Roma Arte in Nuvola 2023. Chi metterà la musica.

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A cosa serve un’ennesima Art Fair? A cosa serve a Roma, con l’idea di favorire – si dice – il collezionismo del Sud e Centro Italia, come se i collezionisti non fossero abituati a muoversi, a frequentare Fiere ovunque queste si organizzino e se ritenute imperdibili? Queste domande, che ho posto relativamente alle scorse Roma Arte in Nuvola n. 1 qui e n. 2 qui e in questa nuova edizione, la terza, restano aperte.

Certo è che, come già scrissi allora e come si conferma, purtroppo, il settore, in Italia, tradisce tutti i suoi limiti. Sono palesi, infatti, la profonda crisi strutturale del nostro Sistema dell’Arte – per tacer del… resto –, un’inadeguatezza istituzionale – e non da oggi –, il peso negativo di una mancata riforma fiscale ad hoc e una nostra inconsistenza internazionale che è direttamente collegata all’irrilevanza politica ed economia nello scacchiere mondiale e da cui dipende inevitabilmente e ingiustamente l’italica (in)attendibilità culturale.

A dirla tutta, sono anni che esibiamo una certa piattezza, prevedibilità e ripetitività creativa e artistica che non aiuta i già articolati handicap patiti. Tutto ciò ha, ça va sans dire, ricadute anche nel Mercato dell’Arte sopranazionale in cui pochissimi sono i nostri artisti ben posizionati e sorretti ma, anche, sono altrettanto pochi i sistemi di controllo e autoregolamentazione seria dell’intera filiera, dalla qualità della ricerca artistica alla determinazione delle quotazioni delle opere: reali, forzate fino a rappresentare vere e proprie bolle economiche-culturali (leggi: sòle) che hanno allontanato molto collezionismo d’arte.

Ancor più vero è che processi speculativi esasperati all’estero hanno fatto innalzare prezzi di artisti e giustificato inserimenti in musei e storie dell’arte di opere e autori assolutamente discutibili quando non mediocri ma ormai in posizioni finanziariamente talmente apicali che tentare gare di Mercato e di Sistema in Italia è perdente all’origine.

Quindi? Che sia il momento di serrare i ranghi e cercare di normare in modo trasparente e competete almeno quotazioni e qualità?

Nel frattempo, l’Art Fair come dispositivo mostra-certifica-vendi-o-almeno-prendi-nuovi-contatti funziona ancora? Davvero? E questa Roma Arte in Nuvola? Come è andata? Così così, pare, in quanto a fruizione di settore e di collezionismo. Ma almeno, nei giorni di apertura, abbiamo visto la luce (naturale), nel senso che la Nuvola di Fuksas permette a questa Fiera di essere l’unica o tra le uniche a far scorgere il cielo fuori, a dare l’impressione di apertura, aria…  Ma a parte ciò? Procediamo con ordine e… cronologia.

Molta Arte Moderna al piano terra: migliore proposta dell’anno scorso, tutto sommato, ma con presenze di alcune gallerie ancora imbarazzanti.

Troppo Futurismo ma solo per quanto concerne tante opere – ma abbastanza concentrate – che chiamarle dubbie è un eufemismo; una vergogna e un danno enorme per il grandissimo movimento italiano ormai amato, esposto e collezionato in tutto il mondo; dovremo presto affrontare il problema autenticazioni, archivi e preoccupante fioritura di Balla e Boccioni divisionisti e aeropittura che mai credo possano essere stati dipinti… Ma tant’è.

Invece, gran bello stand di Fabrizio Russo, il signore del ‘900 che tiene alto lo scettro delle chicche d’antan.

Si è registrata, al piano, anche una certa Salvite: ovvero, tantissime opere di Salvo ( Salvatore Mangione, Leonforte, Enna, 1947 – Torino, 2015) sul quale si sta cercando di fare sistema e operazione, qualcosa che – da personale percezione in Fiera – presto o tardi tenteranno pure con Valerio Adami (Bologna, 17 marzo 1935) esposto pure da Poleschi che con Helidon Xhixha ha impallato l’ingresso con una sua scultura totemica, Getto di luce.

Tanto Renato Mambor, ormai solido nel mercato e nelle collezioni italiane, meno Giorgio Griffa del solito – presente ad esempio alla galleria Accademia di Torino – e sempre meraviglioso Alighiero Boetti, dominante da Tornabuoni, che ha allestito una mostra da Art Fair ma allo stesso tempo museale.

Bello lo stand de La Nuova Pesa che sembrava proprio una mostra in galleria piuttosto che una scelta da Art Fair. L’Incontro ha replicato la scelta fatta a Torino poche settimane fa (non Artissima ma Flashback) con Ontani e Christo, ad esempio.

