Mille Miliardi di Alberi

immagine per Enza Monetti mostra personale Mille Miliardi di Alberi a Napoli

Sono circa tre trilioni, cioè 3.040.000.000.000, gli alberi presenti sulla Terra, secondo i dati forniti dal Global Tree Density, la mappa che misura anche se in modo non preciso la densità degli arbusti. E secondo Tom Crowther, ricercatore dell’ETH (Politecnico federale) di Zurigo, ci sarebbe lo spazio per altri 1,2 trilioni di nuovi alberi a livello globale. La biomassa vegetale è una variabile ecologica decisiva per comprendere l’evoluzione e i potenziali cambiamenti futuri del sistema climatico, su scala locale, regionale e persino mondiale.

Dall’ultima conferenza del G20 di Roma, dello scorso ottobre 2021, è emerso che i vari paesi riconoscono l’urgenza di combattere il degrado del suolo e creare nuove vasche di assorbimento del carbonio, condividendo l’ambizioso obiettivo di piantare 1.000 miliardi di alberi, sollecitando il coinvolgimento non solo del settore pubblico, ma anche di quello privato.

Queste affermazioni sono fonte di continue riflessioni per tutta la collettività, ed una categoria particolarmente sensibile a queste tematiche è quella relativa al mondo dell’Arte.

Non è un caso che, storicamente, gli artisti hanno sempre avuto un rapporto privilegiato con la Natura. Nei secoli l’architettura del paesaggio è stata una costante materia di studio e di approfondimento critico: si è passati dalla mimesis della realtà, ad una visione sempre più impressionista o romantica.

Un approccio completamente diverso e prettamente contemporaneo, di monito, di esortazione e di carattere politico, è proposto dall’artista napoletana Enza Monetti, artefice di una proficua produttività visibile nella mostra personale dal titolo, Mille Miliardi di Alberi, allestita nelle sale del Complesso Monumentale di San Domenico Maggiore, a Napoli, curata da Loredana Troise, protratta fino all’11 gennaio 2022.

Già nell’allestimento si respira un’aria diversa, con le opere che sono presentate su supporti green ecology, forniti dallo sponsor tecnico SAIB S.p.A. di Caorso, a Piacenza, una delle principali aziende italiane produttrici di pannello truciolare grezzo e nobilitato, definito RPB –Regenerated Particle Board, in virtù del processo produttivo Rewood che, attuando i principi dell’economia circolare, recupera, trasforma e rigenera, ogni anno, circa 500 mila tonnellate di legno a fine vita.

L’approccio della Monetti alla Natura è di carattere politico, sociale, artistico e scientifico, esemplificata dalla correlazione fra le sue opere e la straordinaria essenza di una microscopica pianta acquatica ondeggiante e priva di radici, la Wolffia globosa.

Questa è presente in mostra, e alcuni studiosi del Dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi di Napoli Federico ll, la inseriranno in specifici protocolli per la sua coltivazione nello Spazio. Grazie alle eccezionali doti riproduttive e nutrizionali del vegetale, evidenziate dagli studi della professoressa Giovanna Aronne e del dottor Leone Ermes Romano, verrà utilizzata per la più grande delle avventure dell’uomo: lunghi viaggi interplanetari in cerca di una possibile vita stabile sulla Luna o su Marte.

Il lavoro sulla Wolffia globosa rientra nell’ambito del progetto Super Food for Space finanziato dall’Ente Spaziale Europeo-ESA, SciSpaceETeam.

Entrando nella grande sala che ospita l’exihibit, ciò che risalta è l’organizzazione dello spazio: la disposizione delle opere non è divisa in sezioni, ma è volutamente distribuita in modo tale da innescare nell’osservatore un continuo gioco di rimandi.

Una costante è il dialogo fra i sacri manufatti artistici (alberi come beni da tutelare) e la struttura ospitante, il complesso religioso. Un esempio è visibile in Sacred Shroud, realizzata in canapa ossidata, matita e pittura. Su questo sudario, che ricorda l’icona religiosa della Sacra Sindone, la figura umana è soppiantata da un arbusto frammentato. La comparazione tra Cristianesimo e Natura ha come obiettivo di dare una maggiore autorevolezza a quest’ultima.

Della stessa caratura sono, Votive box e la serie, Blak Storage, White Storage e Branches. All’interno delle teche sono posti una serie di alberelli protetti da strutture in plexiglass, dei veri e propri reliquiari. Lo scopo è di preservare e tutelare ciò che lentamente la comunità sta distruggendo in nome dell’economia e del progresso tecnologico.

Impattante e monumentale è l’installazione, Going To, in cui emerge una certa deificazione, dove gli arbusti su carta vibrano nello spazio seguendo un moto ascensionale, simboli di nascita e rinascita. Volontariamente disegnati con le radici rivolte verso l’alto, sono messi in correlazione con Nursery, un albero oscillante in legno, che simboleggia la nostra condizione di fragilità e la continua ricerca di un punto di equilibrio.

Per sensibilizzare i popoli al recupero ecologico e alla riduzione dell’utilizzo di energia, bisogna partire dall’infanzia, dall’educazione dei bambini e prendere come esempio anche la giovane (classe 2003) attivista svedese Greta Thunberg, che è l’attuale punto di riferimento per le vecchie e nuove generazioni.

