Dopo Eduardo Cicelyn, Andrea Viliani e Kathryn Weir è Eva Elisa Fabbris la nuova direttrice del Museo Madre di Napoli.
Il suo progetto si è distinto per il valore scientifico e l’aderenza alla mission del Madre che, come ha dichiarato Angela Tecce, Presidente della Fondazione Donnaregina:
“insieme alle pregresse esperienze maturate dalla Fabbris nel settore e alle qualità dimostrate […] contribuirà all’accrescimento dell’offerta e del prestigio internazionale della nostra istituzione”.
Classe ’79, vicentina, il curriculum di Eva Fabbris rimanda al suo impegno, alla capacità, all’entusiasmo per il mondo dell’arte e della cultura tout court che ha attraversato, maturando importanti esperienze a testimonianza di un pregevole operato.
E’ tra le più attive e concentrate curatrici e storiche dell’arte italiane. Dottore di ricerca in Studi Umanistici – laurea e dottorato incentrati sulla figura di Duchamp – ha lavorato nei dipartimenti curatoriali di Fondazione Prada, della Galleria Civica di Trento, del Museion di Bolzano, Palazzo Grassi, occupandosi anche di formazione e didattica.
Ha curato mostre in istituzioni italiane ed europee tra cui la Fondazione Arnaldo Pomodoro, i Chiostri di Sant’Eustorgio, la Triennale di Milano, il Madre, la Fondazione Morra-Napoli (in cui figura nel comitato scientifico), il Nouveau Musée National de Monaco, le Galerie de l’erg a Bruxelles.
Per questa nomina dovrà salutare, dopo sette anni, il ruolo di Exhibition Curator nel Dipartimento di ricerca e pubblicazioni della Fondazione Prada e trasferirsi a Napoli, che conosce bene e considera città ricchissima di storia stratificata “con un presente caldo, pieno di energie e un sistema dell’arte composto da ottime gallerie, collezionisti e, soprattutto, tanti artisti, molto bravi”.
In numerose circostanze, infatti, è stata protagonista di intensi eventi in città. Si pensi, solo ad esempio, alle collaborazioni trattenute con la Fondazione Morra-Casa Morra Archivi d’Arte Contemporanea, a partire da una mostra curata con Gigiotto Del Vecchio all’interno di una approfondita indagine sulla poesia visiva, concepita e coordinata da Giuseppe Morra e allestita nella Biblioteca della Fondazione e presso Museo Nitsch.
Con il Museo Madre, poi, il dialogo è sempre stato fitto, dalla composizione di un lemmario alchemico al catalogo di una mostra di Vettor Pisani, al progetto online, Pompeicommitment.org, nato dalla collaborazione tra il Museo Madre e Pompei: “un modo bellissimo per me di guardare alla cultura napoletana, campana, e per traslato mediterranea”.
E, sempre al Madre, nel settembre 2021 ha co-curato, insieme con Andrea Viliani, la mostra di Diego Marcon dove ha esposto per la prima volta, The parent’s room, film poi selezionato da Cecilia Alemani per la Biennale di Venezia e oggi in collezione permanente nel Museo.
Basta poco a farci intuire la sua colta disponibilità, e le mille incombenze calendarizzate non le hanno impedito di ricevermi e di disporsi all’intervista con quel garbo rassicurante che sagoma da sempre la sua elegante persona.
Quando le chiedo in quali circostanze è nato il suo amore per l’arte, la curatela, la didattica, la docenza, il contatto con i giovani, mi risponde che alla sua passione ha naturalmente contribuito la sua famiglia:
“I miei genitori sono entrambi artisti e insegnanti. Oltre a farmi frequentare fin da bambina musei e teatri, li ho sempre visti impegnati in progetti che, evidentemente, mi hanno fatto sentire l’arte come qualcosa con cui è essenziale e naturale convivere”.
La sua ricerca, condizionata da un lato dal mestiere, inteso come padronanza tecnica e disciplina, dall’altro dall’illuminazione e l’intuizione, si è sviluppata sulla critica nel Modernismo, caratterizzata dagli studi sull’esperienza curatoriale di Marcel Duchamp, dal lavoro storiografico su Gene R. Swenson e dal suo studio sulla patafisica, vincitore nel 2021 della 10ma edizione dell’Italian Council; mi rivela, quando domando in che modo un’istituzione come il Museo Madre possa contribuire a definire culturalmente un territorio ricco di “vizi e di virtù” come quello partenopeo:
“Un museo è una macchina che continuamente deve fornire nuovi strumenti di interpretazione del presente.
