Giovanni Anselmo – Entrare nell’opera. All’Accademia Nazionale di San Luca

Giovanni Anselmo - Entrare nell’opera. All’Accademia Nazionale di San Luca. Foto di Andrea Veneri

Chi ha partecipato al vernissage della mostra Giovanni Anselmo – Entrare nell’opera, inaugurata a novembre 2019, nelle sale dell’Accademia Nazionale di San Luca a Roma, ha beneficiato della straordinaria opportunità di avere una guida del tutto eccezionale: Giovanni Anselmo in persona.

Una mostra concepita per intero dalla fertile e brillante mente di uno dei principali protagonisti dell’Arte Povera, di cui ha curato personalmente ogni minimo aspetto, dalla selezione delle opere al loro allestimento.

Così, attraverso le ventisette opere, selezionate tra le più rappresentative della sua intera produzione, provenienti da collezioni private, dalla Galleria Tucci Russo, dal MART di Rovereto e dal Castello di Rivoli, Galleria Vistamare, e allestite nelle tre sale espositive del pianterreno, nel cortile, lungo la rampa elicoidale di borrominiana memoria e nell’ultima sala del piano nobile del Palazzo Carpegna (un palazzo che ospitò, fino al 1882, la famiglia di Luigi Pinciani, il primo sindaco di Roma all’indomani dell’Unità d’Italia), Giovanni Anselmo ha dato corpo a una mostra che dilaga e si espande nello spazio.

Una retrospettiva, dunque, che ripercorre l’eccezionale carriera dell’artista piemontese (Borgofranco d’Ivrea, 1934), cominciata negli anni Cinquanta come grafico pubblicitario, proseguita come pittore, per approdare, a metà degli anni Sessanta, alle prime realizzazioni scultoree caratterizzate dalla tensione e dall’equilibrio, esposte, prima nella famosa collettiva “Flavin, Rosenquist, Chamberlain, Warhol, Fontana, Pistoletto, Gilardi, Piacentino, Fabro, Pascali, Anselmo, Zorio” del 1967, poi nella personale del 1968, entrambe nella Galleria Sperone.

Un’esposizione organizzata con la determinata intenzione di celebrare altresì il recente conferimento del Premio Presidente della Repubblica 2016 per la Scultura, il prestigioso premio istituito nel lontano 1948 direttamente dal primo Presidente della Repubblica Luigi Einaudi.

E già nella sala centrale al pianterreno, è esplicitato l’impianto creativo di Giovanni Anselmo, che, oltre alla costante sperimentazione dei limiti, procede con assetti costruiti su concetti di binomi antinomici. Nella stessa sala, insieme a “Particolari di Infinito: sei disegni con titoli diversi”, di piccolo formato (25×25), sono esposte “Mentre la terra si orienta” (2002 – cumulo di terra con ago magnetico) e “Grigi che si alleggeriscono verso oltremare” (1982 – blocchi di pietre appesi al muro per mezzo di cavi d’acciaio al di sopra di un piccolo riquadro blu oltremare), ovvero: terra/acqua; polvere-leggero-leggerezza/pietra-pesante-pesantezza; forza di gravità/direzione; tensione/equilibrio; visibile/invisibile; finito/non finito di michelangiolesco rimando. Il tutto ottenuto e raggiunto attraverso l’utilizzo, finanche l’accostamento, di materiali tra i più diversi tra loro -pietra, ferro, plexiglass, spugna, fotografia, e così via- e con titolazioni che suggeriscono il movimento, ma manifestano pure parti di pensieri, riflessioni, osservazioni, constatazioni.

Nella sala di sinistra (che, in realtà, è la sala da cui prende avvio l’intero percorso espositivo), attraverso singole opere, Giovanni Anselmo costruisce una grande installazione. Perché riunisce la fotografia di grandissimo formato (266×390) “Entrare nell’opera” del 1971, che titola l’intera retrospettiva, nella quale è immortalata una sagoma nera ripresa di spalle che si perde in un’infinita distesa; “Il panorama con mano che lo indica”, un blocco di pietra posto a terra, con alle spalle il grande foglio di carta col disegno a matita del palmo di una mano, con dita serrate, rivolto verso l’alto, del 1982.

Sulla facciata breve del masso, appena sbozzata, è proiettato il famoso aggettivo “Particolare” e, contrariamente a quanto accade solitamente, il visitatore è autorizzato a salire sopra la grossa pietra: da tale punto rialzato e privilegiato, si può ammirare il “particolare” del “panorama indicato” ed “entrare -così- nell’opera”, sperimentandola, vivendola. Completano questo frangente contemplativo, “Il colore mentre solleva la pietra mentre solleva il colore” (1988/1990), la grande lastra appesa al muro, e “Mentre oltremare appare verso Sud-Est”, due blocchi di pietra, posti in parallelo sul pavimento, uno con colore oltremare, l’altro con la nota bussola.

Nella sala di destra (sala tre), sono raccolte “Verso oltremare” (1984), una grande pietra che evoca il triangolo di una vela di una barca, la cui punta si conficca nel rettangolo oltremare, trattenuta da un cavo d’acciaio; “Invisibile” (1970-1998-2007), una pietra di granito Nero Assoluto d’Africa di misure contenute (40x40x90) con l’affascinante iscrizione “VISIBILE”; “Torsione” (1968) nella quale una stoffa, attraverso una barra di ferro, è attorcigliata fino all’esasperazione.

È nel cortile, in questo spazio di confine, che non è un dentro né un fuori, che si raggiunge un alto picco di liricità, con “Dove le stelle si avvicinano di una spanna in più”, frase proiettata sul lato di uno dei diversi blocchi sparsi nel porticato e nel patio. L’inferriata di recinzione di uno dei lati, pone massi in una zona di confine fra lo spazio interno e quello pubblico della strada, entrando, così, in un silenzioso eventuale dialogo col passante non disattento.

A fornire una traiettoria, un percorso, è “Respiro” (1969): due lunghe aste di ferro brunito alla cui metà, come anello di congiunzione, è posizionata una spugna di mare. Una traiettoria che congiunge il precedente lavoro con quello posto nella nicchia di fondo, sotto il festone, “Particolare” (1972-2019).

La spirale della scala ha offerto l’appropriata accoglienza di “Interferenza umana nella gravitazione universale”, un multiplo di venti fotografie di piccolo formato (30×30) che accompagna il visitatore per tutta la durata della sua salita verso il piano nobile, dove la mostra si conclude.

E in fondo al lungo corridoio, l’ultima sala. Nell’oscurità brillano, ad altezze e posizioni diverse, “Particolare” che idealmente si ricollega a quello posto sotto il festone borrominano del porticato del pianterreno.

Info mostra

  • Giovanni Anselmo – Entrare nell’opera
  • Accademia Nazionale di San Luca
  • piazza dell’Accademia di San Luca, 77 –  Roma
  • dal 13 novembre 2019 al 31 gennaio 2020 – prorogata fino al 22 febbraio. 
  • orari: dal lunedì al sabato dalle 10.00 alle 19.00 (domenica a festivi chiuso)
  • ingresso gratuito
  • info: 06 679 0324; presidenza@accademiasanluca.it www.accademiasanluca.eu/it
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Daniela Trincia nasce e vive a Roma. Dopo gli studi in storia dell’arte medievale si lascia conquistare dall’arte contemporanea. Cura mostre e collabora con alcune gallerie d’arte. Scrive, online e offline, su delle riviste di arte contemporanea e, dal 2011, collabora con "art a part of cult(ure)". Ama raccontare le periferie romane in bianco e nero, preferibilmente in 35mm.

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