Festa del Cinema di Roma 2018 #2. Bad times at the El Royale. Tra vecchio noir e nuovo splatter.

immagine per Bad Times at the El Royale

El Royale, un Resort stile anni ’50, sontuoso ma decadente, sulla linea di confine tra la California calda ed assolata ed il Nevada burrascoso, speranza ed opportunità di cambiamento per una umanità composita.

Sette anime oscure ed enigmatiche, perse ed in pena, con segreti torbidi e turpi, dietro lo specchio scuro delle vite trascorse, pronti a cambiare pelle e rivelare il vero volto, buono o cattivo che sia, si incontrano e si mescolano in questo luogo-simbolo. Un prete, una cantante, un commesso viaggiatore, una hippy e sua sorella minore, un tuttofare di hotel, ed un folle predicatore del bene e del male. Questo il sunto ma è poi il dettaglio che fa il film.

Intanto quasi un set unico dentro e fuori l’hotel, con una stanza centrale che fa da hall-casinò, con tutti i confort anni ’60, bar fornitissimo, caminetti, tavoli da gioco, snake e juke box con una accurata cura dei costumi. Ad ognuno il suo preciso abbigliamento che ben si confà al ruolo ma non alla reale sostanza che è di tutt’altra pasta, ed un arredo di ambienti sontuoso e kitsch allo stesso tempo. Dove celebrità e politici una volta si incontravano per passare good times. Nel presente, a seguito del ritiro della licenza gioco d’azzardo, al tempo dello spionismo universale dell’era Watergate di Nixon, un luogo degradato e vuoto di movimento, voci e vita.

Con una larvata irrequietezza pronta ad esplodere in una violenza nascosta che arriverà all’annientamento. In sintesi un noir o crime story esistenziale, girato su un set teatrale, che si trasforma in un cruento splatter. Con il clou delle storie, fatte anche di flashback per ognuno prigioniero del proprio passato, con tanti segreti nascosti dietro le mura dell’albergo e dentro le anime dei clienti, che si dipanano pian piano (troppo n.d.r.)  in una notte tempestosa fatta di tuoni, fulmini e pioggia, lungo la via della redenzione, prima di arrivare all’inferno.

Lo sceneggiatore, regista, produttore Drew Goddard affoga i suoi interpreti, a tratti magistrali, padre Flynt (Jeff Bridges), la cantante Darlene (Cyntia Erivo), il salesman Laramie (Jon Hamm), la hippie Emily (Dakota Johnson), la piccola Rosie (Cailee Spaeny), il manager Miles (Lewis Pullman) ed il predicatore Billy Lee (Chris Hemsworth), a volte troppo verbosi e fuori contesto, in una atmosfera inquietante fatta di primissimi piani (alla Sergio Leone), di piani sequenza per cercare di far entrare tutti dentro la scena, con aperture grandangolari in cui confluiscono anche i minimi dettagli di un luogo antico ma fuori del tempo (come l’Overlook Hotel di Shining di Stanley Kubrick) e deformazioni mentali da reclusi (come in Qualcuno volò sul nido del cuculo di  Milos Forman). Con accenni di vera nevrastenia quando l’hippy Billie Lee prende la scena. Dove il Vietnam (richiamato da un flashback) diventa una barzelletta nei confronti della violenza urlata e filmata dal regista.

I dialoghi spesso secchi e frustanti, in slang pieni di humor nero sostengono le tensioni che esplodono troppo spesso in provocatori colpi di scena. Del resto Drew Goddard viene dai supereroi della Marvel Comics come Daredevil e da serie di horror come World War Z. (zombi) e The cabin in the wood (mistero e soprannaturale), o di Lost al quale rassomiglia per l’andata e ritorno dei flashback ed i ritorni temporali per ognuno dei protagonisti. Dove tutto può accadere in una serie infinita di avvenimenti e di cambiamenti, senza capire dove si andrà a finire.

Il film è interessante da vedere come la cartina di tornasole per capire da quali film ‘antichi’ si viene e verso quali film ‘nuovi’ si arriverà.

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Pino Moroni ha studiato e vissuto a Roma dove ha partecipato ai fermenti culturali del secolo scorso. Laureato in Giurisprudenza e giornalista pubblicista dal 1976, negli anni ’70/80 è stato collaboratore dei giornali: “Il Messaggero”, “Il Corriere dello Sport”, “Momento Sera”, “Tuscia”, “Corriere di Viterbo”. Ha vissuto e lavorato negli Stati Uniti. Dal 1990 è stato collaboratore di varie Agenzie Stampa, tra cui “Dire”, “Vespina Edizioni”,e “Mediapress2001”. E’ collaboratore dei siti Web: “Cinebazar”, “Forumcinema” e“Centro Sperimentale di Cinematografia”.

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