Sabine Weiss e l’emozione della fotografia

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Sabine Weiss e l'emozione della fotografia

Sabine Weiss nacque Sabine Weber in Svizzera nel 1924. All’età di otto anni, con i suoi risparmi, riuscì ad acquistare la sua prima macchina fotografica in bachelite. Dieci anni dopo, a Ginevra, iniziò il suo apprendistato presso lo studio di Frédéric Boissonnas, grazie al quale, nel 1945, riuscì a conseguire la qualifica svizzera in fotografia.

Nello stesso anno pubblicò il suo primo reportage. Sabine Weiss si trasferì quindi a Parigi, dove diventò l’assistente del fotografo tedesco specializzato in moda e ritratti Willy Maywald.

Nel 1950 sposò il pittore americano Hugh Weiss, e insieme adottarono una bambina.

Fu allora che aprì il suo studio di fotografia e, grazie alla raccomandazione di Robert Doisneau, entrò a far parte della celebre agenzia Rapho.

Da allora i suoi scatti furono pubblicati sulle maggiori testate internazionali come “Vogue”, “Newsweek”, “Picture Post”, “Paris Match”, “Le Ore”, “The New York Times” e “Life”.

Sabine Weiss partecipò alla mostra Post War European Photography, allestita nel 1953 al MOMA di New York. L’anno successivo all’Art Institute di Chicago si tenne la sua prima mostra personale, che divenne itinerante.

Nel 1955 espose di nuovo al MOMA per la storica mostra antologica curata da Edward Steichen “The Family of Man”.

Nella sua carriera lavorò per la produzione di immagini per le grandi case di moda e per le riviste del settore, oltre che per la pubblicità. Ritrasse, inoltre, le grandi personalità della sua epoca. Innumerevoli sono stati gli artisti, musicisti e attori che hanno posato per il suo obiettivo.

Insieme a Jean Dieuzaide, Guy le Querrec e a Pierre Bourdieu, condusse uno studio basato sull’osservazione di una piccola città vicino a Nizza chiamata Carros-le-Neuf. Il progetto venne presentato nel 1984 al festival Rencontres d’Arles con il titolo “Urbain, Trop Urbain?”.

Un anno dopo la Weiss avviò un altro studio, questa volta sui Copti d’Egitto, condotto grazie a una borsa di studio dal Ministero francese degli Affari Culturali.

Sabine Weiss si spense a Parigi nel 2021 all’età di novantasette anni, mentre stava preparando la  grande mostra che oggi si può ammirare alla Casa dei Tre Oci di Venezia.

L’opera di Sabine Weiss

Sabine Weiss si dedicò a lungo alla fotografia di strada, facendosi testimone di molteplici aspetti della condizione umana dell’epoca. Attraverso gli scatti rubati ai passanti nelle strade di Parigi – focalizzando la sua attenzione soprattutto sugli anziani e sui bambini – riuscì a trasmettere una sfaccettata rosa di emozioni suscitate dai gesti e dalle azioni dei suoi modelli.

La fotografa ha più volte sottolineato il bisogno di denunciare le ingiustizie attraverso le sue foto.

Fu, insieme a Robert Doisneau, Willy Ronis, Édouard Boubat e Izis, una delle massime esponenti della fotografia umanista.

Viaggiò molto, soprattutto negli Stati Uniti, Egitto, India, Marocco e Myanmar, dove realizzò interessanti reportage.

Pubblicò numerosi libri, tra cui “100 foto di Sabine Weiss per la libertà di stampa”, di Reporter senza frontiere.

Nel 2017, Sabine Weiss donò il suo intero archivio al Musée de l’Elysée di Losanna.

Per tutta la vita coltivò un vivace circolo di amicizie, composto soprattutto da artisti.

“La poesia dell’istante” 

Con più di duecento fotografie esposte, la mostra La poesia dell’istante (fino al 23 ottobre 2022 alla Casa dei Tre Oci di Venezia) offre un inedito sguardo sul vasto lavoro di Sabine Weiss. Si tratta, infatti, della più ampia retrospettiva mai realizzata sull’opera della fotografa.

L’esposizione è stata curata da Virginie Chardin, promossa dalla Fondazione di Venezia, realizzata da Marsilio Arte, in collaborazione con Berggruen Institute, prodotta dallo studio Sabine Weiss di Parigi e da Laure Delloye-Augustins, con il sostegno di Jeu de Paume e del Festival internazionale Les Rencontres de la Photographie d’Arles.

Il catalogo della mostra è stato pubblicato da Marsilio Arte e contiene i testi di Virginie Chardin, oltre che di Denis Curti, direttore artistico della Casa dei Tre Oci.

La mostra si articola sui tre piani della storica dimora costruita nel 1913 dall’artista Mario De Maria (Marius Pictor), diventata nel 2012 uno spazio espositivo aperto al pubblico, in cui vengono allestite interessanti mostre, soprattutto fotografiche.

I diversi colori delle pareti scandiscono la suddivisione delle fotografie in tematiche strutturate, che molto spesso non tengono conto della successione temporale degli scatti.

“Perché sia potente, una fotografia deve parlarci di un aspetto della condizione umana, deve farci sentire l’emozione che il fotografo ha provato di fronte al soggetto” – Sabine Weiss

Nella prima parte della mostra sono esposte le fotografie degli esordi di Sabine Weiss. Le tematiche trattate in queste immagini sono quelle che, durante la sua lunga carriera, le saranno più care: le persone fragili, l’infanzia e le atmosfere notturne della strada.

