AltaRoma, XXIV edizione. Questione di stile e grande festa nel cuore di Roma

Ludovica Amati - la cura
Ludovica Amati - la cura

Immaginate una città. Una tipica città italiana: con i vicoli stretti, e le piazze e la gente che si incontra e si saluta, come se fosse domenica, alla fine della messa, fermandosi davanti le pasticcerie aperte per prendere un vassoio di dolcetti da mangiare tutti insieme. Il sapore di questa edizione della settimana della moda capitolina – da poco chiusa (con una conclusione al Complesso Santo Spirito in Sassia di Roma) sa di soffice crema chantilly e ha lasciato sulle labbra lo zucchero al velo. Gli stilisti hanno dimenticato le abitudini snob e hanno messo il vestito della festa, dato la mano ai partecipanti – addetti ai lavori e non – si sono stretti nelle foto e hanno scattato selfie divertendosi come alla festa del migliore amico. AltaRomAltaModa Gennaio 2014 è stata diversa. Sarà perché questa volta i venti di burrasca soffiavano forte e ci si è messi tutti un po’ più vicino, come da bambini, sotto le coperte. Tutti al riparo, mentre imperversavano le polemiche: le frecciate tra Comune, Regione e Camera di Commercio (che sin dal primo giorno aveva ricordato in conferenza stampa il debito con la Società di via dell’Umiltà alle prime due istituzioni); le dimissioni il giorno prima dell’inizio delle sfilate del designer della maison Sarli, Carlo Alberto Terranova, e l’annuncio inaspettato del Presidente di Gattinoni, Stefano Dominella:

«Mai più a Roma».

Eppure questi sono stati giorni di festa, momenti di gioia per chi lavora per mesi e vuole mettersi alla prova. Siamo nella grande piazza di AltaRoma, qui, per quattro giorni, abbiamo visto convogliare le passerelle degli stilisti, affermati ed emergenti, alternandosi a eventi legati all’arte, all’artigianato, al cinema. Come l’atteso appuntamento ASVOFF – A Shaded View On Fashion Film, la competizione di corti fashion diretta dalla giornalista e icona della moda internazionale, Diane Pernet, che ha lasciato Parigi per seguire la quattro giorni romana. Ogni anno ASVOFF raccoglie e premia i migliori fashion film prodotti nel mondo, con protagonisti celebrities, brand, artisti, registi e fotografi di rilievo internazionale (come Chris Cunningham, Nick Knight, Steven Meisel, Bruce Weber, Tilda Swinton, Kate Moss, Drew Barrymore, Dita Von Teese, Comme des Garçons, Hermès, Maison Martin Margiela, Lanvin, Gucci, Prada). Un festival in itinere – dopo il lancio del 21-22-23 novembre al Centre Pompidou a Parigi – che coinvolgerà e stimolerà la produzione di nuovi cortometraggi tramite contest tematici e progetti site specific.
Racconta Diane Pernet:

«La mia collaborazione con Vogue Italia  mi ha portato a notare che c’erano pochissime adesioni da qui. Mi sono chiesta perché, visto che ASVOFF è un’occasione per coinvolgere artisti e giovani talenti. Ho voluto lavorare su questo».

I risultati sono presto arrivati: oggi sono circa cinquanta i paesi che aderiscono e vengono selezionati e l’Italia si posiziona nei primi quattro, un notevole cambiamento che ha portato alla nascita di questa nuova collaborazione con AltaRoma, supportata dalla partnership di Bulgari, per promuovere questo festival annuale internazionale di cortometraggi dedicati a fashion, style e beauty. Come in un romanzo, la storia è positiva. La prima volta di Madame alle sfilate romane, infatti, fu per l’edizione numero uno di “Fashion on Paper” (gennaio 2009), come allora, anche in questa occasione è stato il Tempio di Adriano ad accogliere l’evento:

«Il Tempio per me ha un significato particolare: rappresenta un luogo reale e immaginifico al tempo stesso, che mi riporta alle pagine di un libro da me molto amato le “Memorie di Adriano”, di Marguerite Yourcenar».

Due le novità per Roma: un nuovo video contest e una mostra. Oltre al programma con i migliori film selezionati da Diane Pernet, ASVOFF ROMA lancia un video contest aperto a registi e videomaker che produrranno cortometraggi di 1 minuto, ispirandosi alle pietre preziose colorate, da sempre tratto distintivo dei gioielli Bulgari. I migliori video selezionati dal concorso “Let Bulgari dazzle your senses” saranno proiettati al Tempio di Adriano e il video vincitore sarà inserito nelle celebrazioni dei 130 anni di Bulgari insieme a grandi registi di fama internazionale. Premiati dall’attrice Isabella Ferrari, madrina del festival, si è aggiudicato il Grand Prize “The Color of My Life” di Vincent Gagliostro; a “Notre Amour” di Franck Glenisson, invece, è andato il premio per la migliore Art Direction e “State of Flux” di Karine Laval il Jury Prize.

