Gilberto Zorio. L’arte è un grandissimo atto di magia contro la morte. Intervista all’artista

Gilberto Zorio_Scala Aggettante_2015

Entro in galleria (Lia Rumma a Napoli), mi aggiro tra le opere di Gilberto Zorio, tra sibili, fragorosi rumori, impercettibili mutamenti, vibrazioni. Il tempo è sospeso. Queste macchine del pensiero mettono in moto i sensi, il cervello e l’anima. La capacità percettiva si affina. Bisogna procedere lenti e pazienti. All’improvviso con un sibilo assordante, si accende Il brindisi del marrano del 2015: rumore forte e movimento meccanico rallentato, sofferto quasi. Mi fermo, lo osservo, mi sposto lenta verso il fondo della galleria dove mi attende Pergamena di luce del 2015. L’opera è grippata fronte retro da due stelle, che custodiscono al loro interno, una pergamena di pelle di mucca tesa. Mi avvicino per guardarne meglio i dettagli, le giunture gl’incastri e tac… si spegne la luce in galleria. Buio totale. Black out, penso. Invece no, di fronte a me, sulla pelle della stella, una scia pulviscolare fosforescente che trasborda sulla parete, illumina porzioni di stella e parte del muro retrostante. Appare la magia. Osservo con interesse vigile i componenti delle opere che mutano con l’intervento degli elementi, quali la luce. Ascolto i materiali.

Chiedo all’assistente di galleria di poter parlare con il Maestro. Lui mi si avvicina, sorride e mi chiede:

“Hai osservato? Hai ascoltato? Ti sei fermata? Calma..”.

Gli chiedo del Brindisi del marrano, macchina celibe che m’incuriosisce e m’inquieta…

Perché ha scelto questo titolo?

” Il marrano è la pelle di maiale spagnolo. Si ribella, soleva la scala e brinda, poi scende spossato perché è una fatica enorme… Los marranos, “i porci” era il termine dispregiativo per designare gli ebrei perseguitati in Spagna. Ho pensato di dedicare a loro, ormai lo faccio dal 1991, questa “Revange” cioè la capacità di ribellarsi di dire no, in questo caso si solleva la scala e si brinda, perché l’aria che entra da sotto lo gonfia e risolleva la scala e brinda con il fosforo.”

E il rame?

“Il rame è un conduttore il metallo che conduce per antonomasia come l’oro e l’argento”

Perché l’utilizzo della pelle bovina in alcune opere?

“La pelle che mi protegge dal mondo, mi difende dal mondo. Se non avessimo la pelle la pressione dell’atmosfera farebbe esplodere il nostro corpo, la nostra pelle ha a che fare con la scultura perché dà la forma.”

Guardo l’opera Pelli con resistenza del 1968.

“Quella è la pelle del lavoro…: pensa alle scarpe, le cinture…, migliaia e migliaia di anni fa fu modificata ed adoperata…”

… e Pergamena di luce del 2015?

“Qui cos’abbiamo invece?, la pergamena. La pelle della cultura. La cultura con calce viva. Minerale incredibilmente attuale, lo stiamo riscoprendo, perché scopriamo che con la calce viva non abbiamo insetti non abbiamo schifezze… come lo zolfo, come in questa ciotola che andò in esposizione esposta agli Arsenali di Amalfi 1968.”

Quindi abbiamo qui in esposizione opere storiche ed opere realizzate per questa occasione espositiva?

“Sì, le due scale e le due stelle sono del 2015, Pelli con resistenza è del 1968, Compasso è del 1980, Senza titolo è del 1968; L’abbraccio della grippa americana è del 1993.