In queste sezioni si possono ammirare i pittoreschi scorci francesi di Digione e Parigi, oltre che gli scatti intrisi di una forte carica emozionale dei bambini che Sabine Weiss usava ritrarre per la strada, soprattutto nel quartiere Porte de Saint-Cloud.

Particolarmente toccanti e cariche di tenerezza sono le immagini realizzate nel cimitero dei cani di Asnières, dove una coppia di anziani viene raffigurata mentre provvede alla sepoltura di un animale.

Nella stessa sezione sono esposti gli inediti scatti realizzati, tra il 1951 e il 1952, presso la comunità familiare per alienate di Dun-sur-Auron. Le dodici fotografie a taglio verticale esposte rappresentano la malattia mentale con rispetto e delicatezza. Sabine Weiss è riuscita nel difficile intento di conferire a queste donne fragili una dignità ormai perduta. 

“Mi piace fotografare i bambini e gli anziani. Le loro maschere cadono più facilmente, capisco prima la loro realtà” – Sabine Weiss

 Le pareti dell’ultima sala del piano terra, dipinte di uno acceso rosso ciclamino, allertano l’occhio del visitatore del cambiamento della tematica delle foto esposte. Questa sezione, infatti, racconta un aspetto privato e sentimentale della vita della Weiss, e cioè il legame con il suo grande amore: il pittore statunitense Hugh Weiss. Gli scatti della coppia, le riproduzioni dei documenti dell’epoca e gli album di stampe a contatto degli ambienti della loro casa-studio, raccontano i primi anni insieme di Hugh e Sabine, oltre che il loro viaggio in autostop nell’estate del 1950.

Dal secondo piano in poi assistiamo all’ascesa professionale di Sabine Weiss nel mondo della fotografia.

Sono gli scatti eseguiti a partire dal 1952, anno in cui la fotografa entra a far parte dell’agenzia Rapho e inizia ad essere pubblicata nei più famosi giornali internazionali.

Una corposa raccolta di fotografie dalla Svezia alla Spagna, dalla Russia all’India, ci trasporta in un viaggio intorno al mondo, che la Weiss racconta attraverso lo sviluppo delle sue tematiche favorite.

Sono questi ritratti di luoghi e persone semplici, di vecchi e di bambini, di gitani e clochard, che raccontano un’intera epoca, nei frangenti rubati ai loro attimi di quotidianità, alle feste da ballo, ai giochi e ai baci rubati.

“Sono consumata dalla curiosità: vorrei entrare in ogni casa, scoprire la vita degli altri” – Sabine Weiss

Particolarmente corposa è la raccolta di immagini che raccontano in maniera fresca e spontanea le grandi personalità del mondo dell’arte, del cinema, della musica e della letteratura, come Robert Rauschenberg, Léger, André Breton, Niki de Saint Phalle, Alberto Giacometti, Romy Schneider, Brigitte Bardot, Simone Signoret, Ella Fitzgerald, Igor Stravinsky, Benjamin Britten, Pau Casals, e Françoise Sagan.

Le fotografie di Sabine Weiss si tingono di tinte vivaci nella sezione della mostra che racconta il suo grande lavoro nel mondo della moda per stilisti famosi, come Dior e Yves Saint Laurent, oltre che la collaborazione con Vogue, per cui la Weiss realizzò alcuni indimenticabili servizi. Accanto ad alcuni numeri originali della rivista, possiamo ammirare una selezione dei suoi scatti più iconici, da cui traspare un ideale femminile raffinato ed elegante, ma anche ironico.

“Il fotografo è legato al momento, e quel l’attimo fugace è meraviglioso che deve essere catturato nella composizione” – Sabine Weiss

La successiva parte dell’esposizione raccoglie le immagini relative al soggiorno compiuto a negli Stati Uniti nel 1955, insieme al marito. Gli scatti, realizzati ad Harlem, a Chinatown e nel Bronx, raccontano New York con uno spiccato senso dell’umorismo e uno sguardo pungente. Le fotografie vengono pubblicate dal New York Times nel reportage A Parisienne’s Washington.

Ritornano ancora le immagini realizzate in varie parti del mondo – questa volta Portogallo, India, Birmania, Bulgaria, Polonia ed Egitto – che rappresentano un vero e proprio diario di viaggio visivo.

A completare il percorso nella poetica di Sabine Weiss, è presente anche una corposa raccolta di materiali, formata da libri, giornali e pubblicazioni d’epoca.

Inoltre, è possibile visionare un montaggio di una serie di filmati in cui è la stessa Sabine Weiss a raccontare i dettagli e le difficoltà del suo articolato lavoro e del suo rapporto in generale con il mondo della fotografia, da cui emergono la curiosità e l’ampiezza di vedute di questa grande donna e straordinaria fotografa.

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Vive a Venezia, dove ha conseguito il diploma di laurea in pittura presso l’Accademia di Belle Arti con la tesi "Quod Corpus? – breve percorso nelle mutazioni anatomiche", che analizza il cambiamento della percezione del corpo umano nella storia dell’arte. Per molti anni si è occupata di pittura, con particolare attenzione allo studio del ritratto. Oggi scrive prediligendo tematiche legate al mondo dell'arte. Cura il blog "Storie di artiste straordinarie" dedicato alle pittrici e alle scultrici dimenticate dalla storia. Ha pubblicato i romanzi “La governante di madame de Lempicka” (2021), che narra la vita e la carriera della pittrice Art Decò Tamara de Lempicka, e Juana Romani' (2023), dedicato a Carolina Carlesimo, pittrice italiana famosa a Parigi durante la Belle Époque.

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