Letizia Battaglia. Vintage Prints a Roma. Con uno sguardo alla mostra di Margaret Bourke-White pure a Roma

immagine per Letizia Battaglia Vintage Prints a Roma
E stato ucciso mentre andava in garage a prendere la macchina omicidio Sciuolo I. Palermo 1976 LB_2360 269x400

La mostra Vintage Prints, è una selezione di lavori della grande fotografa Letizia Battaglia (Palermo, 1935) alla Galleria del Cembalo di Roma, curata da Alberto Damian e Matteo Solima che hanno scelto le immagini insieme alla fotografa stessa.

Sempre in questi giorni, nel Museo di Roma in Trastevere, è in corso una retrospettiva dedicata ad un’altra grande fotografa: Margaret Bourke-White.

Nella mostra trasteverina sono evidenziati i diversi primati di cui la statunitense si è resa protagonista: “prima donna” che pubblica una sua foto sulla copertina del primo numero di Life; la “prima donna” che ottiene il nulla osta a fotografare Stalin in Unione Sovietica e, quindi, a realizzare il primo ritratto ufficiale del capo dello stato sovietico; l’unica “fotografa donna” che nel 1945 entra nel campo di sterminio di Buckenwald durante la sua liberazione, e così via.

Per associazione di idee, guardando la carriera, nonché la singolare biografia dell’altrettanto straordinaria Letizia Battaglia, è facile cogliere gli stessi diversi ottimi successi che la collocano come “la prima donna che …”. La fotografa ha, infatti, compiuto e raggiunto significativi traguardi, a partire proprio dai fulgidi risultati realizzati nel corso della sua professione.

Traguardi che, per molti aspetti, assumono un valore particolare perché saldamente intrecciati anche alla vita personale della fotografa. Seppure la vita privata non debba essere mischiata con quella professionale, per Letizia Battaglia è difficile tenerle distinte, perché l’una è fortemente intrecciata all’altra, e l’altra è costellata di eventi importanti che tracciano la prima.

L’incontro con un “orco” a dieci anni; il precoce matrimonio a sedici anni; tre figlie prima dei ventitré; la fuga con le figlie da Palermo a Milano dopo che il marito le ha sparato un colpo di pistola perché incapace di tollerare il suo tradimento; le lunghe relazioni col fotografo Santi Caleca e con Franco Zecchin col quale, per circa vent’anni, gira per la Sicilia con mostre ambulanti affinché le persone vedano e capiscano, quello che accade intorno a loro.

Tuttavia, ogni evento, seppur doloroso o tragico, è per Letizia Battaglia una possibilità di cambiamento, come nella fuga a Milano, avvertita come l’inizio della sua seconda vita, perché è in quel periodo che la sua amica Marilù le regala una macchina fotografica e inizia, così, la sua carriera di fotografa, “perché la fotografia -ama affermare la stessa fotografa- l’ho vissuta come salvezza e come verità”.

Nonostante sia urticante sottolineare il fatto che sia una donna, conosciamo tutti la struttura sociale del nostro Paese, soprattutto negli anni in cui Letizia Battaglia ha iniziato a muovere i suoi primi passi professionali, dapprima a Palermo, come giornalista per il quotidiano L’Ora (1969) e poi a Milano come fotoreporter (1971), ovvero una società fortemente sessista e maschilista, che escludeva la donna da tutti quei campi che non fossero strettamente legati alla cura domestica e familiare, cosicché, di alcune scelte e collaborazioni, si coglie tutta l’inedita forza dirompente, pronta a scardinare alcuni vetusti stereotipi.

Perciò, titoli declamatori come “Prima, donna. Margaret Bourke-White” sarebbero altrettanto calzanti e appropriati a Letizia Battaglia che, tra alcuni primati, annovera anche quello di essere stata la prima donna europea a ricevere il premio Eugene Smith (1985). La personale, attualmente in corso nella spettacolare Galleria del Cembalo, raccoglie una quarantina di immagini di piccolo formato, realizzate e stampate tra gli anni Settanta e l’inizio degli anni Novanta del secolo scorso, allestite in due delle sfarzose sale della galleria. Quaranta foto che modellano due mostre quasi distinte.

Nella prima sala, sono esposti gli scatti che hanno costruito l’immagine largamente conosciuta, quella di fotografa della mafia. Fotografie realizzate da Letizia Battaglia fino all’attentato che, in qualche maniera, satura la sua capacità di sopportazione: l’assassinio del giudice Giovanni Falcone (1992).

Senso di stanchezza e di delusione che la spinge a trasferirsi, per due anni, a Parigi, e sospendere l’attività espositiva fino al 2011. Mentre, nella seconda sala, insieme a degli scatti realizzati a New York, in Unione Sovietica e a Madrid, sono raccolte fotografie che mostrano un altro aspetto della fotografa e, al contempo, raccontano un’epoca conclusa, con la sensibilità della Battaglia nel fissare quei dettagli della quotidianità fatta di piccole cose, di piccoli momenti che, attraverso il suo sguardo, divengono eterni frammenti di vita vissuta da gente comune (come il bambino che urina in un secchio o la contestazione di un padre che chiede sussidi per il figlio disabile), cogliendo lacerti di bellezza e delicatezza.

Così, le due sale, mostrano e descrivono le due facce della stessa città, la complessità della vita a Palermo. Anche i retri delle stampe stesse raccontano ulteriori aneddoti e storie, perché riportano timbri dell’autrice e delle agenzie che le distribuivano alle testate giornalistiche, note, didascalie e appunti vergati dalla stessa Letizia Battaglia.

Un’attività che da quarant’anni porta avanti con la sua Leika M2 e durante la quale non si è mai preoccupata in particolar modo della tecnica perché, quello che per lei conta, è la ricerca degli “sguardi”.

  • Letizia Battaglia | Vintage Prints
  • Galleria del Cembalo – Palazzo Borghese – largo della Fontanella di Borghese 19 – Roma
  • Ingresso Libero -Orari: da mercoledì a venerdì dalle ore 15.30 alle ore 19.00
  • Info: t. +39 06 83796619 – info@galleriadelcembalo.itwww.galleriadelcembalo.it
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Daniela Trincia nasce e vive a Roma. Dopo gli studi in storia dell’arte medievale si lascia conquistare dall’arte contemporanea. Cura mostre e collabora con alcune gallerie d’arte. Scrive, online e offline, su delle riviste di arte contemporanea e, dal 2011, collabora con "art a part of cult(ure)". Ama raccontare le periferie romane in bianco e nero, preferibilmente in 35mm.

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