#RoFF18. Eureka di Lisandro Alonso

immagine per #RoFF18. Eureka di Lisandro Alonso

Eureka è un film dell’argentino Lisandro Alonso, passato alla Festa del Cinema di Roma, composto di tre episodi, apparentemente fuori contesto e fuori tempo. Invece assolutamente lineari in una logica essenziale della storia dell’Umanità.

Il primo episodio è un western in bianco e nero ambientato in un luogo anonimo di frontiera tra Stati Uniti e Messico, senza legge alcuna, in una città decadente (una Gost city), dove tra fantasmi di criminali, prostitute, ubriaconi e morti (facili da trovare ovunque anche nei letti degli alberghi) arriva, alla ricerca di una figlia rapita, un pistolero stanco ed impolverato (Viggo Mortensen). Incontra “El coronel”, boss del luogo (Chiara Mastroianni) ed il rapitore della figlia ma…

Nel secondo episodio è una televisione della riserva indiana in South Dakota oggi, che sta dando il film western di cui al primo segmento. Qui c’è Alaina (Alaina Clifford) una poliziotta sioux in servizio notturno, sotto la neve, con una giovane nipote Sadie (Sadie Lapointe) insegnante e coach di pallacanestro, chiamata a risolvere situazioni disperate (ragazze scomparse, liti familiari al coltello, gente drogata ed alcoolizzata, giocatori compulsivi di Casinò che si sparano), senza mai un aiuto di altre pattuglie, tutto dentro il degrado di un’intera comunità di nativi che nel suo ghetto-prigione, anela solo ad annientarsi o sparire (alti i suicidi).

Un’altra America, che nelle produzioni mainstream viene sempre nascosta, e non è solo quella di questi nativi, condannati dal colonialismo e dai suoi vizi, ma di tutta quella popolazione che vive negli Stati Uniti, senza casa, senza cibo o solo junk food ed imbottita di farmaci senza nemmeno l’assistenza medica.

Anche qui, in una condizione di malessere profondo, sia che viva in vecchie catapecchie o in motorhome o camper abbandonati, i morti o semimorti sono ovunque come nel western.

La terza storia si svolge in una foresta vergine ed incantata, color diamante, piena di fiumi selvaggi e cascate dove un gruppo di indios si racconta a vicenda i sogni della notte.

Sembra di vedere in questo stato primitivo, a contatto con la natura, la istintiva raggiunta felicità dell’uomo, come all’origine dell’Umanità, senza bisogni e società precostituite.

Ma è solo un’apparenza, perché anche qui verrà usata un’arma (un coltello) per offendere, ed un indigeno lascerà la sua tribù per trovare un lavoro più remunerativo, alla ricerca dell’oro. Ma ingenuo e rimasto indietro sarà anche lui travolto dall’avidità di un altro “El coronel”, come la boss western, o le insistenti chiamate del boss della centrale di polizia “1-7-4/10-24, mi ricevete”, che poco hanno aiutato a risolvere situazioni, mentre invece condannano, anche in questo caso, a morte o a scomparire.

Un film senza musica e con dei silenzi lunghi su scene fisse sia sulla natura che sulle persone. E dissolvenze sempre funzionali all’incedere delle varie storie.

Ma collegate tutte (anche se sono stati usati tempi ed epoche diversi) da una frase essenziale detta da un vecchio saggio indiano: “Il tempo è una finzione inventata dall’essere umano”.

Tutti hanno commentato “film senza tempo”, invece c’è dentro il tempo lungo della storia Universale dell’Uomo nei suoi stadi di evoluzione ed involuzione (ed oggi lo possiamo capire meglio), in cui rimane sempre, malgrado i passaggi di civiltà (organizzazione, costumi, socialità, leggi, democrazie e quant’altro) un selvaggio che crede nelle pozioni magiche degli stregoni (oggi farmaci) che fanno scomparire o trasmigrare, e nella sua aggressiva animalità porta morte gli altri come lui.

Il titolo Eureka (ho trovato), è una parola, secondo la leggenda, che potrebbe essere stata pronunciata da Archimede quando scoprì la legge fisica che regola la spinta idrostatica dei corpi immersi nell’acqua. Usata anche per indicare scoperte di giacimenti nel mondo.

Ma Eureka potrebbe anche essere la cicogna collorosso Jabiru, che vola in migrazione su tutto il continente americano (lo spazio), ed è il filo conduttore simbolico delle morti o trasmigrazioni dei protagonisti delle tre storie, che con estrema intelligenza ed innovazione cinematografica il regista Lisandro Alonso ha realizzato per una ulteriore nostra scoperta. Meravigliosa, sfolgorante fotografia di Timi Salminen (collaboratore di Aki Kaurismaki).

+ ARTICOLI

Pino Moroni ha studiato e vissuto a Roma dove ha partecipato ai fermenti culturali del secolo scorso. Laureato in Giurisprudenza e giornalista pubblicista dal 1976, negli anni ’70/80 è stato collaboratore dei giornali: “Il Messaggero”, “Il Corriere dello Sport”, “Momento Sera”, “Tuscia”, “Corriere di Viterbo”. Ha vissuto e lavorato negli Stati Uniti. Dal 1990 è stato collaboratore di varie Agenzie Stampa, tra cui “Dire”, “Vespina Edizioni”,e “Mediapress2001”. E’ collaboratore dei siti Web: “Cinebazar”, “Forumcinema” e“Centro Sperimentale di Cinematografia”.

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e statistici. Cliccando su "Accetta" autorizzi tutti i cookie. Cliccando su "Rifiuta" o sulla X rifiuterai tutti i cookie eccetto quelli necessari per il corretto funzionamento del sito. Cliccando su "Personalizza" è possibile selezionare quali cookie attivare.