Hermann Nitsch. Un dialogo ad arte.

54.malaktion.agosto 2008-Museo Nitsch Napoli, ©Fondazione Morra, ph. C. Infantino

Accedere al laboratorio filosofico di Hermann Nitsch è sempre un’esperienza che sollecita forti sentimenti. Da un lato, l’innegabile emozione di stare al passo con suoi magmatici nuclei di pensiero e, dall’altro, il fascino di districarsi tra la proliferante e sorprendente disseminazione di sentieri che si aprono, si intrecciano, e si sovrappongono a ogni svolta della sua riflessione.

Conversare con Hermann Nitsch è dunque una mobilitazione di energie che scatena un vigore fuori dagli schieramenti; che induce a meditazioni che rivelano ascendenze culturali, poetiche, letterarie, psicologiche, sull’orlo dell’inconscio.

Le parole conducono oltre, catturano verità diverse, e raccontano – come da suo stile – l’universo della libertà, dei drammatici miti fondativi, dell’imprevedibile coesistenza fra forza e precarietà esistenziale, della carica di spunti che diventano insieme lama affilata con cui incidere nel vivo della sensazione estetica.

Di tali scenari si interessa questa nostra recente intervista, un prezioso perimetro personale che varca le genealogie antropologiche del visivo e del verbale, dove il senso soteriologico di Nitsch traspare con chiarezza, assieme alla sinuosità della sua poetica e alla coerenza di un profondo e immanente amore per la vita.

R.M, L.T: Lei ha affermato: “grazie al mio teatro tutti i miti, tutte le religioni del mondo dovevano assumere forma drammatica […]. archetipi divennero leitmotiv drammatici. mi interessai al succedersi di miti e divinità nelle differenti fasi disviluppo dell’umanità. Particolare importanza rivestì la formula di morte e resurrezione riscontrabile in diversi miti”.
In che maniera oggi, in tempi di pandemia, può essere maggiormente intesa tale formula?

H.N.:Non riesco a valutare i tristi vincoli di una pandemia che è diventata un’epidemia giornalistica. non voglio esprimere la mia opinione su questi fatti. Arte e cultura sono sopravvissute a guerre terribili, sterminio, guerre mondiali e alle peggiori epidemie. E dunque ancora più grande è il valore delle circostanze mitiche, delle visioni mitiche. La formula di morte e risurrezione diventa ancora più fondamentale di fronte a un’epidemia globale.

A differenza della dimensione grotowskyana, il corpo degli attori del O. M. Theater è un corpo della pura esperienza che, in una certa situazione estrema, sa vivere con intensità e controllo: in che modo potrebbe tradurre questo principio, in una situazione di emergenza quale questa che stiamo vivendo?

L’intensità nasce proprio nel momento in cui le attività e i divertimenti superficiali vengono limitati e può essere intrapreso un percorso esistenziale di soddisfazione e di vita.

Si è parlato spesso della crisi dei temi umanistici a fronte della tecnologia e della scienza come nodo cruciale dello sviluppo e del cambiamento. A suo parere l’elemento classico umanistico, a lei particolarmente caro, dopo questo periodo tornerà di attualità?

Ammiro la tecnologia. Ma l’abuso di tecnologia, che porta allo sradicamento e alla vacuità, deve essere respinto. le discipline umanistiche sono un campo aperto e dunque in questo senso non possono essere mai sradicate. Ma non devono entrare in concorrenza con la scienza e la tecnologia. L’umanesimo mi ha interessato sempre e solo in maniera puntuale. considerando lo sviluppo della natura l’uomo rappresenta una fase intermedia. a me ha sempre interessato la relazione con il tutto della creazione.

Quali sono, a suo parere, i mutamenti culturali/artistici che l’attuale pandemia dovrebbe generare?

Chi vuole e deve fare arte lo fa nonostante le circostanze siano infauste. neanche due guerre mondiali sono riuscite ad annientare l’arte che è sopravvissuta trionfalmente. Possono esserci dei cambiamenti nell’esecuzione media di una produzione d’arte mediocre, ma ciò che è essenziale esisterà e si verificherà.

“l’Essere è sempre da un’altra parte, la realtà è sempre altrove…”. La malattia, l’ignoranza, la diceria, la paura… sono solo i suoi relitti. Quali lei teme maggiormente?

Ciò che esiste realmente (wirklichkeit) e la cosiddetta realtà (die sogenannte realität) sono sfaccettate. Una realtà pragmatica si contrappone a un’esistenza più vera, più profonda che si basa sull’energia creativa dell’universo, del tutto, dell’essere. Non la politica, lo stato, i media, la stampa e l’ignoranza sono la realtà dell’essere. L’essere ha le sue radici nel mai nato senza inizio dell’infinito e dell’eternità. Nonostante la mia visione del mondo che afferma la vita, la mia fiducia nell’universo, nell’eterno non mi vergogno di dire: ho paura della morte.

