Luce e Sangue di Nicola Samorì a Napoli e Siracusa

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Quando pensiamo a due termini come Luce e Sangue nella Storia dell’Arte, il pensiero va subito ai quadri di Michelangelo Merisi (1571-1610), detto il Caravaggio, una pittura impastata di colore, in cui il fascio diagonale luminoso taglia la scena e, il sangue, simbolo potente, si identifica con la vita che scorre nel corpo. Si intuisce nelle sue opere il disagio esistenziale insieme alla gioia di vivere, la disperazione alternata alla speranza, l’esuberante carnalità accanto alla spiritualità più elevata, l’abisso del peccato sovrastato dal vertice della redenzione: la luce e le tenebre.

Questa riflessione sulla luce e sul sangue, è stato il punto di partenza per l’artista Nicola Samorì (1977), che in occasione del giorno della terza delle celebrazioni annuali per il Tesoro di San Gennaro, in onore del Santo Patrono e dell’auspicato prodigio della liquefazione del sangue, ha realizzato due opere site specific di grandi dimensioni che si ispirano alla cultura barocca e al caravaggismo, e ai capolavori su rame custoditi nella Cappella e nella Sacrestia del Tesoro di San Gennaro ad opera di Luca Giordano (1634-1705), Jusepe de Ribera (1591-1652), il Domenichino (1581-1641) e Massimo Stanzione (1585-1656): una mostra curata da Demetrio Paparoni, fino al 15 gennaio 2024.

È un lavoro declinato in contemporanea a Napoli e a Siracusa, in Sicilia, nella Chiesa di Santa Lucia alla Badia, per una doppia esposizione nelle due location, simbolo della devozione per San Gennaro e Santa Lucia, figure legate da vicende e sorti simili, ancora oggi amati e vivi nella fede e nella memoria della collettività.

La Deputazione, Organo di Governo della Cappella del Tesoro di San Gennaro ha in custodia le reliquie del santo, col compito di innovarne l’interesse, nel rispetto della tradizione. Il dialogo tra ciò che è stato ed il presente, si manifesta attraverso nuovi eventi che si aprono a confronti moderni su questioni antiche. In questo senso, appare lineare il rapporto tra le tele di Luca Giordano e le opere di Nicola Samorì, in cui gli obiettivi opposti di compiutezza del primo e di voluta incompiutezza del secondo, si riconciliano nelle tecniche e nei materiali, lasciando al pubblico la propria interpretazione.

L’artista Nicola Samorì si è diplomato nel 2004 all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Pittore e scultore, nel suo percorso si evidenzia il tentativo di mettere in pericolo forme derivate dalla storia della cultura occidentale. In esse, l’apertura del corpo rappresentato e della superficie pittorica si mostrano senza soluzione di continuità. Si ha l’impressione che la nascita di una nuova opera comporti sempre il sacrificio di una antica.

I suoi due quadri, Il sangue dei santi, sono collocati all’interno della sacrestia del Duomo di Napoli, in cui sono visibili quattro dipinti di Luca Giordano: Madonna del Bambino (Madonna della Purità), San Zaccaria, Sant’Anna e San Giuseppe.

La Reale Cappella del Tesoro, invece, ospita sei grandi opere su rame dedicati a San Gennaro, di cui cinque realizzati da Domenichino. Morto nel 1641, si suppone per avvelenamento, l’artista emiliano non riuscì a realizzare l’ultimo. A Ribera fu affidato il compito di completare i lavori, con San Gennaro esce illeso dalla fornace.

Nei dipinti per la sacrestia, Samorì ha scelto come fonte iconografica Santa Maria Egiziaca di Ribera del 1641 e San Paolo eremita di Luca Giordano del 1644, soffermandosi sulla rappresentazione della pelle che, come quella umana, non contempla il solo spessore del pigmento che riveste il corpo, ma sembra essere il risultato di una sedimentazione.

Tale stratificazione emerge nel momento in cui la lama di un affilato coltello scortica dal dipinto brandelli di corpo dei due eremiti lasciandoli scivolare verso il basso con la stessa mollezza di un tessuto.

In queste opere, i santi sembrano abbandonare la pelle, ma è proprio questa spoliazione a portare alla luce la regalità delle loro forme attraverso la lucentezza del rame, che per Samorì, rosato o rossastro, ben si presta alla rappresentazione del corpo, alla produzione dei globuli rossi, delle ossa e dei tessuti connettivi. Come nella Santa Maria Egiziaca di Ribera, anche la versione dell’artista romagnolo è raccolta in preghiera, con la differenza che tutto sembra convergere verso il volto spellato e irradiato di luce.