Anche quest’anno, coraggiosa e colta la scelta di JUS Museum di Palazzo Calabritto a Napoli, che, accanto a opere di quattro donne, che lavorano con il mezzo fotografico Neshat, Sherman, Woodman, e la Annalaura di Luggo, ha allestito una sezione dedicata al Gruppo del Cenobio (Ferrari, La Pietra, Sordini, Verga, Vermi) con opere meticolosamente cercate e messe insieme da Marcello Palminteri.

L’allestimento della Collezione della Farnesina – collezione sì ma… in comodato d’uso – lasciava molto a desiderare nel montaggio ma in questo enorme spazio fuksasiano non è facile collocare pannelli, luci e quadreria.

Bella l’installazione di Michelangelo Pistoletto, un classico di specchi e sedie dove era vietato sedere: ma perché, se l’opera funziona proprio sedendovici intorno e dialogando con e amando le differenze?

Mi perdoneranno quanti non citati, le foto raccontano di più, pur se – va ammesso! – abbiamo scelto solo booth migliori, o giù di lì…

Salendo al piano dell’Arte Contemporanea, il troppo-che-stroppia prende il sopravvento, ma la qualità sa farsi ricordare e valere.

Molto accattivante la sezione La Città delle Donne. Un secolo di corpi femminili e Roma (1855 – 1955), con una selezione di opere dalle collezioni della Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali.

Curata da Claudio Crescentini e Ilaria Miarelli Mariani, è un peccato che, lì messa su, duri solo il tempo di una fiera perché dà modo di rendersi plasticamente conto dei limiti e confini della considerazione sociale e culturale  della donna nel corso dei secoli, anche da parte degli artisti (quasi sempre maschi).

Una lettura importante che oggi, nell’agone delle battaglie contro un patriarcato mai debellato, ha ancora più peso e senso.

Interessanti le installazioni, progetto di Valentina Ciarallo: bella e divertente, solo apparentemente Pop, Tutte le cose che non ti ho detto di Sveva Angeletti, Courtesy La Nuova Pesa, Roma; Andrea Bianconi ci ha fatto sedere con Sit down to have an idea, Courtesy Barbara Davis Gallery, Houston, Texas; eccezionale l’impegno di Vincenzo Marsiglia con l’interattivo Map (star) the world cloud; sempre impeccabile Joana Vasconcelos con la sua colorata, ludica ma dura e resistenziale sfida alle imposizioni e agli stereotipi di genere: Caldi abbracci, 2022, Courtesy Mimmo Scognamiglio Artecontemporanea, Milano, lo testimonia.

Tra dimenticabilissime presenze, persino imbarazzanti, si segnalano gallerie-certezze con i loro ben allestiti stand e le proposte più valide: non tutto qui indicato è stimato ugualmente di pregio, ma in alcuni casi abbiamo premiato lo sforzo, anche solo di esserci (tornati o arrivati), in Fiera.

Dunque: è come sempre ben calibrato l’allestimento di Magazzino, con Massimo Bartolini, Elisabetta Benassi, Antonio Biasiucci, Mircea Cantor, Francesca Leone, Alessandro Piangiamore; Gilda Lavia osa con Leonardo Petrucci, che ormai segue ed è parte della sua scuderia; Mn Contemporary di Monaco, accanto a una versione di Ophelia, in semi-movimento, lento, di Matteo Basilè, mostra Vincenzo Marsiglia (pure tra i progetti dedicati) e, tra gli altri, un distinguibile quadro di Davide D’Elia che resta impresso.

Buona scelta, coraggiosa, di A Pick Gallery di Torino, con autori vari ma coerenza di linguaggio; Giampaolo Abbondio da Todi, tra le varie proposte, si distingue per una serie di grandi, sensazionali, Nan Goldin, costose ma in modo giusto, e tele-scultoree di Mateas Pares; Studio Sales torna con la pittura senza fronzoli di Romina Bassu e la scultura di Diego Mirabella (portati pure ad Artissima).

Andrea Festa non ha deluso gli amanti di una certa pittura-pittura, scegliendo tra l’ampia selezione di quella che tratta nella sua Home Gallery.

Ceravento da Pescara avvolge lo spettatore con la folla e i giovanissimi quasi monocromi, dipinti ma con carattere fotografico da Giuseppe Vassallo; poi ci sono Basile, che fa tornare le opere fiammeggianti di Giovanni Albanese, e punta su Paolo Grassino, Daniele Galliano, Luca Coser, Mirko Leuzzi; Federica Schiavo che convince con Salvatore Arancio ed Ex Elettrofonica con Gabriele Picco; e poi ecco Marina Bastianello con il suo stand costellato di piccoli quadri di Chiara Peruch (Pordenone, 1996); unosunove 1/9 che ha acceso di colori e immagini le pareti del suo spazio.

