Josh Smith, Tutto. Al Macro di Roma la prima grande personale

Josh Smith, Untitled

La ricerca di Josh Smith si fonda su tecniche come la pittura su carta, il collage, l’incisione e l’edizione di libri d’artista, che Smith considera a tutti gli effetti delle opere in sé.

Questa mostra è la prima personale dell’artista a Roma. Non ha un carattere grandioso. E’ un allestimento che il Macro Testaccio di Roma offre con i suoi padiglioni. Due saloni oblunghi, due ingressi speculari rispetto al cortile centrale e… fine. Il museo non vuole incutere soggezione, e non lo fa, e da sempre permette un approccio graduale con le opere e gli artisti che presenta. Ha una qualche qualità, il tono, il luogo… si sottrae e si offre. E Josh Smith è in questa dimensione, confidenziale e spiegata, quindi.

La serialità delle tele è un dato, ed emerge per primo, creando un paradosso stilistico fra il riferimento alla grande stagione dell’Espressinismo Astratto, centrale nella poetica di Smith, che è Storia, e la insistita regolarità dei quadri e dell’allestimento.

Quello di Smith è infatti un omaggio alle antiche quadrerie di epoca Barocca. E parte da lì, da un tributo a Roma, alle radici della modernità, la concezione che ha fatto per il Macro, con la sua doppia serie di inediti: i sottili pannelli di compensato esposti in uno dei padiglioni, e i fogli, più o meno della stessa dimensione, nell’altro. Un’antica quadreria, quindi. Bifronte. Ma non solo. Perché in questa scelta sembra che due precise astrazioni si sostengano a vicenda. Una è quella della sua pittura, e l’altra è quella della serialità. Quindi, una sta nell’energia cromatica, nell’euforia irrefrenabile di riferimenti stilistici – che vanno dai grandi americani: Franz Kline, William De Kooning, Robert Rauschenberg, ai grandi europei dell’Informale, fino a spingersi ai padri dell’Espressionismo, per poi tornare agli anni ‘80 di J. Michel Basquiat, Christopher Wool, Keith Haring –, e l’altra, l’altra astrazione, è quella del minimalismo contenuto nella natura stessa della disposizione, dell’allestimento, come un elemento stilistico irrinunciabile in un rilancio continuo di Storie, e di citazioni di Storie, dove Smith in una sorta di enciclopedismo, pensato o automatico, offre una pittura iper-gestuale, di pura superficie, fondata essenzialmente sull’azione che si scarica attraverso il gesto, con tutti i gradi possibili di forza. Dai flussi, alle sciabolate, fino ai visi disfatti super ironici o perversi, in una danza macabra di corpi e maschere.

C’è tutto, insomma. Persino i silenzi dei molti monocromo, i collage, fino ai Name Pintings dei primi anni duemila – speculazioni astratte intorno alle lettere che compongono il suo nome – e che rimangono le sue opere più rappresentative. Tutto, ma solo dentro una insistita regolarità. Quella dei pannelli o dei fogli su cui opera, tutti delle stesse dimensioni, dimensioni messe in ordine come le tessere di una composizione perfettamente geometrica, ortogonale sui muri dello spazio espositivo. Dove l’aggressione e l’eccitazione cromatica riassorbono tutti i tempi, e tutte le Storie, distese o brusche senza continuità, se non fosse per quella scacchiera che appoggia un colore che sembra stendersi come sezioni di improvvisazione incontenibile e irregolare, di ogni irregolarità possibile, violenta e incessante –  ma pure contenuta e ferma. In pace.

L’autore è nato in Giappone, a Okinawa nel 1976, cresciuto in Tennesseee è residente a New York. Non mangia carne, e il Testaccio è un ex mattatoio.

“C’è dell’ironia in questo.” 

Info mostra

Macro Testaccio prosegue il suo progetto di divulgazione dell’arte americana delle ultime generazioni – dopo la collettiva New York Minute nel 2009 e la personale di Sterling Ruby nel 2013 – ospitando la personale dell’americano Josh Smith.

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Vive a Roma, specialista in Storia e Arte Contemporanea presso la Sapienza di Roma, ha conseguito un master e attualmente si occupa di progettazione europea nell’ambito del sottoprogramma cultura, con specifiche competenze nel programma “Creative Europe”. Ha collaborato ad alcune riviste culturali, scritto saltuariamente di politica per alcune testate on line.

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