The Show You All Know. Alessandra Franco

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Allestimento Alessandra Franco

L’espressione fenomeno da baraccone, si usa per indicare qualcosa di strano, eccentrico, particolare, in grado di attirare l’attenzione, in senso negativo o, più raramente, positivo. E’ una affermazione che si ispira da un punto di vista contenutistico ai Freak Show e si riferisce all’esibizione di persone o animali con aspetto insolito o anomalo, quali ad esempio l’altezza, la presenza di malattie o di rare malformazioni fisiche, al fine di impressionare gli spettatori e attirare i visitatori alle fiere.

Famosissimi sono i freak show di Coney Island a New York, tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900, di cui si ricordano i leggendari Ringling Bros. e il Barnum & Bailey Circus. Questi spettacoli sono stati oggetto di interesse per artisti, registi cinematografici, autori teatrali e fotografi. Ne è un esempio il film Freaks del 1932, diretto da Tod Browning (1880-1962): ambientato nel mondo del circo, è considerato uno dei più grandi cult movie di sempre, nonché un classico del genere macabro.

Nella serie I segreti di Twin Peaks (1990), di David Lynch (1946), nani e giganti coesistevano e spesso erano contrapposti nello sviluppo della narrazione. Federico Fellini (1920-1993) nel suo film Satyricon (1969), si ispirò al mondo circense introducendo delle donne sovrappeso. Ed è recente la serie American Horror Story Freak Show (2011), l’ultima stagione dell’antologia horror del regista Ryan Murphy (1965) ambientata nel mondo dei baracconi, dei carnival scalcinati che furono i cabaret proletari dell’America di epoca dust bowl e topoi ricorrenti di una poetica noir e horror, dai pulp dello scrittore Jim Thompson (1906-1977) alle ballate di Tom Waits (1949).

Ad attirare l’attenzione del pubblico verso questi spettacoli erano le campagne di comunicazione che si basavano sul volantinaggio e sui manifesti pubblicitari, stilisticamente simili alle locandine degli eventi della Bella Epoque parigina di fine Ottocento. Riconosciuti a pieno titolo come arte grafica, sono stati oggetto di riflessione e di rielaborazione artistica, basti pensare ai dècollage, in chiave Pop Art, della serie Circo Orfei, dell’artista Mimmo Rotella (1918-2006).

Arrivando ai giorni nostri, questa modalità di rappresentazione è stato motivo di interesse da parte di Alessandra Franco (1974), artista poliedrica, il cui obiettivo verte sulla formalizzazione delle emozioni che vanno dalla scultura alla pittura e soprattutto alla video arte.

Il suo percorso formativo attraversa l’Archeologia, l’Art Direction e la Visual Art, ed ha avuto diverse collaborazioni con le più importanti istituzioni del mondo dell’Arte, della musica, del teatro e della comunicazione creativa. Una sintesi della sua produzione artistica è visibile nella mostra personale dal titolo The Show You All Know, allestita nelle sale della Andrea Nuovo Home Gallery a Napoli, fino al 23 gennaio 2023.

Il progetto espositivo è composto da più di 20 opere, in cui il visitatore avvolto nella multiforme e dinamica produzione NeoPop dell’artista a partire dal medium tecnologico più recente, rievoca storie, simboli e leggende appartenuti al mondo classico e moderno che, per senso di appartenenza tra epoca e territorio, incontrano il presente in un’atmosfera a tratti magica e onirica proprio o quasi di un Luna Park.

Come i freak show di Coney Island a New York, tra Ottocento e Novecento, in cui i fenomeni da baraccone (persone o animali dall’aspetto a dir poco insolito per i canoni di allora) si esibivano per attirare il pubblico alle fiere mettendo a nudo la propria essenza, così la personale dell’artista invita il visitatore a rapportarsi liberamente con l’opera di turno con slogan, installazioni e proiezioni sulla propria dimensione interiore e riflettere sulle numerose possibilità che offre la vita.

Ad accogliere i visitatori sono una serie di dipinti ispirati alle locandine dei freak show caratterizzati da colori sgargianti e da un linguaggio comunicativo moderno, su cui in primo piano è fissata la data relativa alla programmazione dell’evento, il giorno e il mese, ma non l’anno, volontariamente omesso per far sì che l’osservatore non abbia riferimenti temporali sullo spettacolo (della vita) già passato o che ancora deve accadere. Si assiste ad una narrazione continua e fluida che, se da un lato restituisce nell’immaginario collettivo divertimento e ludicità, dall’altro, nasconde un significato ben più profondo che tende ad alterare la percezione visiva ed emozionale.

