Una moda da marciapiede

Letteralmente tradotto, è lo “stile della strada” ed è una delle attitudini più resistenti e provocatorie degli ultimi anni. Si tende spesso ad associarla soprattutto ai giovani che vivono in grandi città, nei cui look è facile trovare dei chiari riferimenti a tradizioni e stili popolari. Tuttavia è sbagliato limitarsi a considerarla esclusivamente una nuova tendenza, perché le sue radici affondano fino agli anni Sessanta, quando ha iniziato a segnare e identificare veri e propri “movimenti” culturali e sottoculture urbane. Gli Hippy, per esempio, con i loro jeans dalle taglie comode, i pantaloni colorati, le t-shirt con immagini psichedeliche e i lunghi capelli sulle spalle. O come, qualche anno dopo, i Teddy Boy, che hanno fatto dei jeans e gilet broccati un format imprescindibile che verrà poi acquisito dalla cultura Pop e Punk – partendo proprio dall’abbigliamento Punk, deviato nella cultura Skinhead e in quella Gothic negli anni ‘80 e ’90, fino all’Hip Hop e al Metal – e legando così indissolubilmente le grandi rivoluzioni della moda a quelle della musica.

Fare e vivere la moda indossandola sulla propria pelle ogni giorno, traendo forza dal tessuto urbano e sociale, e se per le grandi maison l’esercizio di stile, la sperimentazione e un’avanguardistica sensibilità di interpretare un’esigenza sociale preferendo un colore un modello o una stoffa a un’altra rappresentano l’abc del mestiere, per lo Street Style ciò che conta non è lo stile, ma avere stile. L’Haute Couture e il Prêt-à-porter scendono dalle passerelle, escono dalle vetrine e dai cataloghi e si misurano con la comune vestibilità e l’estro quotidiano. Proprio questi i due parametri su cui si basa lo Street Style, rincorrendo e assecondando il gusto in maniera del tutto naturale sincera e assolutamente non convenzionale.

È iniziando a seguire le persone per strada che fotografi – professionisti o appassionati – giornalisti, critici, opinionisti e, naturalmente, anche semplici autodidatti hanno cominciato ad aprire siti e blog dedicati esclusivamente alla pubblicazione di immagini scattate ai personaggi più “stilosi” incontrati. Delle finestre vere e proprie da cui si affacciano ritratti di uomini e donne che hanno colpito l’attenzione dell’obiettivo per il loro look o il loro personale stile. Tutte le principali capitali e le città, nessuna esclusa, sono diventate categorie, temi in cui ci si può divertire a individuare lo stile di un particolare luogo e confrontarlo con il proprio. Da Londra a Reykjavík passando per Minsk, Oslo, Amsterdam, New York, Parigi, Berlino, Tokyo, Shangai, Mosca, Roma, Milano, Nuova Dheli, migliaia di scatti rubati da tutte le strade della Terra. Non solo così si può conoscere lo “Street Style” di ogni più piccolo posto del mondo, ma dietro le tre “w”, persino gli stilisti possono trovare consigli e ispirazioni per le loro prossime collezioni.

Ecco una lista dei principali blog, ciascuno nato e studiato secondo particolari esigenze, con una propria identità da difendere e con un minimo comune denominatore: lo Street Style. The Sartorialist, per esempio, (www.thesartorialist.com) è stato uno dei primi a comparire per seguire la moda fatta in strada e comunicarla al web, attraverso la sola pubblicazione delle foto, senza ricorrere al testo, se non nel riferimento del luogo dove è stato fatto lo scatto. L’autore è il fotografo Scott Schuman che, cogliendo l’attimo e la spontaneità delle persone, nel 2005 ha creato questo sito con l’intento preciso di descrivere il legame costante che esiste tra il mondo del fashion e quello della vita quotidiana, suddividendolo in poche efficaci categorie come uomini, donne, sfilate e foto retrò. Un anno più tardi, sulla stessa scia ma con una lista di categorie e temi più articolata, ecco on-line anche il blog firmato da Garance Doré, che gli da anche il nome (www.garancedore.fr). Illustratrice e fotografa francese, la Doré ha cominciato dapprima a esternare sensazioni e ispirazioni prese dall’esterno attraverso il disegno e i racconti, poi implementandolo con foto e video di ciò che la colpiva del mondo circostante: incontri, viaggi, look e sfilate di moda.