Molta pittura, colori, figurazione, insomma…

La galleria FABER ha scommesso tutto sul Solo Show di Roberto Ghezzi con opere che insistono su tematiche di profonda attualità ed emergenza (climatica); Niccoli ha condiviso La poetica dell’innesco, di CCH Studio e in collaborazione con Massimo Belli (di Hypermaremma).

Mancaspazio ha allestito una sorta di installazione a parete per esporre più lavori e artisti che risultano quasi un coro intonatissimo; tutto si dispiega con dominanza gialla come il miele e con la forma dei favi di quegli insetti preziosi e architetti che sono le api: in questo caso, ogni celletta esagonale accoglie ognuna un’opera di un artista diverso (e in ricordo del libro Miele amaro di Salvatore Cambousu): chapeau.

Umberto Benappi è tornato in fiera forte della sua partecipazione torinese (ad Artissima e a Flashback); Galleria ME Vannucci di Pistoia ha portato una personale del duo artistico antonelloghezzi che tra semafori, specchi e altalene ci fa dondolare tra le… nuvole; immancabile Mucciaccia qui al piano con la sua Project; Gallerie Riunite ha valorizzato la strana fotografia di Fiona Annis, manipolatoria e d’effetto materico-pittorico, che pare indagare proprio le componenti linguistiche  e basiche dello specifico (“luce, carta, chimica e tempo”, ci hanno dettagliato in galleria).

Andrea Ingenito  nella quadreria ha messo una serie di inaspettati, coloratissimi (e costosissimi) Damien Hirst; Richard Saltoun ha ancora una volta insistito sul femminile, con scelte di genere, con la Raphael, l’Accardi e Silvia Giambrone che con i suoi specchi spinati è una certezza.

s.t. senza titolo con il suo stand curato, di pregio, pieno di foto magnifiche, manifesti rari, grafiche, libri e cataloghi preziosi, era strapieno di pubblico; lì abbiamo potuto conversare anche con Tano D’Amico pure presente con molte sue foto e rare cartoline editate da Marcello Baraghini.

Galleria Mimmo Scognamiglio Artecontemporanea ci ha ravvivato retina e ghiandola pineale con una pittura coloratissima ma assai poco scontata come quella di Jenni Hiltunen e Tafadzwa Tega, ad esempio; Eugenia Delfini ha concentrato lo stand sulle toccanti immagini di Narcisa Monni, solo in apparenza pittura-pittura e piacevole raffigurazione ma in realtà problematizzata attraverso la sua arte da riporto (immagini da riviste e fotografiche sono la base linguistica e materica che ingloba con il colore) che potremo rivedere nella personale che inaugurerà in galleria a Roma il 6 dicembre.

Anna Marra ha organizzato il suo spazio con la sontuosa figurazione di Veronica Botticelli, quella essenziale a ricamo nero e assai incisiva di Elena Nonnis, e sulla scultura-installazione di Andres Anza; Photo & Co ha allestito una colta mostra a tema: Space Oddity.

Wem gallery, la galleria nella fabbrica metalmeccanica, sul Lago Maggiore, ha dato prova di mantenere un sempre più stretto rapporto con Daniele Sigalot e i suoi messaggi in giganti post it notes e gli aeroplanini che… sembrano carta ma carta non è… che cos’è?  Valentina Bonomo raggiunge gran successo con premiazione e applausi per la scelta di un grandioso Umberto Bignardi e, tra gli altri (con immancabile Julian Opie), di un più giovane talento cinese (Wang Yuxiang, classe 1997, diplomato in pittura alla RUFA ha lavorato in diversi progetti espositivi in Italia e in Cina), poetico e perturbante allo spesso tempo.

I Musei coinvolti quest’anno avrebbero dovuto dare più autorevolezza a una Fiera di vendita: il Museo delle Civiltà, Roma, diretto da Andrea Viliani, e lì a due passi dalla Nuvola di Fuksas, ha proposto Shimabuku, Oldest and Newest Tools of Human Beings, 2015 e Victor Fotso Nyie, Suivre ses Reves, 2021 con il video documentario Identità sospese.

Il MAXXI_Museo nazionale delle arti del XXI secolo ha allestito un ennesimo igloo (Triplo igloo, 1984-2002) di Mario Merz, e Ciclomóvil, 2007 di Pedro Reyes; dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea ci saremmo aspettati una scelta più contemporanea, ma abbiamo comunque apprezzato Alberto Burri e il suo Nero Bianco Nero del 1955.