In NFT Hourse, un cavalluccio di una giostra tipica dei Luna Park emerge in primo proiettando lo spettatore verso una dimensione fantastica. A ribaltare questa visione sono una serie di coordinate spazio-temporali (luoghi geografici e datazione) che rielaborano la lettura dell’opera.

L’artista riporta sulla Terra il pubblico attraverso riferimenti criptici che ipoteticamente hanno caratterizzato la sua storia personale o quella di ognuno di noi. Parole come Gatwick, identificata come l’aeroporto londinese, o la dicitura Circus Love, ricorrente in quasi tutte le tele, insieme alla data del volo, lasciano presagire a dei cambiamenti esistenziali. E’ un lavoro di esegesi che proiettano i suoi dipinti dal figurativo al concettuale, ascrivibili alla corrente Simbolista di fine Ottocento.

Della stessa caratura è l’altra opera intitolata Sky Parade, incentrata sempre sul tema dell’amore, con ripetute frasi riferite ad esso in accezione positiva o negativa, e al volo, con tre aerei che solcano il cielo in direzioni diverse, come i destini delle persone.

L’aspetto ludico dei Freak Show è evidenziato non solo nei singoli dipinti, ma anche con alcuni oggetti che rimandano all’infanzia: ne è un esempio la giostra a gettone su cui l’artista interviene inserendo alcune parole legate al passato di ognuno di noi, come Smile child always (Sorridi sempre bambino) o Run with your dreams (Corri con i tuoi sogni).

Della stessa impostazione, ma con esiti diversi è il distributore automatico di palline, che se da un lato ci riporta indietro nel tempo, al mondo della giovinezza e all’effetto sorpresa, dall’altro, una serie di slogan provocatori su di esso restituiscono una narrazione polemica e tendenziosa, dove la dicitura Lies until last ball (Bugie fino all’ultima palla) rende chiaro il concetto.

Prima di salire verso il piano superiore della mostra attira l’attenzione del pubblico la tela che raffigura uno dei due lati dell’Orologio di Sant’Eligio Maggiore, la chiesa gotica più antica di Napoli, seminascosta tra i vicoli del corso Umberto ed il porto e costruita nel 1270.

L’artista riproduce l’orologio con un’unica lancetta. Esiste una leggenda nata intorno al Cinquecento e tramandata fino a noi da Benedetto Croce (1866-1952). Si racconta che il duca Antonello Caracciolo, nobiluomo senza scrupoli, si invaghì di una giovane vergine di famiglia modesta. Non contraccambiando, la ragazza cercò di eludere le proposte del duca che, vistosi rifiutato, decise di incarcerare suo padre e di ricattarla tenendolo prigioniero finché lei non avesse accettato di concedergli la sua virtù.

Per la salvezza del padre, la fanciulla cedette. L’uomo venne effettivamente liberato e per vendicarsi chiese giustizia a Isabella di Castiglia (1470-1498), figlia di Ferdinando II di Aragona (1452-1516), che convinse il padre a punire severamente Caracciolo. Il duca fu costretto dal re a sposare la giovane che aveva ricattato e, a nozze concluse, lo fece decapitare di modo che la ragazza ereditasse tutti i suoi averi.

Secondo la leggenda le teste scolpite sulla cornice dell’orologio sarebbero di Antonello Caracciolo e della fanciulla che gli costò la vita. Partendo da questa storia, la Franco riproduce l’orologio inserendo una serie di slogan in diverse lingue: No Blackmail (Nessun ricatto) in lingua inglese; Isabella d’Aragona, Fiera e orgogliosa in italiano e Imparata di Creanza (Andare a lezione di buone maniere) in dialetto napoletano.

Sono affermazioni che ci riportano all’attualità, ad una società moderna che si trova a far fronte alle stesse problematiche di tanti secoli fa, della mancanza di rispetto verso la donna, sia all’interno del proprio nucleo familiare, sia nella società, e che accomuna tutti i popoli, sia dell’Occidente e sia dell’Oriente.

Al piano superiore continua il percorso espositivo con una serie di opere di notevoli dimensioni, alcuni con riferimenti al paesaggio napoletano, a cui si alternano sculture e installazioni. Al centro della prima sala sono collocati dei cubi tridimensionali posizionati in maniera disordinata.

