Napoli chiama Sèvres, la Casa della Fortuna, di Domenico Mennillo

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Domenico Mennillo-Particolare dell' installazione La Casa della Fortuna - Sevrés 2022

Qual è la dottrina che ci aiuta ad approfondire i segnali che ci mandano i sensi?
La metafisica, che lungi dal farci smarrire in un retro mondo nebuloso, nasce dalla terra, e ci riconduce ad essa dandoci sempre nuove ragioni per meravigliarci. Una parete rocciosa profumata di brina, i lineamenti di un busto osservato ad occhi socchiusi, il fruscio del vento percepito fra le ciglia o il fascino di una riggiola decorata che sa di buono,  hanno la loro origine dalla terra, via per schiudere quello che c’è dentro senza altra traccia lasciare se non il segno e il significato profondo dell’apparizione.
Penso che da questa premessa nasca La Casa della Fortuna, installazione-expo di Domenico Mennillo, a cura di Françoise Russo-Marie, Jean-Pierre Marie e Jackye Fryszman, che ha inaugurato sabato 17 settembre a Sèvres, presso la casa-museo di Françoise e Jean-Pierre, La ChARTreuSE, realizzata dall’architetto Fabian Karpinski e oggi sede di Art Contemporaine e della collezione Russo-Marie.

“Una casa abitata da una persona felice è la più grande fortuna che possa capitare in questa vita”, afferma l’artista, imbattuto casualmente in un microcosmo privato reso a margine di  una piastrella di Vietri, scorta all’ingresso di un basso partenopeo su cui c’è scritto Casa della Fortuna.  Un motto che unisce, aggrega, in cui il discorso incessante delle apparenze e delle parole viene per un attimo interrotto, per migrare via; mi spiega Mennillo:

“L’unica forma di libertà  è l’altrove che costruiamo dentro di noi giorno per giorno, fragile certo, effimero, ma essenziale per il senso delle nostre vite rispetto ad un reale inafferrabile”.

E con questa suggestione in valigia, vola  a Parigi (dove spesso opera ed espone) e di lì a Sèvres, nella dimora di Françoise e Jean-Pierre, dove si aggancia per riprendere e dispiegare il suo soggetto secondo la logica linguistica del rivestimento.

Da un’angolazione metodologica cioè, che vivifica l’immagine per riafferrarne il  messaggio, donandogli una nuova densità. L’installazione alla ChARTreuSE si apre, infatti,  con una maiolica simile a quella vista a Napoli che Domenico Mennillo ha realizzato con i maestri ceramisti di San Lorenzello, riportandone la medesima scritta: La casa della Fortuna, baricentro di tutta una serie di punti di vista privilegiati trasmigrati da Napoli a Sévres in morbida centralità.

Procedendo, il progetto francese prosegue nelle sale interne dell’elegante dimora, allestite (assieme con l’instancabile Rosaria Castiglione) a mò di sinfonia visuale, fatta di suoni e musica (in programma concerti di Ravel, Byrde, Mozart, Brahms, Mendelsshon-Hensel), aromi, luci soffuse, tappeti di foglie e petali, intorno a cui si dispongono tre preziosi libri d’artista,  evocati da un quaderno del 1926 appartenuto a un alunno di una scuola elementare in provincia di Napoli.

Reinventandone il senso con tecniche care ai dadaisti e ai situazionisti come il detournament e il collage, l’artista ne deduce due brevi poemi e alcune tavole iconografiche; mi spiega Mennillo:

“I primi due sono speculari uno, realizzato su carte a mano contiene il primo breve poema estratto dal quaderno del 1926 con un collage di parole originali, mentre il secondo contiene tre tavole relative ad alcuni miei lavori precedenti che ho rivisto e che ben si adattano ai versi del primo libro; il terzo contiene il secondo poema, compiuto sempre dal quaderno del 1926 ma questa volta non attraverso il collage delle parole incollate artigianalmente su carta ma con lemmi ritagliati a mano da stoffe e incollati su fogli di tessuti pregiati.

I due poemi, riprendendo la tematica del dettato, di natura bucolico-campestre reinventano una natura potente, visionaria e solare, non sottomessa all’azione raziocinante (e talvolta delirante) dell’uomo che umanizza ad oltranza fenomeni di per se ben più complessi del volere umano”.

Dispositivo ecosofico inclusivo e coinvolgente, La Casa della Fortuna di Domenico Mennillo è un emblema elegiaco che rende tutto, rilkianamente, decantato “sullo splendore di vivere con gioia, assieme ad altre persone, momenti di convivialità”. Una delle  grandi fortune che può capitare in questa vita.

INFO

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Storica e critica d’arte, curatrice, giornalista pubblicista, Loredana Troise è laureata  con lode in Lettere Moderne, in Scienze dell’Educazione e in Conservazione dei Beni Culturali. Ha collaborato con Istituzioni quali la Scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio di Napoli; l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa e l’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli. A lei è riferito il Dipartimento Arti Visive e la sezione didattica della Fondazione Morra di Napoli (Museo Nitsch/Casa Morra/Associazione Shimamoto) della quale è membro del Consiglio direttivo. Docente di italiano e latino, conduce lab-workshop di scrittura creativa e digital storytelling; è docente di Linguaggi dell'Arte Contemporanea presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli e figura nel Dipartimento di Ricerca del Museo MADRE. È autrice di cataloghi e numerosi contributi pubblicati su riviste e libri per case editrici come Skira, Electa, Motta, Edizioni Morra, arte’m, Silvana ed.

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