Ancora due o tre cose sull’Arte Fiera di Bologna 2022

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Ed ecco che anche Arte Fiera dopo due anni di stop forzato riapre al pubblico con la sua 45a edizione. La prestigiosa fiera dell’arte organizzata da BolognaFiere nel Quartiere fieristico di Bologna ha riaperto le proprie porte al pubblico, anche se con qualche mese di ritardo dovuto ad ulteriori rinvii causati dalla pandemia di covid19, che ha condizionato fortemente le nostre vite e reso molto complicato l’organizzazione di eventi che richiamano numeri importanti di visitatori.
Arte Fiera 2022 è la terza guidata dalla direzione artistica di Simone Menegoi (che la cura dal 2018): un’edizione sicuramente difficile ma che segna la ripartenza di un settore quello dell’arte, che ha sempre identificato in Arte Fiera un appuntamento storico fondamentale sia come punto d’incontro per gli operatori e il pubblico dell’arte, sia come occasione di vendita.

L’adesione da parte dei più importanti galleristi italiani è stata pressoché unanime con la presenza di 142 gallerie.

Ha dichiarato Simone Menegoi:

“Arte Fiera si ripresenta a testa alta, con una selezione di gallerie senza cedimenti qualitativi, e che si arricchisce anzi di alcune interessanti new entry; con allestimenti rinnovati; con un percorso di visita più razionale ed efficiente. Anche il riscontro da parte del pubblico non è mancato e sono stati infatti ben venticinquemila i visitatori.”

Sicuramente vi è stata una flessione ma riconducibile probabilmente alla scelta forzata del periodo, che ha avuto di contro un forte caldo inaspettato anche per maggio e che ha invogliato molti a gite fuori porta, per lo più all’aria aperta.

Tornando alla consueta edizione di fine gennaio è molto probabile che Arte Fiera sia destinata a ritornare ai grandi numeri del passato se non addirittura a superarli, confermandosi la manifestazione di riferimento per le gallerie italiane e per l’arte italiana del XX e XXI secolo, oltre che la più longeva fiera d’arte italiana (è stata fondata nel 1974).

L’evoluzione avviata già da diversi anni la colloca tra gli appuntamenti più attesi, non solo per la ristretta nicchia dei collezionisti d’arte, ma soprattutto per il vasto pubblico che essa raggiunge attraverso i numerosi eventi e le collaborazioni che coinvolgono oramai la città di Bologna nelle sue principali istituzioni culturali.

Da segnalare è anche la partecipazione dell’Accademia di Belle Arti di Bologna per la prima volta con un proprio spazio all’interno della fiera, destinato all’esposizione di opere prodotte da alcuni dei suoi studenti, un ulteriore segnale dello spirito di ripresa che alleggiava all’interno dei padiglioni, manifestato dal desiderio di potersi ritrovare e incontrare di nuovo finalmente in presenza.

Le indicazioni curatoriali volte a favorire quanto più possibile la poetica dei singoli autori a spinto anche quest’anno le gallerie a presentare un numero limitato di artisti se non addirittura a vere e proprie esposizioni personali, che hanno riguardato circa un quarto del totale degli espositori, tanto per gli artisti storici quanto per i contemporanei e le ultime generazioni.

Tre sono state invece le sezioni curate e su invito messe a punto per approfondire altrettanti ambiti importanti per l’identità della fiera: l’arte moderna e del dopoguerra storicizzato, con la sezione denominata Focus, la pittura del nuovo millennio intitolata Pittura XXI, ed infine la fotografia e il video con un’apposita sezione denominata Fotografia e immagini in movimento.

La sezione Focus è stata curata quest’anno dello storico dell’arte, critico e curatore Marco Meneguzzo e ha avuto per oggetto l’arte esatta del periodo tra la fine degli anni Cinquanta e anni Settanta, con particolare attenzione alla scena italiana.

Il critico e curatore indipendente Davide Ferri ha curato Pittura XXI, che giunta alla sua seconda edizione, è una proposta inedita per le fiere, non solo in Italia: si concentra specificatamente sulla pittura del nuovo millennio, italiana e internazionale, spaziando dai talenti emergenti agli artisti mid-career. Una rassegna che riscuote grande interesse proprio perché analizza il medium artistico più tradizionale, che ormai da diversi anni è tornato al centro dell’attenzione della critica e del mercato.

Curata dal collettivo Fantom, la rassegna foto e video ha evidenziato tutte quelle commistioni che il digitale produce e manifesta nella produzione artistica, anche attraverso l’utilizzo performativo del mezzo fotografico, come nel caso dell’artista Virginia Zanetti. Presenti anche le opere due grandi maestri della fotografia italiana come Olivo Barbieri rappresentato dalla galleria Guidi & Schoen e Paola De Pietri con la galleria Peola Simondi.

In esposizione alcuni rari scatti realizzati durante lo sbarco sulla Luna e provenienti dagli archivi della Nasa. A questa sezione hanno partecipato ben ventotto artisti e quattordici gallerie, cinque delle quali con proposte monografiche.

Quattro sono stati i progetti performativi messi in atto dal programma Oplà – Performing Activities, curati da Silvia Fanti, curatrice e programmatrice nell’area delle performing arts.

Di forte impatto sono state le azioni di Jacopo Benassi, artista noto per la crudezza del suo linguaggio, ha proposto una performance intitolata Unisex. Un intervento inatteso che si è svolto nelle toilette dell’area Infopoint della fiera. Di tono diverso ma di grande poesia l’intervento dell’artista eritrea Muna Mussie, che mediante la pratica del cucito, ricamava su l’abbigliamento di quanti lo desiderassero una frase che descriveva il loro peggior difetto.

Il collettivo Invernomuto (Simone Bertuzzi e Simone Trabucchi), ha presentato Vernascacadabra, una performance immateriale e radiofonica trasmessa dal sistema di amplificazione della fiera. Curioso e coinvolgente il progetto pensato e realizzato dall’artista visivo Luca Trevisani, attivo tra l’Italia e la Germania, dal titolo Ai piedi del pane.

Si è trattato di un inedito crocevia tra l’attività performativa e la scultura: scarpe con suole di pane da indossare e bassorilievi da portare a spasso per gli spazi di Arte Fiera. Un gesto di archeologia culturale che sfida con ironia le nostre gerarchie di valori materiali.

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Tobia Donà (Adria 1971), è architetto, si è laureato a Venezia, sua città d’adozione.
Fin da giovanissimo si occupa di architettura, arte e fotografia, passioni per che gli ha trasmesso il padre scenografo. Tutta la sua formazione verte sulla fusione di questo trinomio, attraverso il quale egli approccia ai suoi progetti. Attualmente è docente a contratto presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna e Scenica, scuola di scenografia del melodramma di Cesena, dove insegna “teoria e pratica del disegno prospettico”. Pubblica i suoi scritti sui temi dell’arte e dell’architettura su diverse riviste, locali e nazionali, e saltuariamente sui quotidiani, oltre che diffonderli nel web. In questi anni, tra università, impegni professionali e stage di approfondimento ha avuto modo di collaborare e studiare con importanti personalità della cultura quali: Italo Zannier, Lucien Clergue, Franco Fontana, Enzo Siviero, Peter Shire, Aldo Rossi e Gino Valle. Ultimamente sta portando avanti progetti culturali che mettono in relazione, arte, industria e territorio.

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