Intanto, sotto le rovine dello Stadio di Domiziano, aveva luogo La Cura, una fashion-performance che presenta la collezione Autunno-Inverno 2014/15 di Ludovica Amati. Abiti lunghi di organze, tessuti leggeri e tulle di seta che, nudi come il ricordo del corpo, ne esaltano il movimento. Cappotti dal taglio deciso, maschile, vestono la silhouette ammorbidita da gonne a balze e camicie sempre impalpabili. Lo spettatore viene guidato nel buio di questo antico luogo sepolto sotto piazza Navona da nove punti luce, corrispondenti a nove modelle, cui si arriva attraverso la delicata scia dei profumi dell’artigiano profumiere Meo Fusciuni e, in sottofondo, la mistica nenia di canti ebraici, sciamanici, eseguiti da un trio virtuoso che richiama la gente alla sacralità e alla preghiera. Un’esperienza extrasensoriale che, nel cammino, invita a ritrovare sé stessi e gli altri.

Introspezione per portare al di fuori la leggerezza. Rovesciare per vedere bene. E per capire tanta parte di Cultura della Moda si sono aperte per due giorni le porte dell’antica Sartoria Farani, coinvolta nell’ormai avviato progetto firmato Clara Tosi Pamphili A.I. – Artisanal Intelligence, ovvero una piattaforma nata per unire Arte, Artigianato e Moda nel nome del Made in Italy. Con la mostra From costume to couture, lo storico luogo nel cuore di Trastevere ha esposto la sua collezione di abiti autentici e i costumi realizzati per i nomi più importanti dello spettacolo dialogando insieme ai lavori di giovani artisti, fashion designer e artigiani.

Porte aperte anche al Marriot Flora Grand Hotel che, ancora una volta, ha ospitato Room Service, a cura di Simonetta Gianfelici, aprendo le stanze dell’albergo a giovani e promettenti designer che le hanno trasformate in piccoli atelier.

E se con ASVOFF abbiamo assaggiato un primo sapore internazionale, con la mostra Hans Feurer. Fashion without a label il gusto era più che deciso. Nel salone della Pinacoteca del Tesoriere di piazza San Luigi dei Francesi, il fotografo svizzero Hans Feurer, icona del mondo della moda, accoglie il pubblico per la sua prima retrospettiva in Italia (a cura di Valentina Ciarallo e Maria Chiara Russo), che ripercorre le tappe fondamentali della sua carriera attraverso una selezione di scatti fotografici dalla fine degli anni Sessanta fino agli anni Novanta.

Tutto profuma e sa di Moda. Ma dove sono finite le sfilate? Quelle delle passerelle traslucide, delle panche affollate di giornalisti e spettatori, quelle delle torrette dei fotografi, delle ragazze di sala e degli uffici stampa agitati erano sempre lì. Un po’ fiaccate nel numero, ma regolarmente in calendario che, anche questa volta, ha attratto molta stampa internazionale, contando oltre alle firme di “Harper’s Bazaar”, anche il fashion blogger Bryanboy. In questo clima festoso abbiamo incontrato le donne orientali di Raffaella Curiel. Il suo è stato un omaggio alla bellezza e all’eleganza delle orientali che si è tradotto in sete – a righe e ricamate -, cotoni piquet, stampe floreali e veli dai tagli puliti, lineari, gli abiti le cappe hanno la leggerezza delle ali di una farfalla e le gonne sono morbide e ampie. Spiega la stilista milanese:

«Oscar Wilde diceva che la bellezza è un momento di gioia e, in questo momento di crisi, la bellezza adesso deve essere al di sopra di tutto».

La pensa così anche la maison Gattinoni, che per presentare l’Alta Moda primavera estate ha scelto il cantiere ancora aperto della Nuvola di Fuksas (all’Eur). Nella struttura di ferro e vetro appaiono le donne disegnate da Guillermo Mariotto: eteree, velate, leggere come cirri. A riportare tutti con i piedi per terra con un annuncio-shock sarà, come qui già detto, il presidente della maison, Stefano Dominella:

«Questa sarà la mia ultima sfilata a Roma».

