Antenati. Marco Paolini ci invita al grave party della nostra specie

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Marco Paolini ci porta a conoscere i nostri Antenati. Quelli della nostra specie. Quelli che si sono formati nel corso di duecentomila anni o forse più, se si contano i nostri lontani “cugini” estinti nel corso dell’evoluzione.

In Antenati – The grave party va in scena il racconto di 4000 generazioni che riprendono, per un giorno, il cammino delle loro prime migrazioni, quando la specie umana che proveniva dall’Africa raggiunse, millennio dopo millennio, tutte le terre emerse del globo terraqueo.

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foto di Gianluca Moretto

Paolini racconta con la sua incontestabile ed immutabile bravura, con la sua capacità di “afferrare” il pubblico grazie alla sua collaudatissima tecnica che alterna stupore, ritmo e comicità, una storia abbastanza sconosciuta. Quella di una specie curiosa e fragile, capace di adattarsi al clima e di colonizzare, così gli angoli più remoti del pianeta.

Una specie capace di inventare le cose e le parole per poterle chiamare. Capace di trasmettere, generazione dopo generazione tutto ciò che è stato appreso. Nel bene e nel male, seguendo una spinta inarrestabile a modificare gli stati precedenti.
Capace di sfuggire ai grandi predatori per trasformarsi nel nuovo assoluto predatore del mondo.

Aver sequenziato il genoma, d’altronde, ci ha fatto scoprire che in ogni individuo ci sono tracce e informazioni in codice di tutti coloro che lo hanno preceduto.

E così ecco l’invenzione che permette allo spettacolo di dipanarsi su questo binario dalle molteplici forme: evoluzione ed ecologia, leggerezza e ironia, emozione e storie memorabili.

Paolini invita 4000 generazioni ad una festa a base di cappuccini e bomboloni seguiti da un’epica grigliata di quarti di mammut. Ciascuno di questi antenati porta qualcosa: oggetti, idee, raccomandazioni, dubbi, saggezza. Ognuno si confronta con la contemporaneità, con la tecnologia, con internet e gli smartphone.

Persino Adamo comosomico e Eva mitocondriale, i progenitori, hanno qualcosa da scambiare e dei consigli da dare per aiutare questa generazione – e quelle che verranno – ad affrontare il futuro dei mutamenti climatici e della distruzione indotta dai comportamenti umani.

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foto di Gianluca Moretto

Questi nonni, siano di duecentomila o solo di vent’anni fa, si assomigliano e ci assomigliano. Non a caso Darwin diceva che in ogni specie le differenze contano quanto le somiglianze. E, facciamocene una ragione: noi non siamo né la fine, né il fine della storia, di questa storia umana.

La nostra – dice Paolini –  è una specie di funamboli: per abitare un pianeta in perenne disequilibrio servono doti da equilibrista, da domatore, da mago, da clown.

E lo spettacolo mostra questa stirpe di funamboli che ci ha preceduto e da cui abbiamo ereditato difetti e virtù.

Si ride molto, proprio per i continui richiami ai nostri difetti, alle nostre virtù, per i ritorni di ricordi collettivi indelebili, per il gentile canzonare abitudini e appartenenze o richiamare lievemente fatti di cronaca.

Uno spettacolo di grande forza, un monologo di due ore con quasi nessuna sbavatura: Marco Paolini racconta e il pubblico segue.
Non gli viene chiesto di partecipare emotivamente, non gli viene chiesto di riconoscersi e di infiammarsi. Se applaude a scena aperta lui chiede con spiritosa fermezza di non farlo. Come se tutto lo sforzo di immaginare, la fatica di raccontare non potesse essere suddivisa con l’esterno, con il fuori.

E forse è questo che non torna quando, nel culmine dello spettacolo, l’attore afferma in un crescendo avvincente: nessuno di noi è solo uno, nessuno è uno solo uno, io sono fili e non dati, fili, fili…

È questa la verità. Noi siamo fili che si legano per creare qualcosa di diverso, siamo fili di DNA, fili di umanità, fili di una tessitura che ci porta a voler conoscere quello che sperimentiamo. Anche uno spettacolo fatto di oralità, epica, teatro e finzione.

Antenati – the grave party di e con Marco Paolini

  • musiche Fabio Barovero
  • assistenza tecnica Piero Chinello
  • produzione Michela Signori, Jolefilm
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Giornalista culturale e autrice di testi ed adattamenti, si dedica da sempre alla ricerca di scritture, viaggi, tradizioni e memorie. Per dieci anni direttore responsabile del mensile "Carcere e Comunità" e co-fondatrice di "SOS Razzismo Italia", nel 1990 fonda l’Associazione Teatrale "The Way to the Indies Argillateatri". Collabora con diverse testate e si occupa di progetti non profit, educativi, teatrali, editoriali, letterari, giornalistici e web.

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