Francesco Arena – Il fulmine governa ogni cosa

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Una scatola nella scatola. Alla stessa stregua di quelle cinesi, Francesco Arena (Torre Santa Susanna – BR, 1978; attualmente vive Cassano delle Murge – BA) costruisce la sua notevole installazione ambientale immersiva nel grande ovale della Fondazione Nicola del Roscio.

Un contenitore al cui interno distribuisce alcune delle sue ossessioni. Un contenitore per il quale mantiene fisse solo le misure orizzontali, mentre quelle verticali variano in base all’altezza del soffitto dello spazio che lo ospita.

Un involucro che racconta diverse storie e che, all’istante, traccia anche un profilo dell’artista stesso, una sorta di ritratto, perché tutte le opere create da Francesco Arena hanno sempre un riferimento personale, come una forma di indagine di sé.

Storia, nel significato più ampio del termine, e numeri stanno sempre alla base di ogni suo lavoro: intorno ad essi costruisce sculture, installazioni, performance. O meglio, sulla loro parossistica sintesi, privandoli di ogni inutile orpello, fino ad arrivare quasi a quell’equazione fisica della teoria della relatività tra massa e energia, ad indicare che in una piccolissima quantità di materia si nasconde una enorme quantità di energia.

Ma, oltre ad includere sempre la Storia e i numeri, tutte le volte Francesco Arena aggiunge altri due elementi, anch’essi altrettanto fondamentali: il processo e la materia. Che, seppure conferiscano all’opera una sembianza criptica e chiusa, collegando tutti gli indizi che l’artista dissemina, il risultato è quello di trovarsi ogni volta di fronte a qualcosa di profondamente nuovo e di innegabilmente intimo. Come in questo caso.

Con morbide e enormi soprascarpe, si entra nella mente immaginifica di Francesco Arena. La medesima scatola è essa stessa il trasferimento visibile delle passioni che lo animano. Perché è esattamente la trasposizione della nota hütte del filosofo tedesco Martin Heidegger a Todtnauberg, nella Foresta Nera.

Impossibile da visitare, costruita nel 1922 per il filosofo, per volere della moglie Elfride, Heidegger trascorreva in questa baita molto del suo tempo libero dagli impegni accademici; rappresentava il simbolo per riflettere sul concetto di sradicamento e, perché lo stesso abitare è “prendersi cura”.

Non a caso, proprio qui, tenne diverse conferenze agli architetti che furono chiamati a ricostruire le città distrutte nel corso del secondo conflitto mondiale.

Sull’architrave della porta di ingresso della hütte è riportata la famosa citazione di Eraclito, Il fulmine governa ogni cosa.

Da qui il titolo della mostra: Il fulmine governa ogni cosa. Perché, quest’improvviso fenomeno rende di colpo visibile ogni cosa, dagli antichi era interpretato come un mezzo con cui gli dèi comunicavano con gli uomini. Tanto che nel luogo in cui cadeva, seguendo il fulgur conditum, veniva seppellito tutto quello che aveva colpito e il posto stesso trasformato in un sacrario.

Riproducendo fedelmente le misure (6×7) nonché la suddivisione interna degli spazi della hütte, Francesco Arena costruisce un ambiente immersivo dentro il quale distribuisce, nei diversi vani, le opere realizzate per questa mostra, ognuna delle quali rimanda all’idea di supporto e simbolicamente trattano differenti vicende umane.

Su di un pavimento costruito con 210 assi di cera industriale rossa che, in maniera seriale, riproducono fedelmente delle tavole di legno, con i loro nodi e venature.

 

 

Nel “soggiorno” è collocata Sedia in bronzo, nella cui spalliera, ogni giorno, è collocato un quotidiano, affinché l’opera non sia mai la stessa del giorno prima.

Riproduce in scala 1:1 quella utilizzata nel corso di tutta la sua vita dal grande pianista Glenn Gould realizzata appositamente dal padre del musicista affinché si adattasse perfettamente alle esigenze fisiche e musicali del figlio.

Disteso a terra, nella “cucina”, c’è Cartello, che è la semplice riproduzione in bronzo di uno dei cartelli abitualmente usati nel corso delle manifestazioni.

Pronto per essere usato oppure già usato, sottintende una moltitudine che solo unita può far ascoltare la propria voce.

Cassetta è, invece, collocata nello “studio”: una trasposizione tridimensionale della cassetta in legno nel quadro La Mort de Marat dipinto da Jacques-Louis David nel 1793, che “l’amico del popolo” usava come scrittoio mentre era immerso nella vasca da bagno per alleviare i fastidi della dermatite di cui soffriva.

Un parallelepipedo che, nell’economia del quadro, ha un rilievo quanto lo stesso rivoluzionario francese.

Nella “camera da letto”, sospesa, vi è Cintura. Che, a vederla così, per dimensioni e circonferenza, sembra essere quella di Obelix.

È la rappresentazione della cintura che l’assistente di Cy Twombly usava per sorreggere l’artista, ormai non più giovane, mentre dipingeva le sue grandi tele. Un motore elettrico ruota la cintura e ciò consente di leggere, in modo continuativo, senza interruzione, la frase su di essa incisa: SOLITUDE IS MULTITUDE IS SOLITUDE IS … ma anche MULTITUDE IS SOLITUDE IS MULTITUDE …

Infine, sulla parete di fondo, una Maniglia senza porta, che periodicamente si muove, come a voler aprire, far breccia, e lasciare così entrare quello che è fuori e viceversa.

Ogni stanza con una diversa declinazione delle diverse accezioni dell’amore: quello genitoriale, quello sociale, quello dell’anima (attraverso l’arte).

Un’installazione che continuamente evoca, proprio per la sua assenza, la presenza umana ricordando quanto essa sia fondamentale per il sostentamento di ogni persona, perché ogni individuo, seppure sia un’isola, non è tuttavia mai totalmente autosufficiente e deve lanciare ponti verso gli altri, per costruire una società di piena cooperazione e umanitaria.

Info mostra Francesco Arena – Il fulmine governa ogni cosa

  • fino al 7 dicembre 2023
  • Roma, Fondazione Nicola del Roscio – via Francesco Crispi 18 – 00187
  • dal martedì al sabato – dalle ore 11.00 alle ore 18.00 (ultimo ingresso alle ore 17.30)
  • roma@fondazionenicoladelroscio.it – t. +39 06 89168819

 

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Daniela Trincia nasce e vive a Roma. Dopo gli studi in storia dell’arte medievale si lascia conquistare dall’arte contemporanea. Cura mostre e collabora con alcune gallerie d’arte. Scrive, online e offline, su delle riviste di arte contemporanea e, dal 2011, collabora con "art a part of cult(ure)". Ama raccontare le periferie romane in bianco e nero, preferibilmente in 35mm.

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