Nella sua produzione, ricorre negli anni il simbolo della stella. Penso ai culti esoterici antichissimi, alle religioni che l’hanno adottata successivamente ad emblema, a qualche movimento politico…

“E’ l’icona più diffusa del globo se ci pensi, dalle religioni ai prodotti commerciali.  La stella sembra un crocefisso, è l’immagine energetica per antonomasia, però vuol dire pesantezza, sacrificio, energia, potenza, sogno, speranza, cosmo. E’ un’immagine del cosmo… abbiamo scoperto di non poterla avvicinare e l’abbiamo portata giù a nostra immagine. E’ energia totale, è il micro micro al confronto con il macro macro del cosmo, che ancora non abbiamo capito dove finisce…”

E ci ostiniamo a volerlo comprendere, ma non lo comprenderemo mai…

“Sicuramente mai. Però capiremo sempre di più, per capire che abbiamo dimenticato.

L’alchimia nasce prima della chimica, poi c’è la chimica e adesso di nuovo l’alchimia, perché abbiamo capito che la chimica non basta…”

…la chimica è limitata…

“No no è fantastica. Però c’è qualcosa che l’alchimia ci ha insegnato prima e noi non abbiamo ancora capito. Come non abbiamo ancora capito l’unione del giorno e della notte, quando avviene il riposo dei nostri muscoli, ed il suono del sangue e del cuore risuona nel cervello come un eco…”

Mi può raccontare della scelta degli elementi costitutivi dell’opera in esposizione Stella di compassi del 2015?

“I compassi sono strumenti di misurazione, costruzione e orientamento, stiamo sempre a misurare…siamo a pochi passi, ma a pochi passi da dove? Poi abbiamo qua un’ampolla di pirex cecoslovacco.”

Perché cecoslovacco?

“Perché i boemi erano dei maghi a soffiare il pirex, che è un vetro straordinario negli anni ’30. L’ampolla chimica, vedi, ha la forma dello stomaco, in piemontese stomaco si dice storto. Sopra vi ho apposto un boccaglio nero  di cera, dentro contiene alcool e fosforo. Vedi ci vuole qualcuno che voli, se un angelo arriva lassù e parla, le parole escono purificate e lui si sbronza…”

Quindi è un traduttore per purificare le parole…

“Si dice ciò che normalmente non si dice quando si è sbronzi: “in vino veritas”. Da bambino io sentivo parlare dell’alcool come spirito, infatti in Piemonte l’alcool viene chiamato spirito, poi c’è il fosforo. Il fosforo di notte lavora…”

 Come l’inconscio…

“Sì, esatto: stavo per dirtelo.

Guarda ti racconto una storia: ho fatto il servizio militare nel 1970 a Bologna, c’erano due ragazzi napoletani, due bimbi, due ragazzini, vicino alla mia branda; uno laureato in filosofia, aveva lo zaino pieno di libri, era filosofo; dopo una settimana diventò allegrissimo, era completamente fuori di sé, fuori controllo, ma di notte piangeva, e io ero lì che non dormivo…”

E cosa faceva di notte sveglio?

“Mi preparavo ad andare via di lì.

L’altro ragazzo di vent’anni, era per tutto il giorno tristissimo perché pensava alla casa che aveva lasciato, la sua città, alla morosa alla quale non aveva ancora detto che l’amava, era disperato. Di notte quello sognava e rideva, memoria… inconscio… fosforo, tu dormi e… Φωσφόρος (vuol dire portatore di memoria in greco antico). Non si può dimenticare… Pensavo allora: uno di giorno era disperato e di notte rideva, l’altro tutto il giorno era rimbambito e di notte piangeva…”

E la pinza che vedo? Quale funzione ha nell’armonia dell’opera?

“La pinza è un grande attrezzo di banalissima meccanica, che aiuta a lavorare, che evita lo sforzo, evita il pericolo ed è la forza. Ma queste pinze, anno per anno fanno dei piccoli progressi. La tecnologia vera quella seria, avanza, quasi in contemporanea e servirà ad allungarci al vita…”

…molto lentamente avanza, impercettibile progressione…

“Non lo sappiamo, la medicina anche…”

Ma siamo sicuri che avanzi veramente o è una nostra percezione/speranza?

“Sicuramente funziona, perché si lavora di meno, teoricamente.”

Sì, teoricamente, ma la realtà che è sotto gli occhi di tutti dice altro.

