Il resto della settimana. Peppe Servillo legge Maurizio De Giovanni e il pubblico esulta.

immagine per Peppe Servillo
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Peppe Servillo
Foto di Gianni Fiorito

È sempre un’emozione quella di poter andare a teatro sicuri che sarà una serata speciale, che non ci saranno delusioni, che si potrà respirare lo spettacolo in tutta la sua potenza.

E così è stato per la prima assoluta de Il resto della settimana tratto dal libro di Maurizio De Giovanni, messo in scena da Peppe Servillo e accompagnato dalle musiche dal vivo di Natalio Luis Mangalavite, per la ventunesima rassegna di Flautissimo.

È una storia dedicata al calcio, quello in cui la passione si trasforma in “malattia”, ma è anche una storia dedicata a Napoli, al sentimento di una città intera per la sua squadra e per tutti i campioni che l’hanno attraversata. Miti compresi.

E per miti, lo sanno tutti si intende l’unico, quasi innominabile dio del calcio, Diego Armando Maradona che, a distanza di trent’anni non riesce ad essere dimenticato.

Il resto della settimana è quello che intercorre fra due partite, quello dove il tempo sembra essersi fermato, dove non si può fare altro che ricordare l’ultima o predire la prossima partita.

Ogni tifoso vive in questo limbo con il proprio lavoro, con il proprio carattere, con la propria famiglia, i pensieri, i sogni, le abitudini che poi la domenica trascolorano in azzurro, il colore del Napoli Calcio, quel momento in cui di tutto non resta che il pallone e anche le differenze sociali sembrano svanire in nome della fede comune.

Sono due i capitoli che vengono letti nel corso dello spettacolo: «Elogio dei distinti» e «La presa di Torino».

Nel primo si racconta lo stadio un po’ come un paradiso (o un inferno) i cui gironi, tre, curve, tribuna e distinti, sono popolati da beati o dannati le cui attitudini vengono descritte con l’ironia partenopea intrisa di fusione. Sono le emozioni collettive, le battute condivise con uno sconosciuto, la possibilità di immaginarsi uniti nonostante tutto.

Il secondo capitolo, invece, è la storia dell’indimenticabile trasferta in auto di quattro amici dal Napoli a Torino per assistere, il 9 novembre 1986 a quella partita Juve – Napoli che cambiò la storia del club. Il Napoli vinse per 3-1 per poi volare verso il suo primo scudetto. Ma quello che racconta questo capitolo anche a chi non segue il calcio, è come una partita possa condensare in 90 minuti tutti i sentimenti che passano poi nella vita.

La scrittura ironica, appassionata e multiforme di De Giovanni fatta reale dalla voce e dall’interpretazione intensa, ritmica e scanzonata di Peppe Servillo ha trascinato il teatro in un susseguirsi di risate, ricordi, stupori, sorprese.

E poi la musica, canzoni sul calcio, ma non solo, pianoforte e voce, riproposizione delle sperimentazioni nate con il progetto Futbol che Servillo ha ideato assieme a Javier Girotto e Natalio Mangalavite ispirandosi alle Storie di calcio di Osvaldo Soriano.

Di Soriano, a fine spettacolo, in una sorta di bis, Servillo legge (con voce straordinariamente “altra” rispetto a quella usata per il testo di De Giovanni) Gallardo Pérez, arbitro uno dei racconti di Futbol Storie di Calcio. Storia per sorridere e non dimenticare origini, miseria, felicità e conclude con una canzone dedicata a Maradona, ma anche all’immaginario collettivo: No te mueras nunca.

Uno spettacolo che ha regalato divertimento reale, sincero, vivace, ma anche dei déjà vu inarrestabili e una lieve striatura di malinconia.

Non solo per i napoletani. E non solo per i tifosi.

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Giornalista culturale e autrice di testi ed adattamenti, si dedica da sempre alla ricerca di scritture, viaggi, tradizioni e memorie. Per dieci anni direttore responsabile del mensile "Carcere e Comunità" e co-fondatrice di "SOS Razzismo Italia", nel 1990 fonda l’Associazione Teatrale "The Way to the Indies Argillateatri". Collabora con diverse testate e si occupa di progetti non profit, educativi, teatrali, editoriali, letterari, giornalistici e web.

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