Oltre all’Archivio Luce Cinecittà e al booth espositivo/informativo del Ministero della Cultura, era presente una bella se pur piccola selezione di foto di Antonio Biasiucci, pure presente da Magazzino.

Delle tante performance (di Marta Jovanovic, Pelle, a cura di Valentina Ciarallo; di Simone Bacco, Sottotitoli di una fuga, a cura di Chiara Pagano; di Anna Basti, Le classique c’est chic!, pure a cura di Chiara Pagano e con posti limitati su prenotazione; di Wissal Houbabi e Roberto Paci Dalò,  7Lemi / I miei sogni, ancora curata della  Pagano…; e poi: di Alice Schivardi, Corvi o colombe?, a cura della Ciarallo e dove era possibile individuare una sorta di ricucitura tra duplicità in contrasto: dei legami, delle scelte, delle relazioni, della luce e dell’oscurità…) abbiamo intercettato solo quella di Francesca Romana Pinzari, titolata There is always a reason, lirica e straziante, e di Letizia Cariello, Wind of change (a cura di Adriana Polveroni) in cui l’azione del sangue, dell’ago, del filo e della paziente arte della cucitura hanno unito concretamente ma anche metaforicamente una grande tela.

Piccoli spiragli di senso e bellezza, quelli fin qui descritti – con poco che può essermi sfuggito – tra tanti pupazzetti e pitturaccia, rumore di fondo talmente assordante da aver probabilmente compiaciuto il pubblico di bocca buona e prosciutto sugli occhi ma infastidito e fatto scappare tanti collezionisti che, se rimasti un po’ più a lungo, si sono assiepati solo nei booth più sicuri, di qualità.

Dunque che Art Fair abbiamo dato a Roma e agli addetti-ai-lavori ai quali, sia chiaro, non interessa il numero dei biglietti venduti ma guadagnare o rifarsi almeno delle spese sostenute (peraltro molto alte) e magari tornare con un’agenda piena di nuovi contatti?

Una Fiera che, se fosse una festa, tra alcolici, finger food, tanti invitati, posti in piedi e a sedere mancherebbe però la musica, o, peggio, con un DJSet martellante, dal volume troppo alto.

Roma Arte in Nuvola ci è ancora parsa troppo indecisa, ma, va detto, che pur non demorde, a quanto sembrano farci intendere Adriana Polveroni e Alessandro Nicosia, dimostrando, come sanno e possono, che stavolta non finirà come tutte le altre Fiere capitoline, con una debacle più spesso ripetuta.

Se le buone gallerie torneranno, se non ci sarà una nuova moria di quelle partecipanti come nelle scorse edizioni e se… se… se: in attesa della Roma Arte in Nuvola n. 4…

Piano Terra – Arte Moderna, Roma Arte in Nuvola 2023

 

Primo Piano – Arte Contemporanea, Roma Arte in Nuvola 2023

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Con una Laurea in Storia dell'Arte, è Storica e Critica d’arte, curatrice di mostre, organizzatrice di eventi culturali, docente e professionista di settore con una spiccata propensione alla divulgazione tramite convegni, giornate di studio, master, articoli, mostre e Residenze, direzioni di programmi culturali, l’insegnamento, video online e attraverso la presenza attiva su più media e i Social. Ha scritto sui quotidiani "Paese Sera", "Liberazione", il settimanale "Liberazione della Domenica", più saltuariamente su altri quotidiani ("Il Manifesto", "Gli Altri"), su periodici e webmagazine; ha curato centinaia di mostre in musei, gallerie e spazi alternativi, occupandosi, già negli anni Novanta, di contaminazione linguistica, di Arte e artisti protagonisti della sperimentazione anni Sessanta a Roma, di Street Art, di Fotografia, di artisti emergenti e di produzione meno mainstream. Ha redatto e scritto centinaia di cataloghi d’arte e saggi in altri libri e pubblicazioni: tutte attività che svolge tutt’ora. E' stato membro della Commissione DIVAG-Divulgazione e Valorizzazione Arte Giovane per conto della Soprintendenza Speciale PSAE e Polo Museale Romano e Art Curator dell'area dell'Arte Visiva Contemporanea presso il MUSAP - Museo e Fondazione Arazzeria di Penne (Pescara), per il quale ha curato alcune mostre al MACRO Roma e in altri spazi pubblici (2017 e 2018). È cofondatrice di AntiVirus Gallery, archivio fotografico e laboratorio di idee e di progetti afferente al rapporto tra Territorio e Fotografia dal respiro internazionale e in continuo aggiornamento ed è cofondatrice di "art a part of cult(ure)” di cui è anche Caporedattore.

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