Gli strumenti e il caso. Dissonanzen ritrova Evan Parker

immagine per Evan Parker
foto di Pietro Previti

I sistemi di notazione e di grafia della musica del XX secolo destano grande interesse sia dal punto di vista espressivo che artistico-plastico. Sebbene sia difficile trovare esecutori che si facciano carico della responsabilità di eseguire partiture che si presentano tanto belle graficamente quanto complicate da suonare, alcune partiture grafiche sono state al centro dell’iniziativa che ha dato il via alla stagione artistica 2019 – La forza del dialogo – dell’ensemble Dissonanzen, presso il Ridotto del teatro Mercadante di Napoli, lo scorso lunedì 14 gennaio, nel concerto dal titolo Gli strumenti e il caso.

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foto di Pietro Previti

La formazione partenopea, attiva da oltre venticinque anni nelle prassi compositive della musica contemporanea a partire dall’ibridazione con la musica antica – come il caso della forte componente barocca – e la forza di un percorso di studi fortemente accademico – nella giusta contaminazione con tutto quello che si agita fuori l’accademia – arriva compatta all’appuntamento con il sassofonista ed improvvisatore anglosassone Evan Parker, che si riunisce con il gruppo dopo l’esperienza del 2014 presso il conservatorio San Pietro a Majella, la cui documentazione sarebbe confluita nel cd presentato per l’occasione ed edito dall’etichetta Black Sheep Power Desco Music di Francesco D’Errico.

Il sold out registrato all’ingresso testimonia lo stato di buona salute in cui versa l’attenzione del pubblico partenopeo nei confronti delle esperienze musicali coeve, specie quando illuminate da quel faro di consapevolezza critica musicale che è Dissonazen, stavolta presente come ottetto con Tommaso Rossi ai flauti, Marco Sannini alla tromba, Francesco D’Errico ai sintetizzatori, Ciro Longobardi alle tastiere e campioni, Marco Cappelli alla chitarra elettrica, Marco Vitali al violoncello, Renato Grieco al contrabbasso, Stefano Costanzo alla batteria.

Il programma della serata è distinto in due parti che elaborano la presenza dell’esecutore come interprete della partitura prima, come esecutore di una composizione collettiva in tempo reale poi.

Dopo le chiare premesse raccontate dal presidente dell’Associazione Tommaso Rossi, tocca alla musica. Si parte con Autotono di Sylvano Bussotti, libro-partitura realizzato nel 1977 quale sequenza di “pittografie” in aperta complicità dello zio, il noto pittore e illustratore Tono Zancanaro (1906-1985), in occasione del suo settantesimo compleanno.

Segue Deragliamento (1984) di Francesco Pennisi, autore di opere visive che rimangono uniche per l’altissima qualità del segno, l’eleganza espressiva, la capacità di rendere, mediante immagini, ritmi e colori che fondono passato e presente, spazi e dimensioni mimetici e astratti.

Chiude Serenata per un satellite, scritta da Bruno Maderna nel 1969 in occasione del lancio del satellite europeo ESTRO I dall’isola dai Vandemberg nell’Oceano Pacifico per lo studio dei fenomeni connessi alle aurore boreali e dedicata al fisico torinese Umberto Montaltenti, vero e proprio punto di arrivo lirico e formale della ricerca aleatoria del compositore e direttore d’orchestra veneziano.

In sala alcuni erano entusiasmati dalla possibilità di entrare in contatto con questo tipo di musica dal vivo, momento propriamente raro considerate le mode rituali delle sale da concerto che autorizzano la ripetizione come fondamento della tradizione.

Alcuni hanno avuto parole di miele per gli interpreti, alla stregua di baluardi della musica contemporanea in una città, Napoli, non troppo devota a questa particolare buona ossessione: l’assenza di una vera e propria scuola compositiva pienamente novecentesca napoletana sembra poter essere una traccia da sviluppare per qualsiasi studente che non si limiti alla celebrazione del rituale ma sia interessato a dissotterrare i motivi atavici di questa condizione.

Evan Parker entra in campo nel secondo tempo, a guadagnare il centro della scena mentre l’ottetto si posiziona horseschoe a lui intorno: il suo sassofono soprano libera l’energia stipata nella sua dialettica compositiva e squarcia il velo di religioso silenzio creatosi in seguito a questa nuova situazione.

Molti del pubblico si affannano alla ricerca dello scatto perfetto da consegnare alla personale o collettiva memora se condiviso. Gioca un ruolo niente male la scenografia creata dalle luci sul fondale a simulare un tramonto mentre i nove performano in compagnia l’uno dell’altro, elaborando in tempo reale idee possibilmente condivise come frasi con cui dialogare.

Parker assume il ruolo di guida, eppure il valore dei singoli riesce ad emergere carsicamente all’ascolto, come ordito che completa la trama. Così è l’applauso a dividere segmenti pensati in congiuntura mentre si spendono sorrisi a riguadagnare l’attenzione di prima.

L’esercizio della composizione istantanea, se praticato responsabilmente, dischiude orizzonti sconosciuti e irreplicabili se non a mezzo registrazione.

Una buona dose di applausi ripaga gli interpreti che hanno onorato la serata grazie a un concerto memorabile per intensità e adesione critica all’istanza posta da una certa musica contemporanea, laddove la sua stessa proposizione assume un significato in qualche modo politico. Chi lascia quella sala sa bene di aver assistito a qualcosa di unico perché non eterno.

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Antonio Mastrogiacomo vive e lavora tra Napoli e Reggio Calabria. Ha insegnato materie di indirizzo storico musicologico presso il Dipartimento di Nuovi Linguaggi e Tecnologie Musicali del Conservatorio Nicola Sala di Benevento e del Conservatorio Tito Schipa di Lecce. Ha pubblicato “Suonerie” (CD, 2017), “Glicine” (DVD, 2018) per Setola di Maiale. Giornalista pubblicista, dal 2017 è direttore della rivista scientifica (Area 11 - Anvur) «d.a.t. [divulgazioneaudiotestuale]»; ha curato Utopia dell’ascolto. Intorno alla musica di Walter Branchi (il Sileno, 2020), insieme a Daniela Tortora Componere Meridiano. A confronto con l'esperienza di Enrico Renna (il Sileno, 2023) ed è autore di Cantami o Curva (Armando Editore, 2021). È titolare della cattedra di Pedagogia e Didattica dell’Arte presso l’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria.

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