Su ogni singola faccia vi sono dei frammenti di parole che se assemblate, restituiscono una narrazione unitaria del puzzle. Volontariamente scomposti, l’obiettivo è di lasciar interpretare in base alla propria sensibilità il contenuto della installazione osservandola dai diversi punti della galleria.

Nell’angolo della sala è collocata la scultura Venus lapilla, questo manufatto mostra l’eclettica formazione culturale della Franco che attinge alla conoscenza dell’Archeologia Classica. E’ caratterizzata da forme contemporanee e presenta delle similitudini stilistiche con le opere di Salvador Dalì (1904-1989). La Venere, considerata dea della bellezza, dell’amore e della fecondità, si mostra a braccia aperte, nell’atto di diffondere la propria energia nello spazio e si collega al dipinto che la ritrae da protagonista, in cui emerge dalla lava del Vesuvio.

Altro riferimento al paesaggio partenopeo è la tela che raffigura la Casina Vanvitelliana di Bacoli (Na), in cui si nota in primo piano il Pino di Napoli (Pinus Pinea), elemento ricorrente in molte sue opere: è l’albero che adornava gran parte delle cartoline turistiche con la veduta panoramica della città e del golfo vista dalla zona di Posillipo, luogo in cui vive attualmente l’artista.

Si varcano i confini nazionali e si torna di nuovo a Londra attraverso il dipinto, Forever’s Gone, collocato proprio di fronte a quello napoletano. La scena raffigura la famosissima piazza di Piccadilly Circus caratterizzata da singoli edifici su cui campeggiano scritte “pubblicitarie” subdole.

Parole come Amore, Love e lo slogan Its time to go new life awaits you, oltre ad essere sentimenti e termini impiegati assiduamente nelle campagne di comunicazione, inducono ad una riflessione sulla loro reale percezione. La presenza della statua di Eros al centro della piazza, realizzata nell’atto di allontanarsi dal luogo crea un cortocircuito visivo: si assiste ad una fine di una storia d’amore in cui sono visibili le conseguenze, la data e il luogo.

Ciò che ognuno di noi vorrebbe gridare a gran voce ai quattro venti, trovano una corrispondenza visiva nelle immagini della Franco. Ne è un esempio Last knife, dipinto impattante, soprattutto per il lancio dei coltelli verso il bersaglio (attrazione onnipresente nei circhi), dove l’obiettivo non è di creare suspance lanciandoli verso la classica figura femminile dalle forme avvenenti, ma verso un cuore che, in questo caso, è trafitto dalle lame dell’utensile. Questa composizione restituisce una narrazione drammatica dell’evento. Della stessa caratura è The tamed wild heart, una tela in cui si vede un cuore ingabbiato all’interno di un carrozzone che si allontana dall’osservatore.

A conclusione del percorso espositivo, nell’ultima sala, una installazione video rievoca per funzionalità il famoso mago Zoltar, pupazzo animatronic, personaggio molto conosciuto negli ambienti dei Luna Park. Era un veggente che prediceva il futuro ed esaudiva i desideri dei visitatori.

Nell’opera dell’artista napoletana, invece, oltre ad essere virtuale, predice il presente e il futuro, e le frasi che campeggiano sulla sua superficie hanno un altro valore: sono più un monito che una profezia.

Ciò che emerge dalla creatività dell’artista in questa mostra è l’effetto Barnum, dal nome di Phineas Taylor Barnum, noto soprattutto come effetto Forer, e cioè la tendenza dell’individuo di credere che una descrizione, un oroscopo, un profilo psicologico, e così via, siano ritagliati perfettamente su misura anche quando essi sono formulati in termini molto generici.

L’approccio della Franco è di natura filosofica e attinge a Platone (428 a.C.- 348 a.C.) e alle sue idee sul gioco, che ribadiva dell’unione inscindibile fra il serio e il ludico, attribuendone un fondamentale ruolo propedeutico, che ancora oggi è ampiamente riconosciuto, e alla sua importanza per l’esistenza stessa dell’uomo.

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Luca Del Core, vive e lavora a Napoli. E' laureato in "Cultura e Amministrazione dei Beni Culturali" presso l'Università degli Studi "Federico II" di Napoli. Giornalista freelance, ha scritto per alcune riviste di settore, per alcune delle quali è ancora redattore, e attualmente collabora con art a part of cult(ure). La predisposizione ai viaggi, lo porta alla ricerca e alla esplorazione delle più importanti istituzioni culturali nazionali ed internazionali, pubbliche e private.

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