You lost me. Federica Di Pietrantonio

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Sulle piazze del mondo
sulle vostre persone
nei comuni del centro
nelle vostre regioni
fammi cadere
a piombo nel mare
da questa nave
di giganti misure
voglio toccare
il centro globale
il punto del mondo
da cui posso partire

Pop X “Sparami

Il Metaverso è il nuovo mondo che abbiamo scoperto e colonizzato alla maniera di Cristoforo Colombo, solamente che stavolta gli indiani siamo noi. Ultimamente gli studiosi del Diritto si sono mobilitati per organizzare una disciplina giuridica applicabile alle realtà virtuali e alle intelligenze artificiali.

Così, a livello comunitario ad esempio, il Parlamento Europeo ha approvato l’Artificial Intelligence Act, il primo regolamento sull’utilizzo, sui limiti e sugli effetti delle AI che dovrebbe entrare in vigore nel 2024.

L’arte, già da tempo, si occupa dei rapporti tra individuo e tecnologia, tentando, con più o meno successo, di incorporare nella pratica e nella poetica le questioni scientifiche o tecnologiche.

Federica Di Pietrantonio, giovane artista romana dell’artist run space Spazio In Situ, porta avanti una ricerca sul rapporto tra il virtuale e la società e sui processi di straniamento di persone che esistono solamente nell’on-line, nel gaming, rifiutando la realtà “analogica”.

Nella sua seconda personale dal titolo “You lost me”, inaugurata da poco alla galleria The Gallery Apart di Roma, Di Pietrantonio presenta due cicli di lavori.

Il primo è formato da grandi dipinti che “imitano” nella grafica gli scenari virtuali, dove l’elemento umano è ridotto a una assenza o, al massimo, a una testimonianza costituita da oggetti (calzini, cuffiette, personal computer) “sospesi”.

La gravità diventa una forza non più invincibile e assoluta ma vulnerabile, azzerata come nello spazio siderale, un luogo fatto di non-vita (per noi e per ora) che spesso è assimilato al topos del virtuale.

Nei quadri di Federica Di Pietrantonio l’identità è una presenza che non si impone ma è, anzi, solamente una traccia lasciata da un’entità ignota, indecifrabile.

L’elemento umano, dove riconoscibile, è ridotto a una silhouette incompleta. Pure il paesaggio viene cancellato, appiattito attraverso la resa pittorica che riproduce le texture degli sfondi, i glitch, piccoli imprevisti di sistema che generano interferenze tra i volumi degli oggetti rappresentati e i piani spaziali in cui questi giacciono.

Dunque ci si chiede se la posizione dell’artista è quella dell’impressionista (per il quale il rapporto soggetto-oggetto sopravvive in maniera dialogica) o del veggente che, come Rimbaud in molte occasioni, travolge gli schemi oggettivi della natura.

In You lost me la rappresentazione ricorda di più la metafisica quattrocentesca, privata dell’elemento storico. Sarebbe come a dire una flagellazione dove Cristo scompare anche come mezzo narrante, concentrandosi l’artista sul lascito di rapporti tra le cose, sull’ impronta emotiva della Passione.

In altri lavori poi, delle fotosculture, l’artista si immerge in paesaggi, stavolta presenti ma elaborati dal videogioco Farming Simulator 22, un simulatore che permette di creare e gestire un’azienda agricola e tutte le attività a questa connesse.

Lo stesso gioco è stato utilizzato per il video che Di Pietrantonio ha realizzato collezionando testimonianze di individui afflitti da sindromi come Hikikomori o Neet (not engaged in education, employment and training) e adattandole sotto forma di racconto. La voce narrante è quella dell’artista, modificata mediante un’intelligenza artificiale.

You lost me è dunque una riflessione sulla perdita, in cui Federica Di Pietrantonio si domanda se è il singolo a rinunciare alla comunità dove si trova a vivere per fatto naturale o, viceversa, se è la società a perdere man mano le parti che la compongono.

Se in passato erano nati movimenti di artisti che concepivano i media come simboli di uno spazio libero, un territorio alternativo a certi passaggi e rapporti obbligati delle società tradizionali e delle loro economie, non sappiamo se oggi si può affermare lo stesso. Il Metaverso, alla luce anche delle preoccupazioni giuridiche citate, è sì un’opportunità ma anche una sconfinata protesi speculativa di un corpo reale e imprevedibile (o forse, all’opposto, fin troppo scontato).

Si parla allora dei profitti delle Big Tech e della carente prospettiva occupazionale per cui tutti, beandoci di questo strano percorso, ci avviamo a diventare i disoccupati di noi stessi su due fronti, lavorativo e relazionale.

You lost me. Federica Di Pietrantonio

Photo by Eleonora Cerri Pecorella dal sito web di The Gallery Apart

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Donato Di Pelino (Roma, 1987) è avvocato specializzato nel Diritto d’autore e proprietà intellettuale. Scrive di arte contemporanea e si occupa di poesia e musica. È tra i fondatori dell’associazione Mossa, residenza per la promozione dell’arte contemporanea a Genova. Le sue poesie sono state pubblicate in: antologia Premio Mario Luzi (2012), quaderni del Laboratorio Contumaciale di Tomaso Binga (2012), I poeti incontrano la Costituzione (Futura Editrice, 2017). Collabora con i suoi testi nell’organizzazione di eventi con vari artist run space.

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