Open Systems, Collettivo Giulietta a Napoli

Come può la chiusura autoreferenziale creare apertura?” ha dichiarato Ambra Viviani, artista e curatrice napoletana quasi a sottintendere che se non ci fosse stato il Covid-19 non ci sarebbe stata l’accelerazione tempistica del Collettivo Giulietta, nato a Basilea dove, con David Richter e Jacob Ott, ospita eventi anche itineranti organizzati in tempi ristretti, poiché tra l’altro, la loro sede è destinata alla demolizione, per far posto ad altro; continua Ambra, chiarendo il nucleo della sua visione:

Non è una questione di adattamento né una questione di metabolismo. È un vincolo peculiare all’autonomia derivante dal fatto che il sistema cesserebbe semplicemente di esistere in qualsiasi ambiente, anche il più favorevole, se non dotasse gli elementi momentanei che lo compongono della capacità di connessione, cioè di significato, e quindi riprodurli. Possono esistere diverse strutture per raggiungere questo obiettivo, ma solo quelle in grado di resistere alla tendenza radicale verso la dissoluzione immediata e non solo graduale, entropica degli elementi”.

Da tempo attratto dalla dialettica “sistema-ambiente”, Collettivo Giulietta ne ha esplorato le infinite trame programmando Open Systems, un progetto accolto a Napoli, presso il suggestivo temporary space (della Fondazione Morra di Giuseppe Morra) che, seguendo la propria linea intrinseca, tesa alla ricezione degli attuali scenari culturali, in breve tempo ne ha condiviso la proposta curatoriale:

“è stato provvidenziale per noi che la Fondazione Morra abbia preso subito a cuore il nostro progetto, condividendo il concetto di ‘cura’ che per noi significa prendersi cura dei dialoghi artistici attuali”.

L’esposizione, inserita nell’alveo del recente circuito Art Days, si manifesta mediante un codice a volte prosciugato, altre volte portato a limiti inesplorati.

Un appeal asciutto e senza orpelli, nel cui basement troviamo dei giochi sottili di transfer e controtransfert tra i vari lavori che osservano e si osservano e si proiettano nel mondo dello spettatore legati attraverso una stessa atmosfera.

Open Systems è una miscela di idee che tenta di intercettare indizi del nuovo e del diverso che avanza, secondo soggettivi orizzonti; chiarisce Ambra:

“anche attraverso la possibilità del fallimento, un luogo indipendente può giocare con la libertà di sperimentazione”.

Visti nell’insieme i lavori, distanti nelle loro pluralità ma perfettamente a proprio agio all’interno del duttile e vivacemente attraversato temporary space (spazio attiguo al Belvedere del Museo Nitsch), tracciano un ampio paesaggio di rebus ottici su vari livelli, pensati come trasfigurazioni e slittamenti ideali, relazioni e paradigmi personali, secondo un ordine che restituisce  un senso di stazionamento, lasciando diaframmi aperti ed intermittenti sui punti di vista (punti di contatto, punti di valutazione) rispetto alle cose del mondo.

La forza immaginifica degli artisti in mostra sta infatti nella capacità di scomporre e ricomporre la stessa idea dell’arte, declinandola in forme e possibilità sempre diverse, non fossilizzate, fugaci, entro cui si creano alternanze interpersonali.

Pur recuperando a volte alcune tematiche abilmente rilette, la rivisitazione che risulta è prima di tutto mentale, atmosferica, dove ogni singola opera dialoga con l’altra sulla traccia di un discorso a capitoli ossimorici e incrociati come afferma Andrea Bolognino, tra i 15 artisti presenti in mostra con il trittico Engramma (2021) – in:

“…sistemi aperti, pieni e vuoti –– infatti tutte le opere ritornano su questa meditazione, un pieno sfuggevole e un vuoto che invece delimita i confini; ciò è importante per quanto riguarda il sistema aperto che attraverso i suoi elementi permette di generare energia”.

Il pensiero richiede nuove forme di espressione. L’espressione genera nuove condizioni. Probabilmente è qui il senso dell’avventura inquieta di Giulietta: affidarsi a un modo di procedere a-sistematico, consegnato all’ebbrezza della dissipazione consapevole.

Gli artisti che compongono Open Systems sono: Samara Behringer, bod [包家巷], Andrea Bolognino, Leonardo Bürgi, Federico del Vecchio, Antonio della Corte, Giorgia Garzilli, Boris Kurdi, Angela Melito, Effe Minelli, Raffaela Naldi Rossano, Jacob Ott, Michael Rey Von, David Richter, Isabel Schulte, Anton Steenbock, Gabriel Stöckli & altri.

+ ARTICOLI

Storica e critica d’arte, curatrice, giornalista pubblicista, Loredana Troise è laureata  con lode in Lettere Moderne, in Scienze dell’Educazione e in Conservazione dei Beni Culturali. Ha collaborato con Istituzioni quali la Scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio di Napoli; l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa e l’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli. A lei è riferito il Dipartimento Arti Visive e la sezione didattica della Fondazione Morra di Napoli (Museo Nitsch/Casa Morra/Associazione Shimamoto) della quale è membro del Consiglio direttivo. Docente di italiano e latino, conduce lab-workshop di scrittura creativa e digital storytelling; è docente di Linguaggi dell'Arte Contemporanea presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli e figura nel Dipartimento di Ricerca del Museo MADRE. È autrice di cataloghi e numerosi contributi pubblicati su riviste e libri per case editrici come Skira, Electa, Motta, Edizioni Morra, arte’m, Silvana ed.

+ ARTICOLI
My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e statistici. Cliccando su "Accetta" autorizzi tutti i cookie. Cliccando su "Rifiuta" o sulla X rifiuterai tutti i cookie eccetto quelli necessari per il corretto funzionamento del sito. Cliccando su "Personalizza" è possibile selezionare quali cookie attivare.