Nasi per l’arte. La mostra. Quando le curatrici hanno fiuto. Con intervista alle curatrici

Fino al 21 maggio 2023, Palazzo Merulana ospita Nasi per l’arte a cura di Joanna De Vos e Melania Rossi. La mostra conduce il pubblico in un viaggio su diversi livelli alla scoperta del naso, come forma e come concetto.

A partire dalla collezione Cerasi, stabilmente ospitata nel palazzo, le curatrici hanno costruito un percorso espositivo composto da opere del primo Novecento belga – in diretto dialogo con quelle coeve della collezione permanente – e da lavori di artisti contemporanei, rispettivamente nove italiani e nove belgi, focalizzati sui temi del naso e dell’olfatto.

Nasi per l’arte si presenta come un’operazione curiosa, che collega le opera esposte attraverso il singolare fil rouge del naso, inteso nella sua accezione più ampia, di organo, forma e percezione. Un elemento primario del volto, essenziale per la respirazione e deputato all’olfatto, senso primordiale, legato alla memoria e all’istinto.

Come ricordano le curatrici nel testo in catalogo: il naso è sempre stato carico di significati simbolici, dall’antico Egitto, alla Grecia classica; considerato, al tempo stesso, simbolo di acutezza: avere fiuto, e di ottusità: non vedere oltre il proprio naso.

Dai tempi antichi, il naso rappresenta la sessualità e, in particolare, la virilità maschile, da Priapo, alle maschere di carnevale. E, proprio per questa moltitudine di letture, interpretazioni e significati che si susseguono e si intersecano tra le opere in mostra, mi sono rivolta direttamente alle curatrici per saperne di più.

LP: Melania Rossi e Joanna De Vos potreste spiegarmi com’è nata questa mostra?

MR: “Con Joanna De Vos abbiamo collaborato in diverse occasioni, nel 2016 siamo state curatrici della mostra Jan Fabre. Spiritual Guards a Firenze.

In quell’occasione ci hanno scattato una foto di profilo che ci ha fatto riflettere sull’importanza dei nostri nasi. Da quella prima collaborazione siamo rimaste sempre in contatto e il discorso sul naso, inteso proprio come naso (fiuto) per l’arte tornava continuamente fuori.

In principio, solo come una battuta tra amiche appassionate di arte, poi, con il tempo, abbiamo cominciato a pensare al tema più seriamente, iniziando a guardare gli artisti con cui lavoravamo anche da quella prospettiva. Dunque, ogni volta che ci imbattevamo in un’opera olfattiva o con un naso, ci tornava in mente questo tema e abbiamo cominciato a fare ricerca.

Poi, piano piano, il progetto ha acquisito una sempre maggiore concretezza.

Inoltre, in questi sette anni di lavoro e conoscenza il rapporto tra noi due è diventato più stretto, per cui, oltre a realizzare dei progetti insieme, anche come curatrici singole abbiamo iniziato a consultarci a chiederci consigli, facendoci reciprocamente conoscere artisti dei nostri rispettivi paesi. Insomma, il nostro è stato un incontro, tra due sensibilità e due culture.”.

JDV: “Tecnicamente la mostra presenta diversi livelli di lettura. In primis, penso sia importante sottolineare che è strettamente legata al luogo che la ospita: Palazzo Merulana, carico di storia e scrigno di una collezione importantissima che ben rappresenta il panorama artistico italiano del primo Novecento.

Questo è stato il punto di partenza per costruire un percorso espositivo che, nel rispetto del luogo, si è arricchito del confronto con opere coeve provenienti dal Belgio. Tuttavia, nella mostra Nasi per l’arte è come se il fil rouge fosse talmente preponderante da azzerare la cronologia, per cui le opere antiche e moderne procedono di pari passo”.

La mostra si caratterizza per un inizio a dir poco dirompente, con l’opera di Jan Fabre…

JVD: “Il naso per l’arte è molto più che una semplice forma. Per ricollegarmi a quanto detto poco fa, il lavoro di Jan Fabre, Mi lascio dissanguare (nano) (I), 2007, presentato nella prima sala, ha una funzione strategicamente programmatica, dal momento che mette subito in connessione i diversi piani temporali tra cui si muove la mostra.

L’opera, infatti, rappresenta il presente: Jan Fabre, auto-ritrattosi come un nano al cospetto della storia dell’arte: l’opera di Antonio Donghi Piccoli Saltimbanchi, 1938, con cui si confronta in maniera umile, come nano, ma decisamente forte: sbattendoci letteralmente il naso, fino a farlo sanguinare. Il sangue che gocciola continuamente, rappresenta metaforicamente il nuovo che nasce dal confronto tra il presente e passato.

Insieme a Luigi Ontani, Jan Fabre è l’unico artista ad essere presente in mostra con più opere, e questa eccezione è dovuta al fatto che entrambi erano già presenti nella collezione Cerasi.”

Le loro opere, come quelle di molti altri artisti, sono così perfettamente pertinenti alla mostra da poter trarre in inganno gli spettatori, sembrando create appositamente. Eppure non è così, giusto?