Nel San Paolo, invece, il gesto del santo si apre e fende lo spazio dell’intera scena. La porzione di rame sbucciata è vastissima e simula addirittura una moltiplicazione dei gesti, dove si percepisce la presenza a primo impatto di tre braccia.

Contrazione ed espansione sono le forze che animano le due opere. Da una parte, i vasti brani d’ombra allontanano l’immagine dagli occhi; dall’altra, l’evidenza del metallo si apre davanti a noi.

Samorì utilizza il rame come molti pittori del passato, ne conosce la capacità di adesione dei colori a olio con questo metallo, nonché la lucentezza trasmessa ad ogni immagine, anche quando il supporto è interamente coperto dal pigmento.

Procede con la stesura del colore attraverso una ossidazione controllata del nudo rame ad opera di fegato di zolfo diluito in acqua. In questo modo consente ai suoi soggetti religiosi di incarnare il senso del martirio e della sofferenza. L’intrecciarsi di tecnica e metodo, gli consente di mettere in scena la trasformazione della materia e l’energia sprigionata dai processi di degenerazione e rigenerazione.

Rispetto ad altri dipinti legati a questa stessa tecnica, in queste opere enfatizza la qualità del rame, poiché l’azione dello spellamento mette in evidenza non solo il metallo come supporto, ma anche una brillante superficie dello stesso nel retro della pittura spellata.

È come se il rame venisse piallato e questo accade perché, la base è stata coperta con singole foglie prima della stesura pittorica. Nel momento in cui il bisturi ha sollevato il pigmento, anche la foglia di rame è stata parzialmente asportata aderendo perfettamente alla pittura. Con gesti rapidi e sicuri lascia cadere alcuni frammenti che si incollano al supporto come fossero gocce di sangue.

Muovendo da un modello, spesso un’opera minore dell’arte barocca, Nicola Samorì ridefinisce forma e significato caricandoli di implicazioni che trascendono l’idea di bellezza incarnata dall’arte del passato.

Il suo lavoro giunge al suo compimento seguendo due diverse ricerche che si intrecciano strada facendo, una concettuale e l’altra formale. L’immagine barocca che ne deriva ha tutte le caratteristiche di quel che si suole chiamare “falsoscopo”.

L’artista non guarda con nostalgia all’arte del passato, il suo interesse va oltre, come egli stesso afferma:

Il Barocco è solo una delle stanze esplorate dal mio lavoro. Frequento anche la pittura fiamminga, quella manierista e quella purista. Anche il moderno è entrato con forza nelle mie opere. Alle immagini affidiamo spesso il compito di sopravviverci, ma cosa accade quando siamo noi a sopravvivere alle immagini?

Per me ogni opera è una sintesi del vivere: è fatta di cura e di collera, di adorazione e di ripulsa. E fra la costruzione di una forma solida, senza crepe, e la disintegrazione della stessa, esiste un intervallo che mi attrae più di ogni altra cosa: è la forma esausta, a me piace chiamarla “sfinita”, che si arresta un passo prima della sua stessa sparizione, in una oscillazione fra la forma e l’informe, fra l’essere e il non essere, fra il narrare e il tacere.

Questa agonia nei corpi vivi è insostenibile, mentre nel lavoro a volte tocca uno stato di grazia che mi rimette in ordine”.

Nicola Samorì Luce e sangue

a cura di Demetrio Paparoni

NAPOLI / Museo del Tesoro di San Gennaro

  • Via Duomo 149
  • fino al 15 gennaio 2024
  • Orari museo: tutti i giorni dalle 9.30 alle 18.00
  • Ultimo ingresso 45 minuti prima della chiusura
    www.tesorosangennaro.it

SIRACUSA / Chiesa di Santa Lucia alla Badia

  • Via Santa Lucia alla Badia
  • fino al  7 gennaio 2024
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Luca Del Core, vive e lavora a Napoli. E' laureato in "Cultura e Amministrazione dei Beni Culturali" presso l'Università degli Studi "Federico II" di Napoli. Giornalista freelance, ha scritto per alcune riviste di settore, per alcune delle quali è ancora redattore, e attualmente collabora con art a part of cult(ure). La predisposizione ai viaggi, lo porta alla ricerca e alla esplorazione delle più importanti istituzioni culturali nazionali ed internazionali, pubbliche e private.

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