Tanja Nis-Hansen con Freaky Weather a Napoli

immagine per Tanja Nis Hansen

Le parole e le immagini nascono entrambe dal gesto fluttuante della mano: scorrendo su una superficie lascia dei segni, che sono una traccia tangibile di una idea. La scrittura è il desiderio di registrazione e necessità di memoria. Il linguaggio ha un’energia che si sprigiona in molte direzioni, le lettere oltre ad avere un senso e un suono legato alle convenzioni linguistiche, sono anche segni tracciati sul foglio o su una tela e sono leggibili anche come immagini. Inserire delle parole in un’opera d’arte ha qualcosa di magico.

Sono innumerevoli nella Storia dell’Arte gli esempi di contaminazione fra immagini e parole. Nel dipinto La Trahison des images (Ceci n’est pas une pipe) di René Magritte (1898-1967), l’artista mise in evidenza una operazione semiotica, rappresentando insieme l’immagine e il nome dello stesso oggetto. La struttura della composizione ricorda un gioco enigmistico, come il rebus, pubblicato all’interno delle riviste cartacee del tempo. È palese la riflessione linguistica di Magritte che nelle sue opere creava trappole visive con rappresentazioni che negano l’evidenza.

Celebri sono gli arazzi di Alighiero Boetti (1940-1994), realizzati in diversi formati, suddivisi in griglie in cui venivano inserite frasi e motti inventati dallo stesso artista. Attraverso delle parole apparentemente semplici, ma di natura discordante, egli rifletteva sugli aspetti di carattere politico, sociale, culturale e linguistico, invitando a sua volta lo spettatore a interrogarsi e fruire attivamente delle opere, senza subirle in modo passivo e disinteressato. In un continuo gioco di doppio speculare fatto di destro e sinistro, di alto e basso, di parole e immagini, poneva l’attenzione sulla duplicità della natura umana e della società, tra coerenza e contraddizione.

Un esempio attuale in cui si mette in discussione la relazione tra pittura e scrittura, dove si affrontano anche gli aspetti psicologici legati alla risposta dell’uomo che si trova in un ambiente, interno ed esterno, e di disagio, è quello proposto nella mostra personale dal titolo Freaky Weather, dell’artista danese Tanja Nis-Hansen (1988), allestita nelle sale della Galleria Solito, la S2 (Spazio Nea), in Via Costantinopoli 53 – Piazza Bellini 59, a Napoli, curata da Vincent Vanden Bogaard, fino al 26 gennaio 2024.

Tanja Nis-Hansen (1988) ha studiato a Copenaghen e Vienna prima di conseguire la laurea in Belle Arti nel 2016 e il Master nel 2018 presso l’Accademia di Belle Arti di Amburgo, in Germania. Testo, pittura e performance sono gli strumenti che caratterizzano la sua creatività, dove utilizza come soggetto la presenza del corpo, ansioso, in attesa, a riposo, malato o non funzionante.

Le sue opere semi-autobiografiche esplorano motivi ricorrenti come sale d’attesa, scale a chiocciola, momenti di riposo e testimonianze, invitano lo spettatore a riflettere sulle condizioni del lavoro femminile, la stanchezza, la malattia, la cura del corpo, l’eredità culturale e l’ambiente. Stilisticamente eterogenee, si percepisce una costante curiosità per la storia della pittura e per il mondo che la circonda.

L’artista mostra una fascinazione per il teatro e la scenografia, un interesse che emerge non solo attraverso la logica interna dello spazio rappresentato sulla tela, ma anche mediante la modalità di rappresentazione “teatrale”.

Tali riflessioni sono visibili all’interno della mostra personale, in cui una serie di opere inedite dialogano con alcuni suoi lavori precedenti. Attraverso una scenografia radicale e specifica, accentuata da un wall painting testuale che riporta i messaggi criptici Big Burp e Creeping Ulcer, l’artista suggerisce innanzitutto una duplice lettura: il carattere nero della frase, nella sua forma vorticosa, ma anche predominante e forte per le sue dimensioni e il suo colore, è allo stesso tempo informale e divertente.

Ogni parola ha un ritmo diverso: uno rapido, l’altro lento. Accostando i due messaggi, che si riferiscono alle condizioni del corpo, evidenzia i diversi livelli di urgenza con cui affrontiamo una crisi.

Ad accogliere i visitatori è il dipinto Deoxyribonucleic Acid Trip 5, su cui è riprodotta una scala a chiocciola che simbolicamente funge anche da sequenza del DNA e al centro di questa spirale vi è raffigurato un occhio.

L’intento è di restituire una immagine ibrida formata da elementi dell’architettura e del corpo umano. Questa “struttura-anatomica” si dissolve in motivi ornamentali in ciascuna delle composizioni. Spesso inserisce nelle sue opere uno sfondo di colori al neon. E’ un processo che si traduce in uno scenario giallo che irradia una leggera tonalità di verde.