Nell’opera della Monetti Hula Hoop, l’aspetto ludico si unisce alla didattica. Le sagome di sette adolescenti si susseguono su una base di legno, sulle singole teste spuntano una serie di ramificazioni. L’intento metaforico è di formare una nuova classe generazionale con radici solide, che abbia fra le priorità la tutela dell’ambiente.

La stessa visione ecologista è visibile in Tavolo inutile, dove la sovrapposizione degli scarti lavorativi produce una serie di immagini che rimandano all’iconica tela, Tree of Life, di Keith Haring (1958-1990).

La sensibilità e la creatività della Monetti generano composizioni non solo di carattere green, ma anche di denuncia, mostrata con estrema delicatezza.

Ne è un esempio, Mediterraneo, in cui sette alberi in ferro zincato sono posti su basi di plexiglass retrodipinto, ognuna con diverse sfumature di blu e verde. Supporti che simboleggiano il mare dove migliaia di naufraghi hanno perso la vita. Un barlume di speranza, di salvataggio degli esseri umani e della Natura è visibile nell’Arca dell’Alleanza, collocata di fronte a Mediterraneo.

Il dialogo con la scienza, oltre alla presenza della pianta acquatica Wolffia Globosa, continua con Star Game. In questo caso, l’artista traduce creativamente la possibilità della ricerca scientifica di coltivare nello Spazio piante, radici o altro, realizzando una composizione ibrida con sette stelle e sette alberi, dando vita ad una visione onirica di costellazioni e di mondi possibili.

Un aspetto fondamentale dell’ecologia, orientato al recupero dei materiali e del rapporto uomo e ambiente, è il ruolo delle foreste, che sono tra gli ecosistemi più ricchi del pianeta, ospitano circa l’80% degli animali e delle piante terrestri.

Anche nel mondo dell’Arte, i boschi hanno avuto un ruolo importante. Da Horace Vernet (1789-1863) a Jean-Baptiste Camille Corot (1796–1875), da Vincent Van Gogh (1853-1890) a Max Ernst (1891-1976), solo per citarne alcuni, tutti si sono cimentati in un personale rapporto con la selva, cercando di catturare l’anima di ogni singola pianta; non tralasciando molto del lavoro di Joseph Beuys (1921-1986).

In Great White Forest, presente in mostra, la Monetti riproduce in chiave tridimensionale, attraverso l’aggregazione di 29 elementi, un pezzo di foresta. Porta all’attenzione dei visitatori un tema ancora molto bistrattato, la continua deforestazione in varie parti del mondo: un esempio è l’Amazzonia, famosa per la sua biodiversità, che si estende in diversi Stati del Sudamerica.

Sempre dedicati alla natura e al paesaggio, sono i due light box, Memory Trees, in cui gli scenari agresti ci riportano ad una vita preindustriale, una visione quasi nostalgica di un mondo puro. Sono luoghi ameni e lussureggianti caratterizzati da uno stile di vita sereno e quasi statico. Ad alterare questo equilibrio è il disegno di un arbusto stilizzato sulla superficie dei singoli box che ci proietta verso l’attualità.

Romantica e impattante è Fragile, che già nel titolo manifesta il suo contenuto. Un’opera realizzata con canapa (ricorrente nella mostra), cotone e imbottitura. Vi sono raffigurati due alberi distanti, che trovano un elemento di congiunzione attraverso la ramificazione e l’intreccio delle proprie radici. E’ una “solidarietà naturale” visibile tra soggetti viventi e non percepita e assorbita dagli esseri umani.

Se da un lato, l’albero rovesciato è il protagonista lungo il percorso espositivo, dall’altro, una particolare attenzione è rivolta ai suoi derivati: la carta.

Fedrigoni’s White Paper e Branch Container, sono lavori realizzati con carta pressata e legno, dove emerge una alternanza di pieni e di vuoti fra le varie figure. Empty Branches, invece, ci riporta alle antiche pitture rupestri, dove le radici sono elementi naturali preziosi già nella cultura arcaica. Una particolare attenzione merita Intelligence Art Dispenser, migliaia di singole foglie bianche sono custodite, cristallizzate e ibernate in una teca, in attesa di essere portate su un altro pianeta per generare una nuova forma di vita.

Monetti, con la sua creatività ha ridato la libertà agli elementi della natura. I suoi circa 30 lavori, taglienti, nostalgici, eleganti e modulati sul senso del rispetto e della rinascita, hanno come obiettivo la sensibilizzazione delle coscienze, di liberarle dall’atavico tema del profitto.

La questione ambientale è una delle priorità sia per i popoli, sia per le nazioni.

Come afferma la Thunberg, rivolgendosi ai governi:

Siete rimasti senza scuse e noi siamo rimasti senza più tempo”.

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Luca Del Core, vive e lavora a Napoli. E' laureato in "Cultura e Amministrazione dei Beni Culturali" presso l'Università degli Studi "Federico II" di Napoli. Giornalista freelance, ha scritto per alcune riviste di settore, per alcune delle quali è ancora redattore, e attualmente collabora con art a part of cult(ure). La predisposizione ai viaggi, lo porta alla ricerca e alla esplorazione delle più importanti istituzioni culturali nazionali ed internazionali, pubbliche e private.

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