ha esposto negli anni il suo lavoro in diverse gallerie e musei italiani.

Vanno ricordate alcune importanti mostre, come 03 – 010 nel 2010 al Museo di Capodimonte di Napoli; Dietro gli occhi nel 2012 al PAN| Palazzo delle arti Napoli, in cui ha raccontato vent’anni di teatro di ricerca napoletano dal 1976, attraverso fotografie per lo più inedite tratte dal suo prezioso archivio di teatro; In luce nel 2016 al Museo Madre di Napoli, opera acquisita nella collezione permanente.

Info mostra

  • Cesare Accetta – Drama
  • a cura di: Maria Savarese
  • Al Blu di Prussia di Giuseppe Mannajuolo e Mario Pellegrino / Fondazione Mannajuolo – Via Gaetano Filangieri 42, Napoli
  • fino al 06/04/2024, martedì-venerdì 10.30-13/16-20; sabato 10.30-13
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Storica e critica d’arte, curatrice, giornalista pubblicista, Loredana Troise è laureata  con lode in Lettere Moderne, in Scienze dell’Educazione e in Conservazione dei Beni Culturali. Ha collaborato con Istituzioni quali la Scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio di Napoli; l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa e l’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli. A lei è riferito il Dipartimento Arti Visive e la sezione didattica della Fondazione Morra di Napoli (Museo Nitsch/Casa Morra/Associazione Shimamoto) della quale è membro del Consiglio direttivo. Docente di italiano e latino, conduce lab-workshop di scrittura creativa e digital storytelling; è docente di Linguaggi dell'Arte Contemporanea presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli e figura nel Dipartimento di Ricerca del Museo MADRE. È autrice di cataloghi e numerosi contributi pubblicati su riviste e libri per case editrici come Skira, Electa, Motta, Edizioni Morra, arte’m, Silvana ed.

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