Già dal suo primo scritto del 1959, lei ha ideato una nuova forma di teatro come espressione del reale. Gli autori Classici della Tragedia Greca (in particolare Eschilo, Sofocle, Euripide) alludevano il dramma e ne utilizzavano gli effetti per impressionare la psiche; la crudeltà, il terrore, il rituale avviavano una catarsi. Come va espresso oggi il percorso di abreazione?

Credo che nell’antichità come oggi ci si trovi dinanzi alla stessa situazione. noi esseri umani siamo dotati di più energie di quante ne possiamo consumare. le censure attuate dallo stato, dalla politica, dai comandamenti religiosi impediscono di vivere compiutamente.

Nell’intervista per Village Voice con Jonas Mekas, lei ha risposto che “…nella forma TUTTO È”. La Forma/l’Arte è un tipo di religione, la sua Arte è una contemporanea devozione estetica che racchiude le filosofie Occidentali e Orientali, le mitologie e le religioni, il OM Theater è un’intensa celebrazione dell’esistenza che si realizza nella festa dei 6 giorni. Mentre la società attuale cerca nell’Arte un’espressione più superficiale, un’immagine-prodotto piuttosto che un comportamento. Come possiamo intervenire per disarticolare questo Sistema?

Praticare l’arte, trovare la forma, è un’attività metafisica. la forma è il disegno di nuovi campi d’azione dell’essere. Con il mio lavoro ho cercato di creare nuovi valori e voglio che la mia arte impieghi quanto più tempo possibile. Già l’approccio dell’arte alla vita, il tentativo dell’arte di effettuare un compimento estetico della vita richiede tempo. Ho cercato di progettare un dramma che dura 6 giorni e che per 6 giorni deve essere vissuto dai partecipanti in maniera intensa – come una scuola di sensazioni.

In 1.Abreaktionsspiel (1961) “il grido, rispetto alla parola, rappresenta un’espressione più immediata del subconscio, della sfera sensitiva. la necessità del grido si manifesta generalmente quando l’ES reclama i suoi diritti, quando va oltre il controllo dell’intelletto e gli istinti di base irrompono nella vitalità. Il trauma come tormento, il brusco irrompere di un estremo piacere e qualunque situazione che determini una diminuzione della coscienza fanno esplodere il grido. Le grida che derivano direttamente dall’estasi nel corso dell’evento di abreazione dovrebbero facilitare un’analisi dei nostri più profondi stati psichici. la negazione della parola, questo ritorno nell’estasi del grido, è comunicazione con l’inconscio, un’immersione analitica consapevole nel proprio inconscio. Ci si affida all’ebbrezza delle leggi vegetative, spesso frenetiche e dinamiche. Ci si sottrae alla ‘costrizione’ dell’intelletto”. L’urlo istintivo è quindi l’attivazione di un trattamento terapeutico liberatorio della psiche. Il Museo Hermann Nitsch Archivio Laboratorio per le Arti Contemporanee, potrebbe diventare un nuovo alternativo centro di psicanalisi del comportamento?

In una certa misura, il progetto del museo Hermann Nitsch di Giuseppe Morra a Napoli è una realizzazione di questa teoria. Il museo a napoli è realmente un laboratorio in cui tutto ciò è stato elaborato e mantenuto. Abbiamo realizzato molte azioni in questo senso. Fin dall’inizio del mio lavoro, il grido quale percorso emotivo di abreazione che va oltre la lingua, è stato il mio interesse drammatico. molto prima di Arthur Janov, ho provato a utilizzare per il mio teatro il grido nel modo che è proprio del dramma.

Rivolgiamo un ringraziamento particolare al Goethe Institut Neapel, per le traduzioni.

  • Opening Allestimento 2020-2022 al Museo Hermann Nitsch di Napoli, il prossimo settembre
  • Museo Hermann Nitsch – Vico Lungo Pontecorvo 29/d – 80135 Napoli
  • Tel. +39 081 5641655; email info@museonitsch.org
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Storica e critica d’arte, curatrice, giornalista pubblicista, Loredana Troise è laureata  con lode in Lettere Moderne, in Scienze dell’Educazione e in Conservazione dei Beni Culturali. Ha collaborato con Istituzioni quali la Scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio di Napoli; l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa e l’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli. A lei è riferito il Dipartimento Arti Visive e la sezione didattica della Fondazione Morra di Napoli (Museo Nitsch/Casa Morra/Associazione Shimamoto) della quale è membro del Consiglio direttivo. Docente di italiano e latino, conduce lab-workshop di scrittura creativa e digital storytelling; è docente di Linguaggi dell'Arte Contemporanea presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli e figura nel Dipartimento di Ricerca del Museo MADRE. È autrice di cataloghi e numerosi contributi pubblicati su riviste e libri per case editrici come Skira, Electa, Motta, Edizioni Morra, arte’m, Silvana ed.

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