AltaRomAltaModa, 400 designer per le nozze d’argento della manifestazione romana.
La moda: un lavoro come tanti, un business come pochi

Maglifico! - courtesy of AltaRoma

Un buon matrimonio è fatto innanzi tutto dall’amore, dalla passione di due persone che si uniscono in nome di un sentimento più grande e più forte. Poi, però, per farlo funzionare serve la pazienza, la fiducia, la stima reciproca e la voglia di restare insieme nella buona e nella cattiva sorte. AltaRomAltaModa compie 25 edizioni, l’ingrediente segreto è la “collaborazione”, la ricetta? Ce la svela Silvia Venturini Fendi, Presidente della società AltaRoma, che spiega come basti semplicemente la voglia di fare per un solo unico credo: «la nostra Mission – racconta – è il sostegno agli artigiani e designer della moda».

Il binomio Moda-Arte resta dunque alla base di ogni progetto promosso dall’organizzazione capitolina e anche questa volta apre le gallerie e i palazzi storici della città a iniziative dal forte contenuto artistico. Come “Maglifico!”, proposto in prima battuta a Milano, poi esportato a Parigi e adesso in una nuova declinazione a Roma, nato per comunicare il segmento maglieria sia attraverso mostre e installazioni itineranti, sia con la piattaforma online maglifico.com (che sarà tra l’altro rilanciata a settembre in una diversa veste grafica e nuove funzionalità). Curata da Federico Poletti e sponsorizzata da The Woolmark Company, la mostra ripercorre nelle scuderie di Palazzo Ruspoli la storia degli ultimi 50 anni di maglieria a partire dalla lavorazione del filato di lana. Presentipezzidi grandi maison – Fendi, Chanel, Krizia, Gaultier, Biagiotti, Marras, Maison Martin Margiela – riuniti e scelti grazie all’attenta ricerca e selezione compiuta in collaborazione con Modateca Deanna, Centro Internazionale Documentazione Moda, che ha sin dall’inizio sostenuto il progetto trasformandolo in un’occasione unica per ciascun visitatore.

Così anche la mostra “A.I. – Roman Inspirations”, a cura di Clara Tosi Pamphili e Alessio de’ Navasques, allestita nella galleria di Giacomo Guidi a Trastevere con opere firmate dalle nuove leve delle avanguardie dell’artigianato e pezzi unici delle sartorie di costume romane, riunite sotto un unico denominatore comune, Roma.

Ma il pezzo forte in calendario è stato senza alcun dubbio l’emozionante mostra dedicata ai primi dieci anni di “Who Is On Next?”, il concorso riservato ai giovani talenti della moda promosso da AltaRoma e Vogue Italia, che quest’anno ha premiato Salvatore Piccione e Daizy Shely per l’Abbigliamento, mentre Corion è il vincitore nella categoria degli Accessori. Dieci anni riassunti in un percorso celebrativo all’interno delle sale di Palazzo Braschi, nel cuore del centro storico, e aperti al pubblico fino all’11 settembre, giorno in cui si svolgerà la VFNO-Vogue Fashion Night Out a Roma. C’erano tutti i “ragazzi” di WION: da Arnoldo Battois a Stella Jean passando per Quattromani, Au Jour le Jour, Benedetta Bruzziches che, insieme a molti altri, oggi fanno parte del contesto produttivo-commerciale italiano e internazionale.

Ed è tornato – immancabile oramai – anche l’appuntamento con i designer selezionati dall’occhio attento di Simonetta Gianfelici: Room Service, il Marriot Gand Hotel Flora ha aperto di nuovo le sue stanze alla moda “nuova” e all’alto artigianato.

In tema di unioni felici, festeggia 50 anni l’Accademia di Costume e Moda, lo storico istituto di via della Rondinella diretto da Lupo Lanzara. Per le nozze d’oro è stata inaugurata un’esposizione dei lavori di tutti gli studenti di ieri e di oggi, tra cui si contano tanti nomi noti della moda italiana e mondiale, come Aquilano Rimondi, Frida Giannini (oggi alla guida di Gucci) e Sylvio Giardina, ospite tra l’altro dell’iniziativa “Black celebration”, nella Galleria d’arte Montoro 12.

E mentre la città apre i suoi palazzi e giardini più belli, in passerella si va al Complesso Monumentale Santo Spirito in Saxia, dove tra l’altro lo street-artist newyorkese DAIN ha esposto alcune delle sue opere dedicate a Roma, in una piccola ma incisiva personale a cura di Valentina Ciarallo.

Nelle sale del “vecchio ospedale” hanno sfilato tutti: Raffaella Curiel, Renato Balestra – per i “grandi” – e poi Esmevie, San Andrès, Fabio Quaranta, Greta Boldini, tutti a eccezione di uno, Sarli. Rocco Palermo, stilista della maison, ha infatti scelto l’imponente palazzo dei congressi dell’Eur. Un segnale di un cambiamento forte come la sua collezione, che dimostra come si possa portare avanti la storia passata di un marchio e, al tempo stesso, raccontarne una nuova. La sua stagione è innovativa tanto nelle linee quanto nei tagli: una carrellata di costruzioni – abiti con volute e volumi che esaltano la fisicità e la femminilità della figura – terminata in un lungo applauso di consensi.