L’interesse è rivolto alle immagini di fantascienza, così come per il Surrealismo, e si traduce in una creatura sconosciuta, di cui è difficile conoscere l’entità e l’identità che vive all’interno della sua stessa architettura.

L’opera Words That Nearly Rhyme raffigura un personaggio che cade in un vuoto indefinibile, in cui emergono sfumature di indaco. Nis-Hansen ha già lavorato con la figura che vive in relazione a un’esperienza di pre-morte, come descritta dal geologo Albert Heim (1849-1937) nel 1892, nello studio intitolato Notes on Death Due to Falling.

Qui, utilizza questa immagine allegorica per esplorare i temi dell’ansia e del sollievo. È un dipinto rappresentativo di come lavora spesso con prospettive distorte e una tavolozza di colori eccentrica, spesso per evocare l’assurda sensazione di essere intrappolati in un mondo malato.

Untitled è caratterizzata da colori accesi e dalla frase: By this means they are combined here is labour and there is rest. Qui, si sofferma sull’inevitabile coesistenza tra lavoro e riposo: l’equilibrio tra esaurimento e rigenerazione come condizione necessaria affinché un individuo possa essere efficiente, argomento che è stato affrontato con enfasi dalla storica e filosofa Hannah Arendt (1906-1975).

La sfera privata della rigenerazione, spiega Arendt, deve essere distinta dalla ricerca individuale della felicità materiale in cui il sé è definito dall’avidità e da ciò che si consuma. Questo confine, purtroppo, spesso non è così chiaro, soprattutto nell’odierna società caratterizzata da ritmi sempre più frenetici.

Con un equilibrio tra leggerezza e serietà, il dipinto The performer, del 2022, mostra due occhi al posto delle rotule di due ginocchia. Sono uno slogan che, attraverso la sua dimensione fisica, evoca il dolore, spesso inascoltato, di cui soffre un corpo malato.

L’artista ribalta la percezione delle cose e trasforma una difficoltà apparentemente insignificante e quasi invisibile, in un fenomeno inevitabile e di grande importanza. Allo stesso tempo, indica metaforicamente lo sforzo, spesso travagliato, legato alla cura e alla compassione.

Attraverso la sua produttività artistica, visibile nell’exihibit napoletano, Tanja Nis-Hansen mostra le difficoltà esistenziali e materiali che affrontiamo vivendo in condizioni ipercapitaliste.

Una creatività che trae origine da una osservazione della realtà, che va dalla realizzazione bidimensionale degli oggetti di scena teatrali, alle figure distorte, alla mimica, alle imitazioni esagerate di un pubblico giudicante, all’alieno come figura, all’Art Brut e ai dipinti di letti con malato come quelli di Frida Kahlo (1907-1954) o di Edward Munch (1863-1944).

I suoi personaggi non sono creati con l’intenzione di lasciare una propria personalità o una trama, sono inseriti nella composizione come spettatori, della loro condizione, attori o delegati di emozioni. Come si può descrivere una condizione umana senza riprodurre stereotipi? La risposta a questa domanda avviene nei suoi dipinti attraverso i testi sulla tela o raffigurando un’architettura quasi psichedelica come quella della scala a chiocciola.

Questi nuovi lavori sono un tentativo di astrarre il linguaggio visivo del corpo umano, sono la formulazione di una idea di “fisico” (corpo), al cui interno vive un luogo “fisico” (architettura). C’è l’intenzione di creare queste scene visivamente vibranti sia come rappresentazione di qualcosa di claustrofobico e travolgente, ma anche come una alternativa che offra una sorta di elevazione o di sollievo.

Ritornando al Wall painting in mostra, secondo i principi della semiotica, potremmo affermare che le opere sono tutte lettere di una frase sensata che l’artista conclude sotto forma di lettera d’amore dai sentimenti contrastanti nel dipinto And When I Say “The World” I Mean “My Body” del 2022. Anche se vagamente allegro nel suo aspetto formale, l’opera gioca con un confronto fatale tra l’essere in un corpo infermo e l’essere in un mondo malato.

Tanja Nis-Hansen – Freaky Weather”

  • A cura di Vincent Vanden Bogaard
  • 26 ottobre 2023 – 26 gennaio 2024
  • Solito – Galleria S2 – Via Costantinopoli 53 – Piazza Bellini 59, Napoli
  • Lunedì – domenica > 10.00 – 24.00
  • S1 – 081 304 19 19 | S2 – 081 45 13 58 | S3 – 081 377 86 39
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Luca Del Core, vive e lavora a Napoli. E' laureato in "Cultura e Amministrazione dei Beni Culturali" presso l'Università degli Studi "Federico II" di Napoli. Giornalista freelance, ha scritto per alcune riviste di settore, per alcune delle quali è ancora redattore, e attualmente collabora con art a part of cult(ure). La predisposizione ai viaggi, lo porta alla ricerca e alla esplorazione delle più importanti istituzioni culturali nazionali ed internazionali, pubbliche e private.

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