L’addio di Dominella segue quello di Carlo Alberto Terranova che, dopo venti anni nella maison Sarli, lascia la guida creativa per «divergenze» con il nuovo ad Massimo Anselmi. I ragazzi dell’ufficio stile hanno comunque portato a termine la collezione, che peccava di coerenza tra i modelli, ma che ha rappresentato un momento molto intenso di collaborazione e di emozione tale da travolgere tutti i presenti. Lacrime, abbracci, nel backstage l’atmosfera tradiva la grande fatica compiuta da tutto il team.
Dopo un paio di collezioni all’insegna del rigore, Renato Balestra torna al colore e si ispira all’uccello del paradiso:

«Le mie donne-uccello rompono questa routine dei neri e dei grigi – racconta il maestro – ho cominciato a cercare qualcosa di leggiadro e colorato. Qualcosa che rispecchiasse la mia gioiosa idea del mondo».

Tute, abiti sirena, mono-spalla in 32 modelli colorati e luminosi (immancabile il Blu Balestra), i look sono morbidi e castigati e hanno la consistenza impalpabile della seta, dello chiffon. La sfilata si traduce in una calda evasione da un inaspettato freddo weekend romano e lascia presagire una novità nella storica maison che, si vocifera, potrebbe presto lanciare una linea di prêt-à-porter.

E i giovani? Tra loro, emergono le collezioni firmate Quattromani, Esme Vie, Arthur Arbesser e San Andrès. Quest’ultimo, in particolare, racconta una collezione coerente, dai colori e ricami delicati, i tagli simmetrici, dove emerge lo spirito del ben fatto, dell’indiscutibile qualità sartoriale che gioca sull’alternanza maschile-femminile e sui paradossi dei due generi.

Tutti i segnali parlano di ripresa, di positività, di «resistenza», per usare le parole della giornalista di Moda, Michela Zio, che in questi giorni ha presentato il suo ultimo libro Racconti in Vetrina – II, edito da Design Fausto Lupetti, in versione bilingue italiano/ inglese per rispondere alla richiesta dei concept store stranieri. Resistenza perché la Moda resiste e combatte una crisi su più fronti, puntando su ciò che ancora funziona. Spiega la Zio:

«La vendita retail e il ruolo del buyer sono vitali per il sistema moda. Io lavoro proprio con i buyer dopo le sfilate, ed è stato grazie a questo stretto contatto che mi sono resa conto di quanto effettivamente rappresentino una fetta importantissima della società commerciale italiana».

Quella che offre la Zio con il suo volume è un’opportunità per conoscere da vicino il profilo di quelle aziende portate avanti dai proprietari delle più belle boutique italiane che hanno cominciato dal nulla o poco più, lavorando sodo, giorno dopo giorno. Un viaggio tra i negozi multimarca italiani, che sono tra l’altro un tratto distintivo della nostra economia e per i quali interviene Mario Dell’Oglio, esponente di generazioni di buyer palermitani, proprietario di boutique nel capoluogo siciliano:

 «Il libro di Michela è nato dopo una sfilata – dice – Quando ti incontri e ti raccolti le storie. Mi interessava capire cosa potessi avere da dire io, per questo ho scelto di raccontare i luoghi, quelli che spesso la gente non conosce ma che per noi sono i soli luoghi deputati. I luoghi tradizionali e spesso antichi e sempre visti: i magazzini, le vetrine e i retrobottega. Noi mettiamo a disposizione degli stilisti le nostre expertise e loro le proprie capacità e visioni. E tutto per un unico scopo».

Sono queste le due opposte visioni che un buyer deve riuscire a far convogliare in un unico scopo: il prodotto finale, quello che è venduto. Tutto senza però snaturarne l’originaria fattezza, piuttosto esaltandola e rafforzandone l’aspetto visionario e magico agli occhi del mondo. La vetrina, in fondo, è come la passerella: un luogo di sogno dove si compie l’incantesimo della Moda.

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Se dovessi pensare a me, mi immaginerei in una sala bianca, col pavimento di legno, circondata di libri, pile di riviste e giornali sul tavolo e un portatile aperto davanti agli occhi, intenta a seguire il filo del discorso di un articolo che non vuole riuscire. Sarebbe un’immagine perfetta, che camufferebbe le folli corse di una giornalista trentenne prestata agli uffici stampa - per esigenza o per passione? - da sempre appassionata di letteratura, teatro, cinema, moda e arte. Se non avessi saputo scrivere non so chi sarei oggi, ma ripensando a ciò che scrisse Marinetti, dopotutto “l'arte è per noi inseparabile dalla vita”.

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