Letteratura inaspettata #65. La tigre di Noto. Simona Lo Iacono racconta la forza e la vita di Anna Maria Ciccone

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Un libro intenso, armonioso nato dalla penna eccellente di una scrittrice versatile, vera, che dalla realtà prende spunto per raccontare i protagonisti dei suoi testi, tradotti e pluripremiati.
Lei è Simona Lo Iacono, siracusana che alla professione di magistrato, affianca la passione della scrittura, autrice del romanzo, appena edito, La tigre di Noto (Neri Pozza ed.).

Il libro racconta la storia di Anna Maria Ciccone, nata a Noto nel 1891, docente di matematica e fisica alla Normale di Pisa, donna di grande temperamento che, durante la Seconda Guerra mondiale, riuscì a salvare i testi ebraici dell’Università in cui insegnava dalla requisizione e dalla distruzione nazista.

In sua memoria nei giorni scorsi è stata apposta una targa commemorativa nell’Università di Noto e, nella stessa Pisa, proprio grazie al testo della Lo Iacono, sono in cantiere alcune iniziative dedicate alla docente siciliana scomparsa.

Una  donna straordinaria,  in cui la nostra autrice si è imbattuta per caso o forse no, come lei stessa ci racconta:

Il mio incontro con Marianna è stato casuale, mi ha parlato di lei un’attrice del Teatro Comunale di Noto, l’avvocato Rina Rossitto. Ma in verità in letteratura il caso non esiste. I personaggi ci liberano dalla nostra solitudine, ci vengono a trovare, si propongono per essere narrati, non perchè ne abbiano bisogno, ma perchè ne abbiamo bisogno noi. 

La voglia di narrare storie di persone realmente esistite che, attraverso i suoi testi, rivivono è ricorrente nella produzione letteraria di Simona Lo Iacono e trova una precisa motivazione:

Nasce da una profonda esigenza di giustizia. Dalla necessità di dare voce a chi non ha potuto dire, o a chi è stato sommerso dalle ambiguità della Storia. Mi pare un atto di omaggio ai morti, un rito sepolcrale, nel senso di sacro, perchè scrivere di questi personaggi vuol dire onorarne la memoria, in qualche modo ammetterli nuovamente alla dimensione dello sguardo

Un omaggio che non viene mai meno e che accompagna il lettore nella conoscenza non solo della protagonista, ma anche del periodo storico in cui si colloca, delle problematiche sociali ad esso connesso.

immagine per La tigre di Noto di Simona Lo IaconoCosì la Ciccone, meglio conosciuta come “La tigre di Noto”, si inserisce in un contesto difficilissimo per una donna forte e, nel contempo, delicata che si trova a dovere affrontare il dolore di sentimenti famigliari traditi, le difficoltà legate ai due conflitti mondiali e a quello di trovare la giusta collocazione tra i cattedratici, in un tempo che lasciava poco spazio alle donne.

E, in quest’ambito, sebbene siano trascorsi decenni e la società abbia subito profonde mutazioni, le difficoltà per le donne  rimangono, come conferma la stessa autrice:

L’evoluzione è stata profonda anche se restano tanti scogli, tante fatiche per la donna che voglia coniugare la dimensione della femminilità e della maternità con quella del lavoro.

Nel testo, lo sguardo di Marianna Ciccone si apre alla luce, sia della ricerca, sia dell’amore per gli altri, nella consapevolezza che tutelare il patrimonio culturale di un popolo significa salvaguardarne la sopravvivenza.

 “(…) I libri li recuperammo tutti nell’autunno del 1944 e ci sembrò di riesumare un tesoro. Era una mattina brillante, l’aria tornava a farsi rarefatta, senza fumi di incendio o puzzo di spari. I tedeschi avevano lasciato Pisa il 2 settembre. Era stata una festa. I pisani erano scesi in strada urlando di gioia, all’inizio timidamente, poi sempre più tumultuosi e commossi. Nessuno era più all’angolo a fustigare un movimento, nessuno ti sparava a vista, nessuno ti puntava. Era finita. (…)”.

Una narrazione, quella dell’autrice che al dolore, ai lutti, alla devastazione affianca il coraggio, la passione, la speranza che diviene bellezza, quella bellezza che trapela nel racconto e che la Lo Iacono da sempre regala al suo pubblico.

E questa bellezza, o l’arte della bellezza, riuscirà ancora oggi a salvare il mondo, per citare Dostoevskij?

Ma certo! – conclude Simona –  La bellezza induce alla contemplazione, e la contemplazione è ciò che ci porta oltre, in profondità. Abbiamo assoluto bisogno di immergerci nella armonia del creato, di santificarlo con la nostra ammirazione, con la nostra gratitudine. In una parola, con la nostra lode.

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Rita Caramma è giornalista e scrittrice. Per poesia ha pubblicato: “Nella mia ricca solitudine” (Il Filo – Roma – 2005), “Retrospettive dell’inquietudine” (Zona - Arezzo – 2008), “Ti parlerò d’amor” (Drepanum – Trapani – 2016), “Parole di carta, parole di cartone” (Youcanprint – 2018). Per la narrativa il racconto lungo “Tecla” (Youcanprint – 2019). Per il teatro: “Una vestale di nome Ginevra” (Zona – 2010) e “Respiri migranti” (CR – Acireale – 2018), di quest’ultimo ha curato anche la regia. Ha scritto le favole in rima “Il ragno” (Arteincircolo 2007) e “Gelsomina” (Youcanprint – 2018). Ha curato diverse antologie di poesie e racconti. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti a livello nazionale, fra questi nel 2010 le è stato conferito il premio “Ercole Patti” per il suo impegno culturale.

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