Teatri di Pietra 2023. Gaius Plinius Secundus. La natura è vita. La natura muore.

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Gaius Plinius Secundus – L’ultimo viaggio di Plinio il Vecchio, è lo spettacolo di TTR Il Teatro di Tato Russo che ha debuttato sullo straordinario palco dell’Arco di Malborghetto per la rassegna Teatri di Pietra con la drammaturgia di Diego Sommaripa e Noemi Giulia Fabiano, le coreografie di Aurelio Gatti la musica di Marco Schiavoni e con Rino Di Martino nella parte di Plinio.

Nasceva 2000 anni fa Gaius Plinius Secundus – detto Plinio il Vecchio -, uomo di stato (fu comandante militare e governatore nelle provincie della Gallia Narbonense e Belgica e della Spagna), scrittore, filosofo, naturalista, ma soprattutto curioso di ogni cosa del mondo, come testimoniano i suoi incredibili scritti (dal lancio del giavellotto ai dubbi linguistici, alla guerra in Germania) dei quali ci sono giunti solo frammenti, tranne per Naturalis Historia, una vera enciclopedia in cui Plinio tratta di astronomia, geografia, antropologia, zoologia, botanica, medicina, metallurgia, mineralogia e arte e dalla quale proviene gran parte del nostro sapere, soprattutto sulle proprietà curative delle piante.

Plinio morì  soffocato dai fumi tossici, durante l’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., quella che distrusse Pompei, mentre cercava, con la sua flotta di stanza a Capo Miseno, di salvare coloro che fuggivano. “Una sorta di Protezione Civile antelitteram” immagina Aurelio Gatti nella consueta e delicata introduzione allo spettacolo. Un tributo definitivo alla sua inarrestabile curiosità.

 

Sono questi ultimi giorni il tempo dello spettacolo.

Ultimi giorni densi di ricordi e annotazioni; ultimi giorni che a volte sembrano un sogno del protagonista, quello che riesce a portare con sé di una vita così colma da non poter essere contenuta nella mente, né in quei fogli di cui parla incessantemente, ma che mai prendono vita in scena, ma restano stilizzati nei cubi ricoperti di calligrafia che punteggiano la scena assieme a sfere metalliche fra le quali si muovono ieraticamente le danzatrici (Lucia CinquegranaElisa Carta Carosi), al contempo muse ispiratrici, sostegno, testimoni, messaggere, elementi della natura.

Attraverso i loro movimenti leggeri e al contempo fondanti, la memoria prende vita nonostante la sempre maggior vaghezza di Plinio che a volte ricorda, a volte sogna, spesso si scioglie in comicità forse involontarie, in perdite di ritmo, nell’uso di parole e frasi contemporanee che -nonostante l’argomento catturi con forza le sensibilità e gli immaginari di ciascuno- lasciano il pubblico disarmato.

Sembra che la passione per i biopic stia contagiando anche il teatro: è sempre più frequente trovarsi di fronte ad una biografia ricostruita di personaggi storici. Un genere che potrebbe non aver mai fine.

Nel caso specifico dello spettacolo Gaius Plinius Secundus tutti i possibili dubbi, le incertezze o le critiche che potrebbero venire in mente a chi guarda, sono già state ampiamente motivate nelle note di regia.

Il linguaggio che non riesce a rendere l’idea dell’epoca di Plinio, né a offrire una visione diversa, contemporanea, immediata, è descritto come la scelta di usare due linguaggi, classico e contemporaneo, facendo sì che due epoche che si fondano in un unico tempo.

Il ritmo sempre diverso della recitazione, il virare spesso sul comico, aiutato anche dai giochi di parole, l’intero personaggio costruito su una visione troppo contemporanea della Storia, è indicato come gli ultimi sentimenti nei quali riaffiorano le allucinazioni del Vecchio Plinio.

Tutto voluto, dunque, tutto chiaro, ma resta il fatto che, anche se spiegato ai dummies, lo spettacolo lascia l’impressione di una fretta  che si contrappone ad un contenuto. interesante, condiviso, capace di portare ricordi e riflessioni.

Probabilmente la drammaturgia più letteraria che teatrale ha provocato questo cortocircuito. Una drammaturgia che racconta, ma non s’interroga, un raccontare che cambia solo nei toni e nelle intenzioni, ma non nelle domande.

Natura è vita” diceva Plinio. Ce ne accorgiamo molto bene adesso che questa vita comincia a scarseggiare o a modificarsi; ce ne accorgiamo anche nelle notti della campagna di Malborghetto che non chiedono più la giacca di lana; ce ne accorgiamo ogni giorno e ci domandiamo cosa sia rimasto da fare.

Plinio lascia andare la sua vita salvando molte persone da quella natura che si era ribellata attraverso il Vesuvio, sacro ad Eracle e a Giove. Quali divinità e quali sentimenti ci aiuteranno oggi a immaginare la vita in un mondo che perde differenze e si modifica costantemente?

Saremo in grado di farlo? Lo vogliamo fare?

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Giornalista culturale e autrice di testi ed adattamenti, si dedica da sempre alla ricerca di scritture, viaggi, tradizioni e memorie. Per dieci anni direttore responsabile del mensile "Carcere e Comunità" e co-fondatrice di "SOS Razzismo Italia", nel 1990 fonda l’Associazione Teatrale "The Way to the Indies Argillateatri". Collabora con diverse testate e si occupa di progetti non profit, educativi, teatrali, editoriali, letterari, giornalistici e web.

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