Arte e Azienda – Ri/Generarsi come sinergie artistiche ecosostenibili di Enza Monetti

E. Monetti -visione d'insieme mostra -dett.-SAIB, Caorso -Ph. Barbara Martusciello

Indizio di una ricerca deontologica meditata attorno ad un meccanismo eco-mentale e ai suoi successivi sviluppi interni, la recente mostra emiliana di Enza Monetti è un nuovo e importante appuntamento dell’artista, fatto di unità, gestualità ed elaborazioni materiche dove le geometrie e le situazioni morfologiche riconoscibili in natura si fondono con il fare di un’impresa piacentina d’alto rigore e autorevolezza.

L’imponente edificio della SAIB Spa, industria all’avanguardia nella rigenerazione e riutilizzo di scarti di legno di altre lavorazioni, aprendosi per la prima volta all’arte contemporanea, ospita infatti, dal 13 dicembre scorso al 29 febbraio la mostra Ri/Generarsi – una vasta selezione di efficaci opere realizzate site specific dall’artista Enza Monetti – curata dall’acuto sguardo di Barbara Martusciello.

Il progetto, armonicamente teso tra la scelta ecocompatibile di un’azienda che recupera 420.000 tonnellate di legno per la trasformazione in pannelli truciolari nobilitati, e la sensibile ricerca concettuale della Monetti, “sempre attenta a riformulare una sorta di ecologia dell’anima” – precisa la curatrice –  coniuga, armonizzandoli, il mondo imprenditoriale con quello artistico, attraverso un avventuroso diario intimo che, al di là di tante rappresentazioni oleografiche d’armonie perdute, si fonda su un patto d’alleanza tra Arte, Uomo e Natura: “Ho realizzato alcune opere, con scarti industriali estratti dalla Saib durante i propri cicli di lavorazione – mi chiarisce infatti l’artista – da materiali dismessi, inerti, ferrosi, vetrosi. L’installazione dei trenta alberi in legno oscillanti su loro stessi nell’opera Nursery, ri-produzione continua di esistenza, si incastona con l’idea di benessere ed ecosostenibilità della Saib, stabilendo un format da proporre a tante altre aziende”.

Il setting di Ri/Generarsi  è una sorta di area aperta, inevitabilmente irregolare, simile, per dirla con André Malraux, a un “museo senza pareti”.  I lavori in mostra, infatti, compenetrano la natura che è fuori, in un continuum riflesso sulle spaziose vetrate, stabilendo convergenze inedite. Da un lato, la tecnologia, le analisi, i bilanci, i dati raccolti con metodo e rigore. Dall’altro, il desiderio artistico di mettere in scena e di argomentare attorno a quelle stesse cifre traducendole in forme liriche, tese a catturare l’attenzione, suscitando un misto di attrazione e vertigine.

Nel rispetto dell’à plomb imprenditoriale, la Monetti è riuscita a risagomare gli ambienti attraverso un’esplorazione visuale/interattiva dataviz e insieme artistica tout court, dando vita ad un’elegante e intrigata mappa del sapere, una sorta di Gesamtkunstwerk, che partendo dall’analisi socioantropologica del luogo, disegna un percorso punteggiato da installazioni in legno, vetro, ferro, canapa, che marcano il passaggio, ne stimolano le armonie e i sapori: dall’artificio industriale, alla complessa e intricata perfezione della natura; dal contenitore, al contenente; dal pieno, al vuoto della forma narrante.

L’assetto di nuove pareti, nel basement predefinito, restringendo il perimetro d’azione, offre allo spettatore uno cammino dove le opere si fanno nicchia per sintassi raffinate, prive di gerarchie. Dove un particolare gusto per l’imprevedibile produce ponti d’aria, camere riflessive, giochi alla cui base ci sono regole e impianti.  Sperimentatrice delle forme, e di  un linguaggio capace di mutare il rappresentare in formare, Enza Monetti trasgredisce i precetti della semplicità e della chiarezza e si abbandona alla creazione di combinazioni ardite pervase da una potenza simbolica senza tempo dove la ricerca dell’elementare si spinge fino all’escatologia.  A prevalere, per dirla con Barthes, è il bisogno di servirsi di un vasto “impero dei segni”, inoltrati nei labirinti dell’astrazione e del concettualismo, simili ad esercizi tautologici, legati al recupero di certe scritture di Kosuth o di Art&Language; o che ricordano azzardi avanguardistici primonovecenteschi, Apollinaire, Kandinskij, Klee…

L’assemblage totalizzante della mostra, lungi dall’essere l’espressione di un estetismo fine a se stesso, rientra in un disegno di tipo mistico, la cui poetica sembra muovere da un lento divenire testato con strumenti basilari ridotti a linea, luce e ombra, essenza stessa della pluralità delle forme e dei loro rapporti: “All’interno di una delle principali aziende italiane dove Made in Italy è fatto di tanti determinanti preziosi particolari – conclude l’artista – ogni mia opera riempita d’esistenza si incastona in un parallelo sociale tra economia e arte che ha rafforzato la mia irreprensibile ricerca, rinnovandomi, concedendomi nuovi orizzonti”. Per compiere questa impresa, preferisce quelle frange di mondo in cui la realtà si offre evanescente, al di là del motivo, affidandosi alla memoria affettiva per comporre barlumi d’incanto.

 

Info mostra

  • Enza Monetti | Ri/Generarsi
  • A cura di Barbara Martusciello
  • fino al 15 febbraio 2020
  • SAIB, sede di Via Caorsana, 2, 29012 Caorso PC

 

  • Le opere in legno sono state in massima parte realizzate con il supporto di Poziello Evoluzione Legno di Villaricca, NASalva

 

 

 

 

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Storica e critica d’arte, curatrice, giornalista pubblicista, Loredana Troise è laureata  con lode in Lettere Moderne, in Scienze dell’Educazione e in Conservazione dei Beni Culturali. Ha collaborato con Istituzioni quali la Scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio di Napoli; l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa e l’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli. A lei è riferito il Dipartimento Arti Visive e la sezione didattica della Fondazione Morra di Napoli (Museo Nitsch/Casa Morra/Associazione Shimamoto) della quale è membro del Consiglio direttivo. Docente di italiano e latino, conduce lab-workshop di scrittura creativa e digital storytelling; è docente di Linguaggi dell'Arte Contemporanea presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli e figura nel Dipartimento di Ricerca del Museo MADRE. È autrice di cataloghi e numerosi contributi pubblicati su riviste e libri per case editrici come Skira, Electa, Motta, Edizioni Morra, arte’m, Silvana ed.

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