“Se poi il mercato ci costringe a diventare tutti schiavi, perché guai ad avere uomini liberi… Non mi prendere per comunista scatenato… lo sono, però non voglio più lo stalinismo, voglio la libertà. Voglio che tutti lavorino quattro/cinque ore al giorno e non di più!”

Questa è l’evoluzione

“Nel 1961 a Torino, Palazzo del Lavoro c’era il padiglione sovietico ai tempi di Krusciov, che era un pazzo scatenato, aveva annunciato che entro trent’anni, noi avremmo lavorato solo tre/quattro ore al giorno…”

Magari! Se solo si potesse realizzare…

“Ma come no! Subito!”

E perché non si realizza allora?

“Perché guai se la gente comincia a diventare libera. Guai…

Il petrolio bisogna consumarlo e bruciarlo, capisci? Eppure… Ho visto terrazze in Grecia e Israele piene di tubi di gomma al sole, per l’acqua calda… come un uovo di Colombo…”

Altro elemento che ricorre nelle sue opere è il giavellotto, che ora vedo qui nell’opera Scala aggettante del 2015

“Qui sono due giavellotti femminili”

Perché femminili?

“Perché la femminilità arricchisce l’universo. Perché reggono.

Il giavellotto arriva dove noi non possiamo arrivare in quel momento; cos’è una canoa dei fratelli Abbagnale? È un giavellotto tirato a metà… noi lanciamo il giavellotto, è la canoa che porta invece l’uomo, ma quell’uomo lì, se non remasse non vincerebbe mica le Olimpiadi.

E’ tutto lì… arrivare dove non si arriva normalmente…

Qui i giavellotti sostengono la bilancia del sale, dentro la ciotola trasparente che vedi c’è acqua, sale e fosforo che s’illumina quando si spengono le luci. Nel bicchiere c’è solfato di rame e acqua. La barra di rame unisce i due liquidi. In questo momento, quella è una batteria elettrica. Potremmo dare luce ad una lampadina piccola piccola, più tempo passa, più bisogna aggiungere un po’ di acqua ed un po’ di acqua ancora… come bagnare i fiori. Col tempo sarà tutto coperto di cristalli di sale azzurri e verdi.

Lei lavora. E’ il viaggio della batteria… il giavellotto è il viaggio del desiderio… e il compasso è la misura della cultura…, la scala per salire…”

Perché torce la scala?

“Perché è tutto sempre un po’ contorto. Vedi che il giavellotto non è libero… tutto è esagerazione. Guarda la pergamena grande, così non esiste in natura, l’ho fatta realizzare io. Un marrano, cioè quell’otre di maiale spagnolo, non esiste in natura, è molto più piccolo, io ho esagerato. La scala che sale e scende è un’altra esagerazione… io lavoro molto sul fuori misura… sono… maleducato.”

L’’intervento umano è fuori misura. Esageriamo?

“Siamo stronzi. Perché il giavellotto lanciato a 90 m non fa… una bomba atomica sì che distrugge un popolo. Non trovi?”

E l’arte?

“L’arte è un grandissimo atto di magia contro la morte…

E’ la telefonata insistente al Padreterno, che è in sciopero, (a cui chiede, n.d.R.) che risponda… che faccia smettere d’impazzire di cattiveria…

Il fosforo è la speranza, perché mentre noi dormiamo, lui lavora.”

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Marina Guida si laurea in Conservazione dei Beni Culturali ed Ambientali, presso L’Istituto Universitario Suor Orsola Benincasa di Napoli, (città natale dove vive e lavora) con una tesi sulla ricezione critica delle opere di Robert Mapplethorpe in Italia.
Frequenta i seminari e gli incontri dell’arte tenuti presso il centro di Documentazione Filiberto Menna di Salerno, moderati Dal Prof.Angelo Trimarco e dalla Prof.ssa Stefania Zuliani.
Critico militante, curatore indipendente, redattore free lance, collabora con diverse riviste d’arte contemporanea e periodici d’arte e cultura, scrivendo recensioni delle mostre ed articoli di approfondimento, firma saggi e testi critici per cataloghi di progetti espositivi in spazi privati.

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