Antonio Biasiucci per un Laboratorio Irregolare. EPIFANIE/0 LAB a Napoli

 “La foto mi colpisce subito se io la tolgo dal suo solito bla bla: non dire niente, chiudere gli occhi, lasciare che il particolare risalga da solo dalla coscienza affettiva”.

Potremmo partire da queste parole-guida di Roland Barthes per attraversare il corridoio della cappella di San Tommaso, all’interno del Convento di San Domenico Maggiore, a Napoli dove, il 12 giugno, si è inaugurata la terza edizione del LAB per un Laboratorio Irregolare, di Antonio Biasiucci, con la mostra-installazione EPIFANIE/03, nell’ambito del Campania Teatro Festival che ha adottato il progetto.

L’effetto è quello di lasciarsi alle spalle il rumore della città e di immergersi in un luogo protetto da distonie e stridori. EPIFANIE rifiuta la civiltà del rumore e sceglie di frequentare una dimensione difficile, quella del  silenzio. Inteso come parentesi nel brusio della quotidianità, pausa, sottrazione  densa di suggestioni che salda rigore metodologico e originalità critica.

Ad accoglierci è subito la lama chiara di uno scrittoio lungo 15 metri su cui sono esposti otto portfolio-libri di opere fotografiche, illuminate da  stringhe di luce che accompagnano il visitatore lungo un itinerario sofisticato e denso di significati; ci dice l’architetto Giovanni Francesco Frascino:

Questo tavolo è l’elemento architettonico-spaziale che tiene assieme il progetto del Laboratorio Irregolare di Antonio Biasucci sin dalla prima mostra; l’ho disegnato per accogliere otto posti per otto artisti; ciascuna postazione è in asse con i fasci luminosi e le gambe del tavolo:  una figurazione che riprende l’ambiente e il fare dei frati amanuensi medievali. Il concetto è quello della fratellanza ma al tempo stesso dell’unicità: uno per uno, otto volte”. 

immagine per Antonio Biasiucci-LAB3 EPIFANIE, Allestimento a San Domenico Maggiore
Antonio Biasiucci-LAB3 EPIFANIE, Allestimento a San Domenico Maggiore

Paolo Covino, Alessandro Gattuso, Valeria Laureano, Laura Nemes-Jeles, Claire Power, Ilaria Sagaria, Giuseppe Vitale e Tommaso Vitiello sono i protagonisti di questa terza tappa che presenta, fino al 10 luglio, complessivamente oltre 150 opere fotografiche, la cui caratteristica essenziale, sia sul piano stilistico che su quello della trama ideativa, consiste in una unità che trascende la trama singoli testi e realizza un attraente continuum visuale e concettuale:

Anche se molto impegnativo, soprattutto per quanto riguarda quest’ultima edizione segnata dalla pandemia, il Laboratorio Irregolare è la cosa più bella che faccio nell’arte contemporanea, è un enorme privilegio che non ha prezzo seguire il progetto di otto fotografi in cui cerco fiammelle da alimentare.

Il mio Lab è l’isola che non c’è, è fuori dal mercato, da ogni logica;  privilegia tempi lunghi, esiti nuovi, il raccontare più in profondità l’uomo secondo una pratica a me molto cara che ho maturato frequentando i laboratori del mio maestro Antonio Neiwiller.

Attorno a questo tavolo ci siamo chiesti cosa fosse importante nelle nostre vite e per più di due anni ognuno ha circumnavigato i processi del sé e dell’altro, stimolandoci a vicenda”.

immagine per Antonio Biasiucci_backstage_Lab03 EPIFANIE ph. Mario Laporta
Antonio Biasiucci_backstage_Lab03 EPIFANIE ph. Mario Laporta

Pur mantenendo accenti diversi, senza mai offuscare le proprie sensibilità,  gli artisti selezionati  seguiti e guidati da Biasucci, sono tuttavia accomunati da alcuni tratti salienti che guardano alle fragilità della vita e alla possibilità di espansione e di creazione di nuovi processi artistici e rappresentativi.

Il risultato è un archivio di ombre e di visioni tra visibile e invisibile, dove cruciale non è la cosa in sé, ma l’ accadere, il succedere, lo svolgersi dell’ evento non come fatto costituito e risolto, ma come processo, divenire, specola drammaticamente privilegiata di un lirico rapporto con l’esistenza.

Ne deriva spesso un’ implicita ma identificabile inclinazione teatrale che assume una veste e un andamento a più voci, in cui si palesano e intervengono, per così dire, i personaggi dell’anima e i fantasmi della coscienza. Si pensi a tal proposito al portfolio di Valeria Laureano, Amalìa. Una sorta di irruzione dell’alterità, incarnata nell’indicibile e nell’inesprimibile che fa vacillare le strutture dell’ordine culturale dominante; e ci spiega:

Il mio racconto fotografico affonda le sue radici nella storia di una serial killer di Correggio degli inizi del 900. Sono affascinata dal mistero luce-buio all’interno dell’inconscio di ognuno di noi: ho infatti  fotografato  un pozzo all’inizio della mia storia, simbolo archetipo dei turbamenti tipici del mondo femminile, da cui poi  in ogni doppia pagina si possono valicare profonde sensazioni perturbanti”.

