Il mistero di Anna. Simona Lo Iacono racconta Anna Maria Ortese e la parola che cura

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Una lettera e un francobollo. La rivoluzione, nell’età dell’innocenza, iniziava così. Una lettera. E il francobollo che costava circa cinquanta lire.

Erano tante cinquanta lire. Per Cannavò Anna poi, quinta F, di Siracusa, erano una fortuna. Ma doveva procurarsele per partecipare a un concorso che prevedeva il soggiorno di una settimana a casa di una scrittrice.

Cannavò Anna scrisse la sua lettera mettendo insieme le parole poetiche. Quelle che davano gioia alla sua anima.

Ma il problema era il francobollo. L’occasione arrivò da don Santino, il parroco. Bisognava rassettare la canonica e stirare le tovaglie. E Cannavò Anna, quinta F , di Siracusa, si offrì in cambio di quella moneta preziosa. Che le avrebbe consentito l’acquisto del francobollo. Per poi scrivere sulla busta il mittente: Anna Maria Ortese.

immagine per Il mistero di Anna. Simona Lo Iacono racconta Anna Maria Ortese e la parola che curaNasce così l’invenzione letteraria di Simona Lo Iacono nel suo Il mistero di Anna (ed. Neri Pozza), che nell’intento di entrare nella vita, dunque nella narrazione biografica, di una tra le più grandi scrittrici del novecento, Anna Maria Ortese, è riuscita a coniugare il romanzo, intrecciando due storie, un’epoca, e l’esplorazione intima della parola come necessità non solo per stare al mondo, ma per starci dentro con un altro sguardo.

Un romanzo che attraverso l’esaltazione di un linguaggio in cui si innesta la parlata dei poveri, parlata che nella singola parola mostra un mondo, e l’armonia di perle che nella narrazione donano l’incanto della poesia, trascina il lettore in un’epoca trasformandola in memoria.

Il testo racconta la storia di questa ragazzina, figlia di povera gente (il padre è disoccupato, la mamma fa la sarta), che vive la magica ossessione delle parole nell’accezione più autentica di bellezza.

Per Viganò Anna le parole si dividono in due categorie: quelle libere e quelle oppresse. “Io penso che una parola non è solo una parola ma che è anche un modo per farsi entrare dentro la commozione”.

La commozione di cui parla la bambina correrà lungo tutto il romanzo di Simona Lo Iacono che, attraverso uno scambio di lettere tra la Ortese e un’amica siciliana e il racconto della piccola Anna che arriva a Milano a casa della scrittrice, ci trasmette il senso di una scelta di vita quale è la letteratura, rifugio del dolore e finestra sul mondo, anche quello più invisibile, gioia per tutto ciò che passa indifferente nella cecità dei luoghi comuni.

E mentre Viganò Anna esplora le periferie milanesi e la galleria di Brera, il diario intimo di una donna come la Ortese emerge con la prepotenza di una storia sofferta, che ci arriva nel dramma ma anche nella sua eccezionale genialità.

La Ortese e sua sorella Maria vivono di stenti, in un peregrinare da città a città alla ricerca di una casa. Perché è la casa il luogo dell’anima. Il contenitore dei pensieri, dell’elaborazione.

La Ortese che ci racconta la Lo Iacono è quella che, per chi ha letto i suoi romanzi, non si risparmia nel prendere posizione. Lo fa a proposito del viaggio in Russia invitata da una delegazione dell’Udi, lo fa con uno dei suoi romanzi più provocatori, “Il mare non bagna Napoli”, che se divise critica e lettori, resta ancora oggi una delle analisi più lucide sulla città.

Una Ortese sofferente e un po’ bambina, innamorata, ma che ha perso l’amore, fragile e forte come lo smeraldo. E forse Cannavò Anna le somiglia un po’.

Perché scrisse quella lettera e si procurò il francobollo. Episodio che mi appartiene quando anche io a sette anni feci lo stesso, inviando una lettera per partecipare a un concorso indetto da un quotidiano. In palio la pubblicazione dello scritto. La mia lettera venne pubblicata. Parlava della guerra in Vietnam.

Eravamo tante Cannavò Anna che con una biro e un francobollo volevamo cambiare il mondo. E anche la nostra vita.

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Stefania Nardini è romana, giornalista e scrittrice, vive tra Marsiglia e l’Umbria. Per i tipi “Pironti” ha pubblicato “Matrioska”, una storia sulla condizione delle donne in Ucraina e “Gli scheletri di via Duomo”, noir ambientato nella Napoli anni ’70. Autrice di “Jean Claude Izzo, storia di un marsigliese” (ed. Perdisa Pop nel 2011 e riproposto da E/O nel 2015), biografia romanzata del grande autore francese, ha continuato a raccontare Marsiglia in “Alcazar. Ultimo spettacolo” noir- storico pubblicato da E/O nella collana Sabot Age.

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