La sabbia di Léman di Carmine Sorrentino. Il luminoso potere del cambiamento e del ricordo.

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Cover

L’entrare in questo romanzo è abbagliante e sovverte non solo le certezze, ma anche quel bagaglio di assonanze e corrispondenze (a volte omaggi) che ogni libro porta con sé, tributo di rispetto e conoscenza di altri libri e di altri autori.

E se la Vergine in lutto, di paglia e porcellana (che dalle Asturie alla Sicilia era poi approdata nel covo di un antiquario romano) e il suo manifestarsi ad una giovane creatura di nome Amelie, schiava dello stupore e dell’immenso che si celavano in questa statuetta, mi avevano riportata (seppur con maggior contenutezza, e non solo espressiva) alle descrizioni del sacro di Jean Genet, ecco che scoprire che Amelie altro non era che una cagnolina, una Scottish Terrier, mi ributtava nel gioco.
Un gioco dalle numerose variabili, ma sempre invitante e del quale è possibile scorgere una presente autoironia che s’affaccia dalle piccole cose e riesce a farci fare nostri il dramma, il melodramma, il tradimento, la storia, l’incoerenza, che il romanzo La sabbia di Léman (Bordeaux Edizioni) di Carmine Sorrentino porge al lettore per attirarlo in racconti che sembrano non avere altro in comune che il protagonista, Carlo, pittore di nuvole e cieli.

Carlo, che troviamo nel deserto della Giordania, l’affascinante Wadi Rum, nella mattina di un 31 dicembre, assieme ad un gruppo di turisti inclini al consumo compulso di escursioni, ruderi, monumenti rupestri, cene, sonno e nuovi tragitti.
Carlo che è diverso da tutti gli altri, che si rapporta al deserto come ad un altro se stesso e che, dall’alto del costone di granito su cui s’è arrampicato, vede, ascolta e annusa il deserto, comprendendo che lì e soltanto lì potrà aver luogo il suo distacco dalla sua storia d’amore con Sebastien, finita senza una spiegazione e lo spogliarsi “perfino dei miei pensieri più belli, perché la nudità è più seducente dei miei pensieri più belli“.
Tutto si svolgerà in una notte, in un deserto, in un farsi invadere dalle parole e dai ricordi. Soltanto lì potrà, infatti, abbandonare rancore, paura, abitudini, pene e ritrovare la sua gentilezza.

Nel deserto, dunque, nella notte che porta ad un nuovo inizio, nel colloquio stretto di parole e vicinanza fisica che Carlo ha con Amin, la giovane guida che sa fare il verso di tutti gli uccelli, che ha storie infinite da raccontare, nostalgie e purezze da condividere e che sa mostrargli saperi e unità, il protagonista rievoca e riprende possesso dei perché della sua vita, delle sue molte città, del segreto del lago di Losanna, il Lemano che dà il titolo al libro, dove – vuole una leggenda – giaccia l’intera umanità: una sorta di epitaffio medievale in seguito ad una catastrofe naturale nel 563.

Quell’epitaffio che Sebastien, inquieto, controllato, sovrastato dalle sue tradizioni e dagli orrori nazisti che avevano segnato la sua famiglia, sentiva valere per l’Olocausto intero, rendendolo preda di dubbi, immaginari scomposti, incubi e delle cose, degli oggetti che non smettevano mai di narrargli proprio tutte quelle storie.

Nella notte gelida del deserto Carlo incrocia e scambia se stesso sia con la presenza inattaccabile di Amin che anche quando parla dei Djinn, degli spiriti, li vede come compagni, sia con l’irrisolutezza di Sebastien, che non riesce a viversi l’amore forte, la passione e se ne va quasi senza una parola

Ma nel gioco a cui Carmine Sorrentino invita il lettore, di storie fantastiche ce ne sono molte altre: le montagne russe, la carpa e la capra, la paura, Dio… e l’autore ha una scrittura morbida, chiara e incorruttibile che non permette di lasciarle andar via, di dimenticarle. Usa costruire ricordi ed emozioni con parole differenti, scelte, assemblate nell’animo appena un po’ confuso dell’io narrante, pronte ad essere tramutate in piccole pietre miliari, forse gemme, forse solo spunti per non smettere mai di essere dentro ogni cosa che si vive, qualunque sia il rischio, qualunque il dolore, perché, in fine, ci sarà sempre un epilogo in cui, per amore qualcuno tesserà per noi un abito con cui unire i destini.

Tutto si svolgerà in una notte, in un deserto, in un farsi invadere dalle parole e dai ricordi.

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Giornalista culturale e autrice di testi ed adattamenti, si dedica da sempre alla ricerca di scritture, viaggi, tradizioni e memorie. Per dieci anni direttore responsabile del mensile "Carcere e Comunità" e co-fondatrice di "SOS Razzismo Italia", nel 1990 fonda l’Associazione Teatrale "The Way to the Indies Argillateatri". Collabora con diverse testate e si occupa di progetti non profit, educativi, teatrali, editoriali, letterari, giornalistici e web.

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