#RoFF18. Jules di Marc Turtletaub. La solitudine e l’infinito.

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Il film Jules di Marc Turtletaub (produttore di Little Miss Sunshine 2006), sceneggiato da Gavin Steckler, ha vinto il premio Ugo Tognazzi miglior commedia alla Festa del Cinema di Roma. Una favola attuale, gentile e delicata, da presentare nelle feste natalizie.

Con una popolazione media mondiale più vecchia, soprattutto nei paesi più avanzati, dove aumenta la denatalità e più o meno velocemente avanza l’Alzheimer, uno degli argomenti più in voga è come vivano i vecchi, in cittadine provinciali e rurali, desertificate da una vita sociale sempre più scarsa e con mezzi di comunicazione che li hanno ridotti ad una vita solitaria in casa (TV, computer, cellulare, pasti e poltrona, se non c’è nemmeno balcone o giardino).

L’incipit di Jules è esattamente lo specchio di questa situazione. Boonton è una piccola cittadina della Pennsylvania, dove si vive una vita di routine ed una volta a settimana in una riunione del Consiglio Comunale gli abitanti (soprattutto i più anziani) si recano a fare le loro proposte per rendere la vita del loro piccolo centro migliore.

E Milton Robinson (Ben Kingsley), cittadino modello sugli 80 anni, ripete ogni volta che si potrebbe cambiare lo slogan del luogo: Un paese fantastico perché è dove voglio vivere, e che servirebbe un passaggio pedonale in più, dove due vie di traffico creano pericolosità ai pedoni.

Vedovo, con due figli (uno con cui ha rotto da tempo, l’altra oberata di lavoro, che si scopre poi vorrebbe, per sua tranquillità, ricoverarlo in una struttura) non ha molto da pensare o da proporre, dedicandosi solo alla cura del suo giardino in una corte interna.

Una notte in questo giardino, rovinando le sue peonie, atterra un disco volante ed una piccola strana creatura aliena (Jude Quon) rimane a terra a lungo vicino alla sua veranda. Milton cercherà prima aiuto, poi non creduto, si adatterà ad aiutare il suo ospite, portandolo in casa, ed iniziando con lui una strana convivenza.

Questo film, a differenza di tutti gli altri visti alla Festa, con esseri umani che si fanno solo del male, è un film molto dolce e positivo, soprattutto nei rapporti tra di loro e nei confronti di un alieno bisognoso d’aiuto.

Infatti due anziane signore, Sandy (Harriet Sanson Harris) e Joyce (Jane Cartin), che conoscono il protagonista, scoprono l’alieno e per paura che venga imprigionato e studiato (come nei film), iniziano a far compagnia a Milton e l’alieno (con il nuovo nome Gary dato da Joyce) e cercano di aiutarlo (ad esempio vestirlo o dargli da mangiare) per farlo stare a suo agio e farlo ripartire per il suo pianeta.

A differenza di tutti i film orrifici e splatter su questo altro argomento che inflaziona il mercato cinematografico, la paura di presenze oscure e pericolose e le difese degli esseri umani dai pericoli della vita in comune e da ogni tipo di immigrati, questo film parla invece di gratificazioni di ogni compagnia e della sensibilità e solidarietà di ogni alieno. Jules o Gary eserciterà i suoi poteri anche per proteggere i suoi ospiti.

Milton e le due donne diventano assidui con l’alieno, che non parla mai (mangia solo mele) e riescono a confidarsi con tanta felicità e sicurezza, raccontando i loro tempi migliori, gli errori ed onori, ricordi e rimpianti come con un amico di vecchia data. E si può godere allora di un’atmosfera assurda e comica allo stesso tempo.

Ben Kingsley, con il suo parrucchino e gli occhiali è l’immagine vera di un vecchio burbero ancora efficiente, intelligente e pieno di humor (si ride spesso delle sue battute) ed allo stesso tempo in fase di regressione mentale.

Le due signore (vecchie conosciute attrici) bravissime nelle loro pantomime di pettegole di paese, piene di idee e premure per lo straniero di un’altra galassia.

Certo il film non è ET o Cocoon, ma non manca di quei momenti di tenerezza e di emozioni, soprattutto quando si comincia a capire che l’alieno riesce a sentire i buoni sentimenti dei tre anziani e cerca anche lui di aiutarli, oltre che con la sua compagnia, nelle più difficili situazioni quotidiane, invitandoli infine anche nel suo mondo lontano.

La morale di fondo o metafora cinematografica è che se tre anziani si ritrovano insieme, e se, pur nelle loro fantasie, riescono ad aiutare un alieno a tornare a casa nell’infinito, si possono dare molto l’un l’altro.

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Pino Moroni ha studiato e vissuto a Roma dove ha partecipato ai fermenti culturali del secolo scorso. Laureato in Giurisprudenza e giornalista pubblicista dal 1976, negli anni ’70/80 è stato collaboratore dei giornali: “Il Messaggero”, “Il Corriere dello Sport”, “Momento Sera”, “Tuscia”, “Corriere di Viterbo”. Ha vissuto e lavorato negli Stati Uniti. Dal 1990 è stato collaboratore di varie Agenzie Stampa, tra cui “Dire”, “Vespina Edizioni”,e “Mediapress2001”. E’ collaboratore dei siti Web: “Cinebazar”, “Forumcinema” e“Centro Sperimentale di Cinematografia”.

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