La morte della Pizia. L’ironia e l’amarezza dell’oracolo

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La morte della Pizia, il testo di Friedrich Dürrenmatt, andato in scena al Teatro Vittoria, ha portato il pubblico in una rappresentazione che rispecchia molto la situazione di confusione e smarrimento che proviamo di fronte agli accadimenti quotidiani, al caso (che non sappiamo mai se è davvero caso o se qualcuno lo stiamanovrando), alla credibilità di chi ci racconta quello che non possiamo vedere con i nostri occhi.

Il testo di Dürrenmatt, divertente ed esasperato, ironico e grottesco si diverte a scomporre il mito di Edipo, e con lui tutti i miti grazie ai quali sono state create storie, immaginate leggi, giustificate guerre, comunicate casualità…

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La morte della Pizia, Maurizio Palladino e Patrizia La Fonte

È la stessa Pizia Pannychis XI, ormai vecchia e delusa dal suo lavoro di oracolo, a raccontare, con notevole diletto, di come abbia vaticinato per scherzo a Edipo che avrebbe ucciso suo padre Laio e sposato sua madre Giocasta. Un responso senza capo né coda, secondo lei, una profezia che non si sarebbe potuta avverare in alcun modo, ma che, invece avveratasi per l’insana fiducia dell’uomo negli oracoli, aveva avuto come destino la catastrofe del regno di Tebe e di Edipo stesso.

Complice di questo gioco è l’indovino Tiresia che anche lui finge. Finge di essere cieco perché questo la gente si aspetta da un indovino.

Così, alle soglie della morte, Pizia riceve la visita di tutti i protagonisti di quell’efferata storia familiare.

E ognuno di loro le racconta la stessa storia dal suo punto di vista. Così, si arrivano ad avere quattro Edipo inconsapevoli l’uno dell’esistenza degli altri; un Laio incapace di procreare, una Giocasta che non s’era uccisa di sua spontanea volontà ed altre storie tanto improbabili quanto veritiere che Dürrenmatt ha creato per mettere in luce, già alla metà degli anni ’70 (il testo è del 1976), non solo il rapporto della razionalità con il destino e con il caso, ma anche la realtà della molteplicità delle informazioni alla cui portata travolgente siamo costretti a credere a seconda che assomiglino o meno a quello che vorremmo, a quel che ci consola, a ciò in cui abbiamo sempre creduto e sperato.

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La morte della Pizia, Patrizia La Fonte

Si diverte fino all’ultimo, la Pizia, a canzonare gli umani, ad essere cinica con chi va a chiederle il responso e schifata da chi grazie alle loro offerte si arricchisce in maniera indebita, fingendo di farlo in nome e per conto degli dei.

Portata in scena dalla travolgente Patrizia La Fonte, che veste anche i panni, i gesti e le voci di Giocasta e della Sfinge, diventa un personaggio estremamente contemporaneo, tagliente e amaro.

Il suo incedere zoppicante, ma veloce, le sue idiosincrasie e furie impulsive e fulminee, il suo essere altro da quello che le si chiede di interpretare sono terra duttile per l’attrice, capace di trasformarsi e di brillare in tutte le sue sfaccettature.

Con lei in scena Maurizio Palladino, sornione e incalzante nei panni del sacerdote Merops XXVII, ma anche gelido e distruttivo in quelli di Edipo e, infine, intrigante e disincantato interpretando Tiresia.

L’adattamento del testo, curato da di Patrizia La Fonte e Irene Lösch, punta sul mettere maggiormente in risalto la deriva amara in cui ci troviamo, che non l’ironia rapida con cui Dürrenmatt rappresenta il capovolgersi delle verità e la regia di Giuseppe Marini asseconda questa visione scandendola con ritmi a volte in opposizione a quelli immaginati dallo scrittore svizzero, ma perfetti per l’ambientazione che rende la realtà di un santuario in decadenza, di una mitologia che sembra avere fatto il suo tempo, ma che continua a rigenerarsi perché è la base dell’esistenza umana.

La morte della Pizia
di Friedrich Dürrenmatt

  • traduzione Renata Colorni edita da Adelphi
  • adattamento teatrale Patrizia La Fonte e Irene Lösch
  • regia di Giuseppe Marini
  • con Patrizia La Fonte e Maurizio Palladino
  • scena Alessandro Chiti – musiche originali Paolo Coletta – costumi Helga H. Williams
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Giornalista culturale e autrice di testi ed adattamenti, si dedica da sempre alla ricerca di scritture, viaggi, tradizioni e memorie. Per dieci anni direttore responsabile del mensile "Carcere e Comunità" e co-fondatrice di "SOS Razzismo Italia", nel 1990 fonda l’Associazione Teatrale "The Way to the Indies Argillateatri". Collabora con diverse testate e si occupa di progetti non profit, educativi, teatrali, editoriali, letterari, giornalistici e web.

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