MR: “Ebbene sì, questa è la magia della curatela. Anche se le opere non sono state realizzate appositamente per la mostra, insieme si rafforzano e acquistano un nuovo significato.

Appunto, raccontano una storia nuova: quella del naso per l’arte. Tuttavia, molte opere anche se preesistenti erano inedite e sono state presentate qui per la prima volta. Come: Autoritratto olfattivo, gratta & annusa, 2017, di Peter de Cupere e Recupero del buon oggetto perduto, 2020, di Laura de Coninck”.

L’aspetto più complesso che avete dovuto affrontare?

MR: “Da un punto di vita concettuale e conoscitivo, sicuramente quello di misurarci con la collezione Cerasi, che è molto densa, ricca di opere, posizionate in modo fisso.

Le opere, nella sede di Palazzo Merulana, sono allestite molto bene, tanto da lasciare poco margine di cambiamento. Così, per fare posto a nuovi inserimenti abbiamo dovuto trovare il modo di installare le opere all’interno del percorso espositivo; cercando di non togliere quasi nulla ma aggiungendo lavori e, a livello metaforico, significato.

La mostra è il frutto di un lungo lavoro di ricerca che ci ha richiesto molto tempo al fine di risultare esatto, preciso ed evocativo. La sfida è stata quella di creare un percorso che consentisse al pubblico di fare delle associazioni tra i lavori proposti che non fossero né troppo didascaliche, né eccessivamente criptiche, in un luogo comunque già molto connotato.

La soddisfazione più grande è stata che, con il procedere dell’allestimento le opere si sono praticamente “incastrate da sole” con il compimento di quella magia che caratterizza i progetti d’arte, per cui le connessioni funzionano e le opere iniziano a dialogare tra loro in maniera autonoma.

JDV: Dal punto di vista più tecnico, una delle difficoltà maggiori è stata la movimentazione delle opere storiche dal Belgio. Lavori molto delicati provenienti per lo più da collezioni private.

Fortunatamente i collezionisti, da una parte, hanno intuito l’importanza e il prestigio della mostra, volta a porre le loro opere in dialogo con quelle della collezione Cerasi, una raccolta storica, iniziata diversi anni fa. Dall’altra, poiché il prestito è un gesto dall’elevato valore simbolico che si fonda totalmente sulla fiducia, hanno percepito quanto le opere siano importanti per noi, che sarebbero state totalmente al sicuro.

Per noi è importante ringraziarli e gratificarli con ogni modalità ma, sicuramente, la principale è l’armonia con cui le loro opere si integrano nel progetto espositivo per cui è come se ne avessero sempre fatto parte.

Un esempio lampante è il caso della scultura Entraide di George Minne che, posta al piano terra vicino ai Calciatori di Ercole Drei, sembra proprio concepita per quella location.

A tal proposito voglio, aggiungere che l’altra grande soddisfazione è stata vedere anche la reazione di meraviglia e stupore del team di Palazzo Merulana all’apertura delle casse. Anche per loro, che conoscevano il progetto su carta, vedere le opere dal vivo è stata una rivelazione. La mostra, nella sua totalità diventa un unico organismo, le cui opere, per quanto diverse per tipologia e periodo di appartenenza, respirano all’unisono.”

Come avete selezionato gli artisti contemporanei?

MR: “Abbiamo proceduto a chiamata. Ad alcuni, di cui avevamo già individuato un’opera, la abbiamo richiesta espressamente. Ad altri, che abbiamo reputato idonei al progetto, abbiamo lanciato l’idea e loro ci hanno risposto, proponendoci dei lavori. Il tema presenta molteplici livelli di lettura e interpretazione, dunque ci siamo lasciate suggestionare dagli artisti.”

Quale consiglio dareste ai visitatori per godere a pieno della mostra?

MR e JDV: “Innanzitutto diremmo di partire dal proprio naso, quindi di usarlo e di pensare a cosa significa “andare a naso” anche all’interno di una mostra come questa, cercando di scovare le relazioni tra le opere moderne e contemporanee.

La ricerca che abbiamo fatto è storico-artistica ma è anche una ricerca metaforica, filosofica, antropologica e, quindi, la cosa forse più interessante per il visitatore è quella di lasciarsi trasportare e guidare dalle opere che si susseguono nell’allestimento, pensato proprio in fusione e mimesi con la collezione permanente. Ad ogni passo si trovano accostamenti più o meno espliciti, dunque, il consiglio che darei è proprio di usare il proprio naso per coglierli ed apprezzarli.”

Dato che alla base della mostra c’è una ricerca che va oltre l’arte, per toccare storia, sociologia, antropologia e filosofia; qual è, da questo punto di vista l’aspetto del naso che vi ha colpito di più?

MR e JDV: “L’aspetto sociologico culturale del naso che ci ha colpito di più, forse è stato proprio nella risposta degli artisti contemporanei che, hanno colto il nostro input e ci hanno inviato autonomamente delle opere che si sono innestate tra loro in maniera veramente sorprendente.