Il Madre in questo senso è una delle voci che contribuiscono alla definizione identitaria dei suoi pubblici, sollecitandoli e ascoltandoli tramite le proprie iniziative.
I pubblici del territorio partenopeo sono un interlocutore privilegiato, a cui il museo intende proporsi come un osservatorio permanente sintonizzato sulla sensibilità contemporanea”.
Controllo di qualità, standard, investire competenze, tempo ed energia, non sono strategie rigide da adottare meccanicamente e neanche prescrizioni da seguire a fatica per non perdere vantaggi e benefici acquisiti.
La ricerca di qualità è un percorso senza fine e assumerla come obiettivo professionale significa anzitutto coltivare un atteggiamento di apertura verso la sperimentazione e l’indagine strutturata; conclude la Fabbris:
“La grande sfida è proprio quella di valere da riferimento per la crescita intellettuale e emotiva sia dell’individuo che della collettività.
Per fare questo, immagino il Madre come una casa per artiste e artisti, nonché talenti in diverse discipline, chiamati a condividere la loro visione del mondo, le loro poetiche, le loro urgenze.
Se questo si avvera, saremo attrattivi per nuovi pubblici…”.
Eva Elisa Fabbris (1979) è curatrice e storica dell’arte.
- Dottore di ricerca in Studi Umanistici, ha lavorato nei dipartimenti curatoriali di Fondazione Prada, Milano (2016-23); Galleria Civica di Trento (2009); Museion, Bolzano (2008-09).
- Come curatrice indipendente, ha curato mostre in istituzioni italiane ed europee, tra cui il Madre – presso il quale nel 2021 ha co-curato con Andrea Viliani “Diego Marcon. The Parents’ Room”; Fondazione Arnaldo Pomodoro, Milano; i Chiostri di Sant’Eustorgio, Milano; Triennale di Milano; Fondazione Morra, Napoli; Nouveau Musée National de Monaco; Galerie de l’erg, Bruxelles.
- Insegna alla NABA, Nuova Accademia di Belle Arti, Milano e come guest-lecturer ha tenuto conferenze e conversazioni in diverse istituzioni tra cui Centre Georges Pompidou, Parigi; Daimler Foundation, Berlino; HEAD, Haute école d’art et de design, Ginevra; KHiO, Oslo National Academy of the Arts; GAM, Galleria d’Arte Moderna, Torino, e numerose università italiane.
- Ha collaborato con varie riviste d’arte contemporanea tra cui Mousse Magazine, Cura e Flash Art.
- È editor di monografie di artisti, tra cui Diego Marcon (Lenz, 2021), Alessandro Pessoli (Lenz, 2021), Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi (Humboldt Books, 2017) e Paul Sietsema (Mousse Publishing, 2016).
- La sua ricerca si focalizza su figure e momenti di eterodossia critica nel Modernismo, come esemplificato dalle ricerche sull’esperienza curatoriale di Marcel Duchamp, dal lavoro storiografico su Gene R. Swenson e dal suo studio in corso sulla patafisica, vincitore nel 2021 della 10ma edizione dell’Italian Council.
Storica e critica d’arte, curatrice, giornalista pubblicista, Loredana Troise è laureata con lode in Lettere Moderne, in Scienze dell’Educazione e in Conservazione dei Beni Culturali. Ha collaborato con Istituzioni quali la Scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio di Napoli; l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa e l’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli. A lei è riferito il Dipartimento Arti Visive e la sezione didattica della Fondazione Morra di Napoli (Museo Nitsch/Casa Morra/Associazione Shimamoto) della quale è membro del Consiglio direttivo. Docente di italiano e latino, conduce lab-workshop di scrittura creativa e digital storytelling; è docente di Linguaggi dell'Arte Contemporanea presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli e figura nel Dipartimento di Ricerca del Museo MADRE. È autrice di cataloghi e numerosi contributi pubblicati su riviste e libri per case editrici come Skira, Electa, Motta, Edizioni Morra, arte’m, Silvana ed.
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