Raffaella Curiel conferma la sua creativa immaginazione in una collezione di 62 modelli ispirati alla “recherche” proustiana e tradotti in stoffe originali del primo Novecento. Mentre Fabio Quaranta ha invece fatto parlare a lungo di sé. E bene. Muovendosi a metà tra abiti dalla linea classica e l’abbigliamento da lavoro, la collezione evoca le linee rilassate anni ‘60 e l’elegante decoro delle divise da lavoro anni ’40, per cui la si può definire workwear. La sua è una avanguardistica visione di una storia di campagna, fatta di tele di lana, jeans e cotoni declinati nei toni della terra marrone, beige, bianco, ecru e blu.

Tra i giovani piacciono Greta Boldini – il marchio firmato da Alexander Flagella e Michela Musco – che presenta una collezione eterea e introspettiva, per una donna delicata ed elegante. Trench, abiti e gonne ampie nei colori tenui dell’azzurro polvere e del bianco sporco.San Andrès fa un salto di qualità e racconta una donna vestita di linee decise dagli ampi volumi: le gonne sono di lunghezza media, evocando lo stile degli anni Sessanta; I capi spalla e top sono over-size, in un trionfo di tonalità vivaci. Esmevie presenta invece una prestigiosa linea da sera, caratterizzata da una palette che va dal Marine al Blue Sky e che vanta una manifattura – sia nelle stoffe che negli accessori – tutta esclusivamente italiana.

Stella Jean torna nella città che l’ha lanciata insieme al progetto ITC’S Ethical Fashion Iinitiative Bring Beat of Africa, un’iniziativa che ha l’obiettivo di costruire realtà economiche sostenibili, tra il sistema moda italiano e le comunità svantaggiate di alcuni paesi dell’Africa. Ospiti ad AltaRoma Duaba Serwa, Mina Evans, Lisa Folawiyo e, infine, Stella Jean come rappresentante eccellente dell’incontro di diverse culture nella moda.

Stupisce Renato Balestra che tradisce il suo leggendario blu e, dopo la serata-evento dedicata ai giovani designer BBBBBe Blue Be Balestra, presenta in passerella una collezione tutta in rosa e nero. Venti outfit per raccontare una donna elegante, fresca, “positiva”, come la definisce il maestro, e minimalista: via i gioielli (eccezion fatta per gli orecchini, ndr.) e gli accessori ridondanti, solo gli abiti devono parlare e “far bella una donna”, racconta lo stilista nella sua conferenza alla stampa.

E se fino a pochi anni fa le passerelle sono state sinonimo di “fasto” e di “ricercata opulenza” le parole chiave del calendario capitolino, adesso, sono “rigore” – e non nella sua accezione austera, si intenda – e “dinamismo”. Il rigore: nel considerare la Settimana della Moda non una fiera della vanità di stanchi e annoiati stilisti con la voglia di farsi vedere in scena un paio di volte l’anno, piuttosto un’occasione per mettere in mostra e in pratica gli sforzi compiuti nelle varie stagioni, mostrare quanto realizzato, rispettandolo come il più sacro dei lavori e celebrandolo nell’unico tempio possibile: la passerella. Così ci ha insegnato la Fendi, a noi romani poco avvezzi alla moda intesa “alla milanese”. Perché la moda altro non è che un lavoro come tutti e, in quanto tale, necessita dell’attenzione e della serietà che a ogni mestiere compete. Il dinamismo, invece, è stato dimostrato non solo nell’infaticabile ostinata determinazione a realizzare il calendario ogni stagione al massimo delle possibilità e dell’eccellenza, ma soprattutto nell’improntare le sfilate verso un’apertura ad altre discipline. Intorno ad AltaRoma, infatti, interagiscono oramai diverse realtà che intersecano la moda, l’artigianato, l’arte, il cinema, la cultura tutta e tutte raccolte sotto l’egida dell’innovazione e dell’internazionalizzazione (un’apertura consapevole che guarda al confronto piuttosto che alla globalizzazione del prodotto, ndr.), e che nell’ultimo quinquennio hanno via via contaminato la piazza romana al punto da trasformarla in un centro di incontro culturale di alto livello internazionale.

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Se dovessi pensare a me, mi immaginerei in una sala bianca, col pavimento di legno, circondata di libri, pile di riviste e giornali sul tavolo e un portatile aperto davanti agli occhi, intenta a seguire il filo del discorso di un articolo che non vuole riuscire. Sarebbe un’immagine perfetta, che camufferebbe le folli corse di una giornalista trentenne prestata agli uffici stampa - per esigenza o per passione? - da sempre appassionata di letteratura, teatro, cinema, moda e arte. Se non avessi saputo scrivere non so chi sarei oggi, ma ripensando a ciò che scrisse Marinetti, dopotutto “l'arte è per noi inseparabile dalla vita”.

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