immagine per V.Laureano_ Amalìa
Valeria Laureano, Amalìa

Questa persistente cifra dialogica,  declinata secondo le più varie e diverse modalità, presuppone sempre e comunque la presenza dell’altro da sé, sia pure nella forma dello sdoppiamento dell’io: da questo presupposto olistico si sviluppano, in particolare, le trame di quei fotografi, ad esempio,  che ho incontrato alla preview. Ponendo a fondamento della sua esperienza lirica una visione metafisica della vita, Giuseppe Vitale con Apnea riesce a decodificare con lucida consapevolezza i suoi demoni interiori:

Dopo aver affrontato un lutto spiazzante non ancora risolto, ho ripreso la mia macchina fotografica e ho scoperto che fotografare leniva il mio dolore. Ho fotografato la sensazione di immergermi e restare in apnea, una dimensione di benessere speciale per me,  perché sempre sul filo fra la vita e la morte”.

immagine per Giuseppe Vitale, Apnea
Giuseppe Vitale, Apnea

Su questa sfumata inclinazione è anche il book La Montagna, di Claire Power, la cui idea si fonda sulla relazione uomo-natura radicata sulle pendici del Vesuvio:

L’amore per questo progetto nasce dalla mia paura ancestrale verso il nostro Vulcano. Ho provato ad esorcizzare il mio timore  frequentandolo più da vicino e  immergendomi fra gli usi e le tradizioni di alcune comunità che qui si perpetuano da anni, i ritmi delle  tammorre, le feste religioso-pagane,  le poliformi ritualità e i miti dedicati alla Montagna, tutt’oggi vivi nelle comunità del vesuviano e del Monte Somma e che ho tradotto con il mio obiettivo”.

immagine per Claire Power, La Montagna
Claire Power, La Montagna

In altri casi, le opere si offrono come territorio dis-orientante e ambiguo del vissuto, come, ad esempio, per Paolo Calomino,  il cui  reportage, Altari, è una ricerca dei propri albori di cui trova la sacralità nell’intimità di un ordine infinito di camere da letto:

Ho lavorato a cavallo del Sannio e dell’Irpinia, i posti della mia origine, dove in antiche abitazioni ho fotografato l’immagine religiosa ricorrente sulla parete della testiera dei letti, è lì che sono gli Altari, intoccabili, inviolabili, depositari di confessioni, gioie, dolori”.

immagine per Paolo Calomino, Altari
Paolo Calomino, Altari

Di fatto, sia la via del riflusso privatistico, sia quella del gioco mnestico, l’esigenza è fare dell’espressione fotografica  un’esperienza totale e anche seduttiva: si veda il portfolio Cosmi, di  Alessandro Gattuso, che ha esplorato le problematiche legate al rapporto dicotomico  maschio – femmina, come atto di conoscenza che, mentre oltrepassa il confine del qui ed ora, riconosce a se stesso un valore di assolutezza:

Corpi contemporanei,  pose statiche e in movimento, fluidità, transizione, luce naturale di taglio, ombra-luce, essere apparire: Cosmi, perché la parola si rifà all’ordine dello stile fotografico ma anche all’universo interiore ed esteriore di ognuno che ho cercato di rendere tramite momenti performativi”.

immagine per Alessandro Gattuso, Cosmi
Alessandro Gattuso, Cosmi

Insieme formale ed ideologico, il contrassegno di  EPIFANIE/03, trova il suo fondamento nell’inseguire nelle tracce del visibile, l’epifania dell’invisibile, e nella sfera del transitorio e del contingente l’orma dell’assoluto, espediente retorico per procedere ad una investigazione dell’io e della realtà sempre più vertiginosa, che esige la corrispondenza di un lettore particolarmente avvertito e pronto a ingaggiare la sfida dell’interpretazione.

Il catalogo Epifanie/03, a cura di Alessandro Leone (Giannini Editore) è arricchito dai testi critici di Antonio Biasiucci, Goffredo Fofi, Giovanni Francesco Frascino, Stefano De Matteis e Alessandra Troncone.

Info mostra

  • Apertura al pubblico dal 12 giugno al 10 luglio 2021
  • Orari: dal mercoledì al sabato dalle 11:00 alle 18:00
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Storica e critica d’arte, curatrice, giornalista pubblicista, Loredana Troise è laureata  con lode in Lettere Moderne, in Scienze dell’Educazione e in Conservazione dei Beni Culturali. Ha collaborato con Istituzioni quali la Scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio di Napoli; l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa e l’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli. A lei è riferito il Dipartimento Arti Visive e la sezione didattica della Fondazione Morra di Napoli (Museo Nitsch/Casa Morra/Associazione Shimamoto) della quale è membro del Consiglio direttivo. Docente di italiano e latino, conduce lab-workshop di scrittura creativa e digital storytelling; è docente di Linguaggi dell'Arte Contemporanea presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli e figura nel Dipartimento di Ricerca del Museo MADRE. È autrice di cataloghi e numerosi contributi pubblicati su riviste e libri per case editrici come Skira, Electa, Motta, Edizioni Morra, arte’m, Silvana ed.

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