Letteratura Inaspettata #56. Forse non morirò di giovedì. Remo Bassini e il mestiere più bello del mondo

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Lui è Antonio Sovesci, direttore di un giornale di provincia.  In redazione, donne e uomini che hanno scelto un mestiere. Un mestiere che si sceglie, che raramente arriva con casualità. Sì, è sempre stato così. Ma qualcosa è cambiato. E non adesso.
Forse non morirò di giovedì di Remo Bassini (Golem Edizioni) racconta cosa sta accadendo nel mondo dell’informazione attraverso una storia, quella di Antonio Sovesci, giornalista che si è formato  alla “vecchia maniera”, con anni di precariato, un’assunzione per meriti professionali, la disponibilità mentale a leggere oltre i fatti a costo di pagare con un  bagno di umiltà un errore, e poi la carriera che avanza ma che non è tutto.

Perché il “tutto” è raccontare la verità. Una missione, che spesso diventa ossessione, un modo di stare al mondo da giornalisti.

Certo molto è cambiato. C’è la rete internet, le televisioni, le notizie a portata di un clic, siano esse verificate o fasulle. C’è il calo delle vendite, i tagli, le aziende che virano dall’interesse editoriale ad altri interessi per salvarsi, piegando la testa alla logica della così detta new economy.

immagine per Forse non morirò di giovedì, Remo BassiniE in tutto questo “nuovo” che ne è del giornalismo? Quello che rispettando i lettori verifica ogni fatto? Che privilegia la notizia a costo di rifare un intero giornale poco prima della stampa in tipografia ?

Antonio Sovesci ne parla in una lunga intervista con una ex collaboratrice che lavora per un’emittente televisiva. Il tempo di rilasciare quell’intervista e un caso di cronaca viene omesso dalla redazione. Per coprire chi? Cosa? Sovesci interviene all’ultimo momento. Con un pezzo veloce che passa prima della chiusura.

Certo di aver assolto al ruolo che dovrebbe essere il dovere di un giornale, Sovesci con quell’articolo non fa che accelerare una sentenza in bilico: il licenziamento. E non ha fatto nulla per evitarlo. Perché non si è mai piegato ai diktat della proprietà. La sua priorità sono sempre stati i lettori e la redazione.

Una storia fatta di tradimenti, di un conto che, prima o poi, la vita presenta a chi ha vissuto  per un giornale, per il mestiere. Perché la vita è anche altro. Ma il più delle volte quando si capisce è tardi.

Remo Bassini nella sua narrazione porta alla ribalta un tema molto discusso ma raramente spiegato: la crisi del giornalismo. Che puntualizzerei come “crisi dei giornalisti”, che negli ultimi decenni non hanno avuto la capacità di difendere una professione che forma la coscienza civile.  Perché? Leggendo il libro di Bassini si trovano molte risposte.

Del resto l’autore prima di essere uno scrittore è un giornalista. E ha onorato quello che era il mestiere più bello del mondo raccontando una verità.  Amara. Ma una verità.

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Stefania Nardini è romana, giornalista e scrittrice, vive tra Marsiglia e l’Umbria. Per i tipi “Pironti” ha pubblicato “Matrioska”, una storia sulla condizione delle donne in Ucraina e “Gli scheletri di via Duomo”, noir ambientato nella Napoli anni ’70. Autrice di “Jean Claude Izzo, storia di un marsigliese” (ed. Perdisa Pop nel 2011 e riproposto da E/O nel 2015), biografia romanzata del grande autore francese, ha continuato a raccontare Marsiglia in “Alcazar. Ultimo spettacolo” noir- storico pubblicato da E/O nella collana Sabot Age.

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