Accademia Svelata. A Napoli

AABB Napoli
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Si può fare comunicazione dell’arte a partire dalla didattica dell’arte? AccadeMIA svelata ha rappresentato una iniziativa in grado di porsi in questa direzione, sollecitando l’incontro di studenti e docenti nel mezzo di iniziative laboratoriali e visite guidate rivolte a tutti, ma proprio a tutti.

Un format, questo sviluppatosi quattro domeniche dello scorso maggio, da prendere ad esempio. Così, l’Accademia di Belle arti di Napoli si è suotata della solita popolazione studentesca per aprirsi ad un pubblico non quotidiano fatto di famiglie e bambini, turisti e ben capitati di turno.

Ideato e promosso dal Dipartimento di comunicazione e didattica dell’arte, il progetto AccadeMIA svelata ha disposto una offerta totalmente gratuita azionata dalle diverse leve in gioco alla storica istituzione partenopea. Dalla scenografia alla pittura, dai percorsi di deriva al coro delle voci scordate ogni piccola iniziativa ha posto una tessera di questo mosaico sull’azione e sulla libertà in divenire. Ho assistito a varie fasi del progetto, carpendo lo spirito di sacrificio e di responsabilità posto nel correre tanto dietro alla burocrazia quanto mossi in avanti dalla creatività.

Il principio che anima una iniziativa del genere deve risiedere dentro la voglia di tenere l’errore alla lontana per incoraggiare l’immersione nelle cose attraverso la logica del porsi in gioco e del radicarsi nell’azione:  come insegna Donella Di Marzio. Non c’è stato momento in cui qualcuno abbia rischiato di rimanere da solo ma la strada del coinvolgimento ha giocato un ruolo privilegiato nel farsi interprete della prospettiva comune.

Così, ad esempio, nel primo laboratorio di Rino Squillante, dei comunissimi cartoni da imballaggio sono diventati una casa su cui lasciare le proprie impronte grazie all’azione del colore, diventato quanto mai tattile nell’esperienza di gioco del bambino. Ma anche lo spazio teatrale è stato degnamente rappresentato dalla messa in scena de la principessa e il povero, una commedia in tre atti su racconto africano nata sotto la supervisione di Angelo La Fera: gli studenti hanno curato lo spettacolo in ogni minimo dettaglio prestandosi anche alla recitazione e compiendo un lavoro di squadra che si pone come uno degli orizzonti più fertile del praticare l’arte, lontano dalle logiche individuali che animano alcuni circuiti autoreferenziali.

La partecipazione dei bambini non si è limitata al ruolo di spettatori: sarebbe proseguita infatti per mezzo della realizzazione di burattini con materiali essenziali quali palline di polistirolo e tessuti di poco conto, rinfrescati dall’intervento cromatico dei tanti intervenuti. In questo modo le famiglie hanno accantonato la possibilità di una passeggiata preferendo un modello didattico basato sulla scoperta e sul gioco. Ma hanno anche potuto mettersi in contatto con il patrimonio dell’accademia napoletana, tra le più antiche e ricche di storia del nostro bel paese: basti pensare al calco dei fregi del Partenone che campeggia lungo le pareti dell’aula magna e la quanto mai didattica gipsoteca.

Questa iniziativa ha inoltre aperto le porte della Sala Palizzi: raggiungibile solo dopo la scalata del maestoso scalone monumentale, la disposizione ottocentesca della collezione dei lavori del pittore nativo di Vasto – di cui quest’anno ricorre il bicentenario della nascita – e dei suoi fratelli è stata svelata ad un pubblico interessato e incuriosito. Ho avuto modo poi di fare esperienza di alcuni busti di Vincenzo Gemito che non sapevo appartenessero alla sala: insomma, uno spazio pubblico è stato riconsegnato alla fruizione e, grazie all’intervento di Mauro Palumbo e degli studenti di didattica – sotto la supervisione dei docenti responsabili del patrimonio dell’accademia Federica De Rosa, Marco di Capua e Andrea Zanella – opportunamente presentata ai più.

Il giusto mix di creatività e curiosità ha dunque instradato l’azione di questa iniziativa, animata dall’energia degli studenti in primis, pronti a rispondere responsabilmente al ruolo di educatori.

Già il fatto di porsi in cortile, all’esterno delle aule ha messo in discussione un modello didattico incentrato sulla frontalità del docente rispetto al discente, incoraggiato l’accerchiamento quale forma di comunicazione e sprovvisto molti del quotidiano senso di autorità che le diverse posizioni sostengono. Il valore di una iniziativa del genere sta nel dimenticarsi della propria individualità e diventare necessariamente corpo collettivo.

I percorsi di deriva azionati da Marzia Azzurra Albanese, Armando De Caprio e Alberto Michalette (incoraggiati dal prof. Paolo Marabotto) hanno messo in gioco tutti, concretamente.

Sulla scorta di una lettura continua di Perec – e la sua poetica degli spazi – la proposta di una deriva guidata negli spazi quotidianamente attraversati – ma mai presi in considerazione sul serio – del centro storico di Napoli si è snodata a partire da una caccia al tesoro portata avanti per enigmi nel delimitare il percorso.

Il tutto poi avrebbe trovato nella redazione di un libricino sensoriale un documento tangibile di una azione ideata al fine di raccogliere sensazioni. Ed ancora il laboratorio di pittura per la didattica di Maria Cristina Antonini, segnato da uno sconfinamento tra la grammatica della fantasia di rodariana memoria e le rivendicazioni sull’arte dell’eterno Bruno Munari: azzurrità, rossità e altre meraviglie – raccontare i colori (un azzurro è un azzurro, un rosso è un rosso); i colori raccontano (c’era una volta, c’era due volte). E la proposta di didattica museale di Paolo Marabotto, in grado di disorientare l’utente abituato ad un certo modo si sciropparsi la curatela e la didattica.

AccadeMIA svelata ha posto in essere una strategia: quella di farsi partecipi, allargare le presenza, dare modo a tanti di esserci lasciando il proprio, personale segno.

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Antonio Mastrogiacomo vive e lavora tra Napoli e Reggio Calabria. Ha insegnato materie di indirizzo storico musicologico presso il Dipartimento di Nuovi Linguaggi e Tecnologie Musicali del Conservatorio Nicola Sala di Benevento e del Conservatorio Tito Schipa di Lecce. Ha pubblicato “Suonerie” (CD, 2017), “Glicine” (DVD, 2018) per Setola di Maiale. Giornalista pubblicista, dal 2017 è direttore della rivista scientifica (Area 11 - Anvur) «d.a.t. [divulgazioneaudiotestuale]»; ha curato Utopia dell’ascolto. Intorno alla musica di Walter Branchi (il Sileno, 2020), insieme a Daniela Tortora Componere Meridiano. A confronto con l'esperienza di Enrico Renna (il Sileno, 2023) ed è autore di Cantami o Curva (Armando Editore, 2021). È titolare della cattedra di Pedagogia e Didattica dell’Arte presso l’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria.

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