Letterature Festival 2021. Leggere il mondo. Nel vuoto del cambiamento culturale

Letterature Festival 2021. Leggere il mondo: il pubblico

Mai vista una mobilitazione così grande per fermare la crisi ed il tramonto attuale della cultura tout court.
La ventesima edizione del Festival Internazionale delle Letterature di Roma a cura dell’Istituzione Biblioteche di Roma Capitale ha avuto luogo  nella magnifica location, unica al mondo, lo Stadio Palatino dentro il Foro Romano, dove una volta erano i più prestigiosi palazzi della Roma Imperiale.
Quindi il main partner culturale di questa manifestazione delle Biblioteche è stato il Parco Archeologico del Colosseo con la sua efficiente organizzazione. Con la partecipazione di tre Istituti importantissimi di cultura, l’American Academy in Rome, il British Council, l’Institut Francais e la loro esperienza pluriennale.

Gli spettacoli hanno messo in scena ogni sera Letture dei più noti attuali scrittori mondiali, Arte contemporanea e Musica dentro le atmosfere di un reale ambiente kolossal, mai visto prima.

E qual è l’impressione, al di là della soddisfazione personale di una grande serata?
È che siamo arrivati, anche grazie agli eventi sanitari o meno, ai cambiamenti della vita di relazione e delle mode ad un nuovo medioevo dell’interesse e del sentire culturale.

La paura del morbo prima ed il ritorno alla normalità hanno portato quasi tutti a voler soddisfare prima i bisogni primari e futilità varie (fornite ormai tramite corriere). E la più facile tecnologia si è insinuata in questo contesto nelle coscienze e nei cervelli togliendo la forza di riconquistare luoghi e persone, vicini e lontani, cercare spettacoli culturali per riappropriarsi della città, per vedere invece solo vedere tutto lo scibile umano e tutte le sue manifestazioni artistiche o meno in casa, in un immobilismo da schermi fissi che rasenta l’annientamento.

Per carità nel ritorno a casa, dopo lo spettacolo, passando per i pochi luoghi ormai deputati alla vita di notte, nella carenza di servizi essenziali (mezzi pubblici, pulizia, traffico e sicurezza, esclusi i bar e ristoranti aperti), i giovani ritornavano ai loro assembramenti e gli immigrati sciamavano per Roma. Ma i romani (la maggior parte degli abitanti) erano dentro la loro solitudine, dentro il loro sonno senza fine.

Una lunga premessa per dire che al Festival delle Letterature, anche per i noti problemi di sicurezza, non c’era molta gente e gli scrittori italiani e stranieri hanno fatto tenerezza con i loro inediti che parlavano di leggere, leggere, leggere non i loro libri ma i grandi capolavori (da Moby Dick alle Relazioni Pericolose, da Huckleberry Finn a Lord Jim, da Conrad a Proust). Arrivando a suggerire ai lettori di diventare come il grande egittologo Jean Francois Champollion, che rivelò i geroglifici egiziani, perché i libri sono come una lingua straniera da decifrare e da regalarsi per il piacere della mente.

Il Palatino è un luogo incantato. Entrando dalla via di San Gregorio si percorre un lungo basolato in un viale di alti pini marittimi, si attraversano gli avanzi imponenti del grande complesso della “Domus Augustana”, rivolta verso il Circo Massimo e si entra nel vasto Stadio Palatino o Ippodromo, voluto da Domiziano, in laterizio, rivestito di marmi (in frammenti a terra tra rocchi di colonne). Era cinto all’interno da un portico a due piani interrotto dalla tribuna imperiale.

Siamo seduti in un grande rettangolo, incassato in strutture di palazzo, con lunghe pareti stagliate nel cielo, dove svettano pini e cipressi, e ovunque ampie porte e cieche finestre sono aperte nel vuoto esterno. L’atmosfera del luogo è incredibile ed aspettiamo lo spettacolo.

 

I Masbedo (Nicolò Masazza e Iacopo Bedogni) che interpretano l’arte contemporanea con audiovisivi, ci fanno vedere un corto che ci illumina di azzurro.

Due pittori infatti su uno schermo gigante stanno dipingendo tutto un ambiente: una colata di azzurro. Si ripeteranno alla fine con un altro corto sull’era dei dinosauri: un’idea infantile. Mentre Marino Formenti, pianista e performer inizia le sue originali performance al piano, che accompagneranno tutto lo spettacolo.

Per l’evento di questa serata del Festival dal titolo Leggere il mondo a cura di Andrea Cusumano e Lea Iandiorio (regia di Fabrizio Arcuri), inizia il poeta Milo De Angelis, figura tra le più rilevanti non solo in Italia, negli ultimi decenni.

Prima di leggere le bellissime poesie dell’ultimo suo libro Linea intera, linea spezzata (Edizioni Mondadori), concludendo con la richiesta della poesia Cartina muta, il poeta ha voluto ricordare l’umiltà della Poesia che “abita in una semplice matita che scrive su un foglio, con l’anima di grafite, cose universali, ma ogni colpo di vento od acquazzone possono cancellare”. Milo De Angelis ha spiegato anche “cosa è oggi il ritorno”. “Il cammino verso ciò che saremo è anche il cammino all’indietro verso ciò che siamo stati. Dobbiamo ritornare e farlo in un estremo di povertà, di nudità, con una parola esposta a tutti i temporali fuori di noi e dentro di noi, una parola vulnerabile che è la parola della poesia”. Ha terminato il poeta apprezzatissimo dal pubblico presente.

