L’arte di parlare in pubblico è quasi una meditazione. Intervista con Valentina Lo Surdo

immagine per Valentina Lo Surdo

Merigar è una comunità accogliente e ricca di porposte culturali, arroccata nel cuore del Monte Amiata dove si può pregare in un suggestivo tempio buddista, attivissimo e molto amato. Un esperimento formativo particolare quello ideato da Valentina Lo Surdo e appena conclusosi nella Comunità Dzogchen di Merigar  ad Arcidosso.

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Valentina Lo Surdo

Qui Valentina Lo Surdo, conduttrice radiotelevisiva di grande talento ma anche musicista, giornalista musicale, organizzatrice di eventi culturali, speaker e viaggiatrice dei mondi e dell’anima, ha immaginato un corso intitolato Presentazioni da standing ovation.

Dedicato a tutti coloro che si trovano nell’esigenza di presentare il proprio lavoro in video, in audio o in aula o a coloro che, quando devono affrontare una platea, hanno paura di sbagliare o di avere un vuoto di memoria, etc.

Questa commistione fra spirito e tecnica, fra meditazione e azione; questa sorta di ritiro interiore che riesce a portare nuova consapevolezza e nuova professionalità apre delle visioni nuove e, pur se alla fine tutti sono tornati alla loro vita portando con sé i segreti di un mestiere, affascinante e complesso, non saranno certamente solo i loro futuri interventi pubblici ad essere memorabili.

Ma anche la capacità di trasformare i difetti in punti di forza, quella di generare la magia della sospensione del tempo e di catturare l’attenzione di chi ascolta; la concentrazione, l’attenzione. Insomma, quasi una meditazione.

Per scoprire qulcosa di più ne parliamo direttamente con lei:

Come nasce l’idea di questo corso? È molto richiesto? A che target ti rivolgi?

Il corso nasce dalla constatazione che non esistono corsi professionalizzanti di questo genere. Mi spiego meglio: esistono certamente corsi di public speaking, ma nella quasi totalità dei casi sono tenuti non da public speaker di professione, bensì da trainer, da formatori che però non hanno la pratica quotidiana dello speech in pubblico.

Il mio metodo infatti si basa esclusivamente sulla mia esperienza personale, un’esperienza diretta e pratica: in radio, in televisione, sul palco.

Il mio punto di forza, insomma, è nel restituire agli studenti gli autentici strumenti di maggiore utilità per far sì che il proprio public speaking risulti al massimo efficace.

Su quali difficoltà principali del parlare in pubblico ti soffermi, con i tuoi allievi?

La paura del pubblico, la paura del vuoto di memoria, il riconoscimento della propria vera voce.

Infatti la maggior parte dei partecipanti non ama ascoltare la propria voce amplificata, al microfono, per due semplici ragioni: perché non la conoscono, oppure perché non hanno ancora scoperto la loro voce autentica.

Mi piace lavorare moltissimo sulla scoperta del nostro suono ideale, una scoperta davvero importante ed emozionante per ognuno.

I partecipanti imparano una tecnica specifica o acquistano una maggiore conoscenza anche di se stessi e delle proprie dinamiche?

I partecipanti acquisiscono dopo solo poche ore di training delle sensazioni completamente nuove: sensazioni di maggiore sicurezza sul palco, di maggiore consapevolezza della propria presenza fisica e della bellezza del suono della propria voce, qualsiasi essa sia.

Inoltre lavoriamo intensamente anche sulla costruzione del discorso, sulle tecniche di memoria, sul linguaggio e i modi più efficaci della comunicazione.

Ci racconti come è andato l’esperimento di questo mese di giugno?

Sono davvero soddisfatta dei risultati raggiunti e dei feedback ricevuti!

Ho voluto impostare un training molto pratico, in cui ho sottoposto i partecipanti soprattutto a potenti esercizi di sbloccaggio delle emozioni limitanti, in un clima di grande concentrazione ma al tempo stesso anche di amichevole condivisione, leggerezza e autoironia.

Perché hai scelto Merigar, luogo dell’anima e della pace, per offrire la formazione a professioni estremamente dinamiche e spesso impostate su contrasti e opposizioni?

Frequento io stessa Merigar da diversi anni e dunque so sulla mia pelle quanto qualsiasi esperienza didattica, di formazione, di crescita personale sia potenziata dalla straordinaria cornice naturalistica e dalla profonda ispirazione spirituale di cui ogni visitatore che si soffermi qualche ora a Merigar può beneficiare.

Qual è il tuo rapporto con il buddhismo, la meditazione?

Non sono buddista, ma amo e studio il buddhismo. In generale non aderisco a nessuna filosofia, scuola di pensiero, religione, ma mi sento sicuramente molto affine alla spiritualità orientale.

Ho praticato intensamente vari stili di meditazione e gli insegnamenti ricevuti a Merigar dal Maestro Namkhai Norbu sono state tra le esperienze più preziose della mia vita.

Ritengo in ogni caso il buddhismo e la meditazione in generale due strumenti eccellenti per vivere con maggiore consapevolezza, presenza, gioioso benessere.

Non a caso faccio riferimento a molti insegnamenti buddisti e a varie tecniche di meditazione anche nei miei corsi più occidentali.

Applichi la tua ricerca interiore alla tua professione pubblica?

Al cento per cento! Credo fortemente che l’esterno debba rispecchiare l’interno e viceversa, che sia necessario avere i piedi per terra e la testa in cielo, che la via più giusta sia integrare lo spirito e la materia.

Questo per me ha significato tempo fa l’esplorazione di un mondo completamente diverso da quello dove sono cresciuta.

Poi è venuto anche il momento persino di rifiutare la mentalità consumistica, capitalistica, l’educazione comune che riceviamo dalle nostre parti, infine ho capito che dovevo semplicemente integrare gli insegnamenti ricevuti e appresi proprio nella realtà dove sono nata e cresciuta, perché è qui il mio campo d’azione naturale.

Quindi nessun rifiuto di niente, nemmeno della parte più business del mio lavoro, dei miei ruoli diciamo così “pubblici”; ma al tempo stesso nessuna esaltazione nemmeno delle scoperte straordinarie fatte in terra orientale o in Sudamerica.

Non esiste un meglio o un peggio, esiste solo esercitare il non attaccamento e la non avversione, cercando quanto più possibile la via di mezzo: l’equilibrio.

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Giornalista culturale e autrice di testi ed adattamenti, si dedica da sempre alla ricerca di scritture, viaggi, tradizioni e memorie. Per dieci anni direttore responsabile del mensile "Carcere e Comunità" e co-fondatrice di "SOS Razzismo Italia", nel 1990 fonda l’Associazione Teatrale "The Way to the Indies Argillateatri". Collabora con diverse testate e si occupa di progetti non profit, educativi, teatrali, editoriali, letterari, giornalistici e web.

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