Massimo Vitali – Leporello 2020. No Country for Old Men

Non si posiziona tutti i giorni, per almeno cinque minuti, allo stesso orario, allo stesso angolo della città, come Auggie Wren di Smoke (1995).
Né realizza ritratti, per non oltre due ore al giorno, in giro per il mondo dal 1992, come Hans Eijkelboom per il suo immenso Photo Notes, accomunando i protagonisti per un dettaglio che ha colpito la sua attenzione, quale un capo d’abbigliamento, un atteggiamento, un’acconciatura, una tipologia di persone, un colore, un oggetto. Ma, Massimo Vitali (classe 1944), come loro, ha avviato il suo progetto, quello che si può chiamare il lavoro della sua vita.

Difatti, da quando ha deciso di dare una svolta alla sua fotografia (1995), partendo col posizionare la sua macchina fotografica sul cavalletto (“perché – spiega il fotografo – consente di pensare meglio a quello che vuoi fare”); iniziando, così, a voler raccontare la nostra società e la nostra vita, ha similmente realizzato, e lentamente costruito, un grande archivio di immagini, attraverso il quale è possibile rintracciare le nostre abitudini e i nostri cambiamenti, ma anche i nostri tic e le nostre ossessioni, nonché le nostre fobie globalizzate nella comune quotidianità. Un Martin Parr più gentile e meno sfacciato, ma sempre attento e profondo.

Nato a Como e, trasferitosi a Londra, approda definitivamente a Lucca, Massimo Vitali ha sempre utilizzato la fotografia come linguaggio narrativo, anche quando, negli anni Ottanta, ha iniziato a lavorare come direttore della fotografia per la televisione e il cinema.

Seppur individuato e soprannominato come “il fotografo delle spiagge”, il fine ultimo di Massimo Vitali non è affatto quello di mitizzare le spiagge. Sicuramente, averle scelte come luogo di elezione dei suoi scatti, si è trasformato in una sorta di sigla, di marchio identificativo. Un segno distintivo che decade immediatamente allorquando si superano i tratti caratterizzanti (mare/spiaggia) di ogni scatto, e si mettono a fuoco i dettagli, ancor più se, addirittura, si ha l’occasione di osservare, esposte, più fotografie affiancate.

Come nel caso della personale Leporello 2020. No Country for Old Men allestita negli algidi e suggestivi ambienti di Visionarea Art Space, estratti dall’Auditorio della Conciliazione nello storico quartiere romano noto come Borgo Pio.

Anche se non sulla via di Damasco, Massimo Vitali riconosce la “folgorazione”, la profonda influenza esercitata su di lui “dai ragazzi” della scuola di Düsseldorf. Da lì, il rinnovato approccio alla fotografia documentaria, il grande formato, una produzione basata sulle tipologie e una lineare prospettiva. Sono queste, infatti, le caratteristiche fondanti anche delle sette fotografie di ampio formato, panoramiche (che risentono anche dell’influenza del paesaggio della pittura rinascimentale), a campo lungo, immerse nella luce e nel colore, senza ombre, stampate in occasione della riapertura dello spazio, dopo il periodo di chiusura forzata dettato dal lockdown pandemico.

L’esposizione è una selezione tra le 16 fotografie che compongono l’architettura di Leporello2020 (tiratura limitata 200 copie + 50 AP). Realizzate dal grande fotografo, al tempo nato come fotoreporter, gli scatti immortalano principalmente delle spiagge all’indomani della riapertura (tra luglio e agosto 2020), quando le persone, senza più le costrizioni dovute al Covid, si riversano per le strade, per le città, per le spiagge, sulle montagne.

Sono, dunque, anche una testimonianza di quel desiderio di rinascita, di volontà di riprendere una normale quotidianità.

Ciò che, nell’insieme, acquista maggior interesse, è proprio la compresenza delle foto e del libro: le foto si trasformano in una sorta di sintesi del libro; il libro diventa, al contempo, una sorta di oggetto, di catalogo portatile, di boîte-en-valise, sempre pronto e a portata di mano, che si può sfogliare, esporre, dividere per farne altrettanti piccoli poster o quadri; come spiega Vitali stesso:

un incrocio tra un libro in stile fisarmonica, una mostra circolare e continua e un oggetto che si può vivere in modi diversi e anche incorniciare”.

Sono ancora vivide in tutti noi, le immagini delle strade vuote, deserte, silenziose, durante la chiusura: nessuno si è sottratto dal realizzare degli scatti, per cristallizzare la straordinarietà della situazione. Ma, contrariamente da tutti, Massimo Vitali, mai attratto dal vuoto, non ha subito questa fascinazione e ha compiuto le sue fotografie solo all’indomani della riapertura.

Raggiungendo di nuovo i suoi luoghi di elezione, ma anche discoteche, piste da sci, concerti, città d’arte (tutti luoghi avvertiti da Massimo Vitali, come accessori al suo principale fine: raccontare la nostra società), dove le persone, guidate dal desiderio di evasione, di relax, di divertimento, di aggregazione, si mostrano e si mettono in mostra, a volte allentando ogni freno inibitorio.

Per constatare, come meno osservatore non giudicante, che, alla fine, non c’erano stati stravolgimenti né grandi cambiamenti delle abitudini e attitudini collettive, plastificate nell’estetica e nella sterile velocità del mordi e fuggi.

Fotografie che, alla lunga, consentono di ripercorrere l’evoluzione del costume e della moda, anche attraverso semplici oggetti, come i costumi o i teli da mare, a raccontare, cioè, i feroci cambiamenti a cui è sottoposto il nostro quotidiano e la nostra società, catturare il presente per lasciarne una traccia per le future generazioni.

Info mostra

  • Massimo Vitali – Leporello 2020. No Country for Old Men
  • a cura di Gianluca Marziani, in collaborazione con Galleria Mazzoleni
  • fino al 4 ottobre 2021
  • Visionarea Art Space, piazza Pia 1 – 00193 – Roma
  • dal martedì al sabato dalle ore 12.00 alle ore 19.30
  • info: +393408111533 – – info@visonarea.org
+ ARTICOLI

Daniela Trincia nasce e vive a Roma. Dopo gli studi in storia dell’arte medievale si lascia conquistare dall’arte contemporanea. Cura mostre e collabora con alcune gallerie d’arte. Scrive, online e offline, su delle riviste di arte contemporanea e, dal 2011, collabora con "art a part of cult(ure)". Ama raccontare le periferie romane in bianco e nero, preferibilmente in 35mm.

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e statistici. Cliccando su "Accetta" autorizzi tutti i cookie. Cliccando su "Rifiuta" o sulla X rifiuterai tutti i cookie eccetto quelli necessari per il corretto funzionamento del sito. Cliccando su "Personalizza" è possibile selezionare quali cookie attivare.