Assaf Gavron, una voce letteraria originale in Israele (Idromania, La collina, Diciotto frustate – Edizioni Giuntina). Il suo inedito parla della separazione dalla sua compagna da pochi mesi, dello shock subito e dello sforzo per continuare a scrivere.

Gavron ha detto che per sopravvivere ha cominciato a scrivere un libro intitolato alla sua compagna. E poi a leggere. Scrittura e lettura sono per lui le terapie migliori per capire sé stessi ed il mondo, le nostre origini, i nostri desideri le nostre mancanze, trovare un senso. Su consiglio di un caro amico ha cominciato a leggere un libro sul Buddismo Se il mondo ti crolla addosso per capire come affrontare la sofferenza. Poi ha trovato nella sua libreria Huckleberry Finn di Mark Twain ed anche se il ragazzino americano è di un’altra epoca, posizione geografica, altra lingua e famiglia, ha scoperto tante esperienze condivise tra ragazzi differenti. La conclusione è che condividendo libri e storie si riesce meglio a comprendere sé stessi e quanto ci circonda.

Muriel Barbery è autrice, tra gli altri del bestseller internazionale L’eleganza del riccio (Edizioni E/O).

Per lei la letteratura si separa da un mondo convulso e pieno di povertà di ogni tipo, pandemie, guerre, per nascere in una stanza a parte, in una sorta di alchimia di esseri inventati e di azioni che non sono mai accadute. “Può sembrare futile – ha detto la scrittrice – leggere romanzi mentre il pianeta brucia, ma è molto importante invece per il mondo di oggi e di domani. Vorrei ringraziare, onorare i maestri che mi hanno formato come lettrice e mi hanno fatto la donna, la cittadina e la romanziera che sono”.

Poi ha raccontato che durante il primo lockdown con suo marito nella campagna francese si leggevano brani di Moby Dick di Herman Melville e di Le relazioni pericolose di Cloderclos de Laclos. Su Le relazioni pericolose ha detto che è un romanzo epistolare unico nel suo genere, un ufo, una fiction perfetta (due aristocratici libertini che compiono ogni sorta di nefandezze) piena di immoralità con finale moralista. Il cui autore sorprendentemente non è assolutamente simile ai suoi protagonisti, ma un austero militare, bravo marito padre di famiglia e buon cristiano.

Un miracolo di testo dannato in ogni senso, nato in una stanza a parte. Si riconducono troppo i romanzi alla dimensione storica, politica, sociologica, psicologica – ha continuato la Barbery – i grandi romanzi invece, al di là del tempo e dei costumi, brillano per l’intelligenza pura che attraversa il tempo e continuano sempre a parlare a tutti i loro lettori.

Alla ricerca di una sua libera creatività, la Barbery ha concluso che se un romanzo riesce ad eludere la dittatura del presente e del giudizio, può illuminare territori sconosciuti ed idee radicali e legare menti e cuori, al di là delle epoche storiche.

Mario Desiati ha pubblicato tra l’altro Il libro dell’amore e Mari di zucchero (Edizioni Mondadori).

Il suo inedito parla di ‘spatriati’. Un italiano a Berlino incontra Rosa una ragazza georgiana che fa la saltimbanca. Lui le dona una rosa bianca che per lei significa libertà (la rivoluzione delle rose del 2003 in Georgia). Vanno a vivere insieme in una mansarda. Fanno vita normale da immigrati, ma il loro tempo è segnato, si separeranno. Come due entità trasparenti come il loro addio. Storia della fine di un amore…

Per Nathalie Leger (Suite per Barbara Loden – Edizioni La Nuova Frontiera) il piacere del corpo immerso nella natura, sia in una salita di montagna sia nel nuotare sott’acqua, sono il fuori ed il dentro del mondo.

Il panorama e l’immersione sono le due facce del vivere. “Scegliere un legame o preferire la separazione? – dice la Leger – Si passa dall’uno all’altro, eroi dell’impegno o maestri del ritiro, insoddisfatti, esitanti, indifesi, mai felici, in una serie di contraddizioni tra obblighi e libertà. Si va dalla cima di una montagna ad una pozza d’acqua perduti nei compromessi dei sentimenti, delle idee, in un ideale di disordine”.  Confusi…

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Pino Moroni ha studiato e vissuto a Roma dove ha partecipato ai fermenti culturali del secolo scorso. Laureato in Giurisprudenza e giornalista pubblicista dal 1976, negli anni ’70/80 è stato collaboratore dei giornali: “Il Messaggero”, “Il Corriere dello Sport”, “Momento Sera”, “Tuscia”, “Corriere di Viterbo”. Ha vissuto e lavorato negli Stati Uniti. Dal 1990 è stato collaboratore di varie Agenzie Stampa, tra cui “Dire”, “Vespina Edizioni”,e “Mediapress2001”. E’ collaboratore dei siti Web: “Cinebazar”, “Forumcinema” e“Centro Sperimentale di Cinematografia”.

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