Alcuni lavori sono stati realizzati appositamente per la mostra, come il disegno di Marta Roberti; altre sono inedite, come le due sculture in terracotta di Emiliano Maggi; e, in tutti i casi, nonostante fossero opere che noi stesse non avevamo mai visto, sono entrate perfettamente in dinamiche tra loro.

Emiliano Maggi ha proposto delle metamorfosi uomo – animale, con dei calzari che sono andati a rispecchiarsi nello stivale rovesciato di Cattelan; lavoro di tutt’altra natura, con un’ironia completamente diversa che va in un’altra direzione rispetto alla ricerca di Maggi, ma caratterizzato dallo stesso elemento, seppur ribaltato.

L’aspetto interessante è che noi avevamo già pensato di allestire queste opere vicine.

Luigi Ontani con i nasi lunghi di Evadevamo, 1997, offre un omaggio alla bugia e alla bugia dell’immaginazione che trova un suo corrispettivo fiammingo nel pinocchio in corallo di Jan Fabre, dal titolo L’amore per la menzogna dell’immaginazione.

Quindi crediamo che l’aspetto più sorprendente sia stato il modo in cui le opere siano riuscite a incastonarsi tra loro. Poi, lavorando al catalogo, edito da Stockmans Art Books, un editore d’arte belga, abbiamo collaborato con l’antropologa olandese Caro Verbeek che ha scritto un libro sul naso, che verrà pubblicato in Italia quest’estate, in cui compie un’analisi antropologica sul naso.

Lei è partita da Michelangelo – che torna anche nel testo in catalogo – e dal suo famoso naso rotto che tanti problemi gli causò, fino ad un’analisi di Piero della Francesca e a Jan van Eyck. Una storia con questo “filo nasale” per usare le parole di Giacinto di Pietrantonio – con cui abbiamo sempre collaborato per il catalogo – che arriva fino ai nostri giorni ma che ha radici antichissime.

Con Giacinto di Pietrantonio abbiamo parlato a lungo. Sul volume Nasi per l’arte si è occupato della parte dei moderni sia belgi che italiani.

Insieme abbiamo affrontato tanti altri spunti che riguardano il naso, da Gogol’ a Pirandello, passando ovviamente per Pinocchio, personaggio radicato non solo nella cultura italiana ma anche fiamminga se pensiamo a Ensor o a Magritte anche la loro radice surrealista è costellata di nasi numerosi e importante.

Quindi anche nella collaborazione con altre personalità come critici d’arte o antropologi abbiamo scoperto tantissimi storie ed aspetti culturali riguardanti il naso.”

Quali sono i piani per il futuro?

MR: “Ci sono molte idee e alcune proposte sono già arrivate, sicuramente è un progetto destinato a continuare e a crescere.”

JDV: “Sicuramente, dato il forte scambio di energie è un progetto destinato a continuare. Come curatrici, crediamo che uno degli aspetti più importanti del nostro lavoro sia quello di creare connessioni, tra artisti, collezionisti ed istituzioni, affinché ogni mostra possa diventare un punto di partenza per nuove e diverse esperienze culturali.”.

Info mostra Nasi per l’Arte

  • Gli artisti in mostra:
  • Artisti contemporanei – Francis Alÿs, Francesco Arena, Michaël Borremans, Maurizio Cattelan, Michael Dans, Laura de Coninck, Peter de Cupere, Jan Fabre, Mariana Ferratto, Thomas Lerooy, Emiliano Maggi, Sofie Muller, Luigi Ontani, Daniele Puppi, Anna Raimondo, Marta Roberti, Yves Velter, Serena Vestrucci.
  • Prestiti opere di artisti belgi di inizio Novecento –  Jos Albert, Pierre-Louis Flouquet, Robert Giron, Oscar Jespers, Paul Joostens, René Magritte, George Minne, Constant Permeke, Léon Spilliaert, Marcel Stobbaerts, Henri Van Straten, Ferdinand Fernand Wery
  • In dialogo con artisti della collezione permanente – Giacomo Balla, Duilio Cambellotti, Felice Casorati, Giorgio De Chirico, Antonio Donghi, Ercole Drei, Guglielmo Janni, Leoncillo Leonardi, Antonietta Raphael, Francesco Trombadori, Alberto Ziveri.
  • La mostra è accompagnata da un catalogo, pubblicato da Bruno Devos at Stockmans Art Books con testi di Joanna De Vos e Melania Rossi, Giacinto di Pietrantonio e Caro Verbeek
  • Palazzo Merulana, Via Merulana, 121 Roma
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Napoletana di nascita, romana di adozione. Appassionata di arte, cultura e benessere. Dopo un percorso universitario in Lettere e filosofia, con indirizzo in Storia dell’Arte, prima Contemporanea, poi Moderna, a Roma Tre e un Master alla Luiss, ho iniziato ad esplorare il mondo dell’arte e della comunicazione, sviluppando una visione critica personale. Oggi scrivo per diverse testate, perché non posso fare a meno di riflettere, rielaborare ed interpretare internamente ciò che vedo.

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