Alla ricerca dello stile sin dal 2004 è The Cool Hunter (www.thecoolhunter.net), un sito che non si limita solo alla moda ma a tutto il lifestyle: dal fashion al design passando per l’architettura, i gadget e la musica, per proporre uno stile di vita ricco di suggerimenti, contaminazioni, spunti e novità da tutto il mondo. E ancora: Face Hunter (http://facehunter.blogspot.it), blog in linea dal 2006 che coglie i look più estrosi e raffinati della gente, secondo lo schema lanciato da Schuman, ma preferendo i soggetti in posa. Fashion Hunter (www.fashionhunter.net), invece, attraverso articoli brevi e l’ausilio di immagini racconta prevalentemente lo Street Style fatto in Italia, con qualche punta nelle principali capitali del mondo. Degno di menzione in questo elenco: The Red Dot (www.the-reddot.com) di Alessia Landi, un’amante del rosso, della moda e del Giappone, che porta i suoi lettori a zonzo per il mondo attraverso le sue foto (che ha prestato ai lettori di art a part of cult(ure). Aiutandosi anche con delle illustrazioni, questa blogger italiana compie un passo in più raccontando, oltre a quello degli altri, il proprio punto di vista sul fashion.

Lo stile, il trend e le novità più interessanti da cliccare anche su: Jak & Jil (www.jakandjil.com), Omiru (www.omiru.com), Stylelist (www.stylelist.com) e The Locals (http://thelocals.dk).

L’esagerazione e il lusso vengono declinati in una chiave per così dire “comune, popolare”, nel senso che si rendono accessibili e aperti a tutti e da cui molti traggono spunto per rinnovare il proprio guardaroba o riscoprire capi che si credevano demodé. Lo scopo è quello di esaltare il dialogo che esiste tra le passerelle e il vivere quotidiano, è vero, ma l’operazione socio-culturale che produce (volontariamente o no?) è decisamente più interessante. Il principio di vestirsi e non semplicemente il bisogno di coprirsi è un fattore sociale e non un privilegio esclusivo di un’élite che può permettersi di acquistare capi alla moda. Navigando, infatti, salta all’occhio come in ciascuno di questi siti ci siano ritratte “persone comuni” capaci di interpretare l’attualità attraverso l’abbigliamento, servendosi della propria cultura e sensibilità, e con esso prendere posizione nei confronti del resto della società e del mondo. Nella commedia “Il marito ideale” Oscar Wilde scriveva: “La moda è quello che uno indossa. Fuori moda è quello che indossano gli altri”. Questo per spiegare come la scelta di un capo, piuttosto che di un altro, che si compie giornalmente davanti all’armadio, determini una scelta che si compie a sua volta davanti al resto della comunità con cui ci si vuole relazionare. L’esempio più facile? La gonna. Questo indumento prettamente femminile sia esso corto o lungo, ampio o aderente, viene indossato non solo in base al gusto, ma inconsciamente anche secondo l’aspettativa e la reazione che si vuole suscitare negli altri interlocutori. Seppur in modo semplicistico, ciò che si sostiene è che non si tratta di un fattore inconscio condiviso da tutti, ma che in fondo la moda e i suoi diktat, cui crediamo di dover sottostare per sentirci in armonia con la società, in realtà li abbiamo già dettati noi.

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Foto: per gentile concessione di The Red Dot www.the-reddot.com

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Se dovessi pensare a me, mi immaginerei in una sala bianca, col pavimento di legno, circondata di libri, pile di riviste e giornali sul tavolo e un portatile aperto davanti agli occhi, intenta a seguire il filo del discorso di un articolo che non vuole riuscire. Sarebbe un’immagine perfetta, che camufferebbe le folli corse di una giornalista trentenne prestata agli uffici stampa - per esigenza o per passione? - da sempre appassionata di letteratura, teatro, cinema, moda e arte. Se non avessi saputo scrivere non so chi sarei oggi, ma ripensando a ciò che scrisse Marinetti, dopotutto “l'arte è per noi inseparabile dalla vita”.

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