Teatri di Vetro. Fragolina (tre canti di protesta + un fatto di cronaca)

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Cos’è l’anima? Ce l’abbiamo davvero tutti? E come facciamo a sapere di averla? Domande filosofiche ai limiti dell’apocalittico quelle che con Fragolina (tre canti di protesta + un fatto di cronaca) Roberto Corradino, per la produzione di Reggimento Carri e con i costumi e l’occhio esterno di Federica Terracina, pone al pubblico della diciassettesima edizione di Teatri di Vetro, il festival guidato da Roberta Nicolai al Teatro India di Roma.

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Roberto Corradino, Fragolina (tre canti di protesta + un fatto di cronaca). Teatri di Vetro

È il 2022 quando un gruppo di scienziati e ingegneri, guidati da Blake Lemoine, portano avanti una serie di test per verificare se Lamda, il chatbot cavia di Google Inc, sia dotato di anima e coscienza.
Risultato? Sì, Lamda è cosciente e dotata di anima.

Eppure basta fare un passo indietro nel viaggio a episodi che ci propone l’artista di Altamura per scoprire che se una “macchina” costruita dall’uomo e programmata a nostra immagine e somiglianza, viene riconosciuta come dotata di anima, per lungo tempo molte altre categorie non ebbero lo stesso riconoscimento pur essendo esseri viventi. Un viaggio che, percorrendo senza sosta la freccia del tempo, va dagli ominidi all’intelligenza artificiale.

Arriviamo alla prima tappa con le note di Yáyá Massemba, un pezzo dal ritmo samba che Corradino intona, in mutande, in apertura di spettacolo. È un canto in lingua yoruba che parla di schiavitù e di tratta.
“C’è l’anima in quegli strani esseri trovati in quel nuovo continente?”, si chiesero all’epoca i colonizzatori. E se è vero che non si possono schiavizzare altri fratelli, vale anche per gli indios – che non essendo né europei (iapiti), né asiatici (semiti), né africani (camiti) e quindi non discendono da Noé – non sono “figli di Dio ma del diavolo”?

E del resto, c’è forse l’anima nelle donne raccontate nei canti popolari, perduti nel meridione del tempo, e – negli anni Sessanta del secolo scorso – nelle canzoni di una donna emancipata come Mina (da Sono come tu mi vuoi a Mi sei scoppiato dentro il cuore) come (s)oggetti privi di volontà?  Non sono forse esseri volubili che devono essere sottomesse al padrone – padre, marito, amante e in una sola parola “maschio” – e di cui i maschi devono prendersi cura e detenere la potestà?

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Roberto Corradino, Fragolina (tre canti di protesta + un fatto di cronaca). Teatri di Vetro

Che dire, allora, degli omosessuali (raccontati in una strepitosa e dissacrante rilettura di Pierre dei Pooh), della disabilità e di ogni altra forma di diversità? E, invece, degli animali, “nostri fratelli e sorelle” nella creazione e poi sgozzati e macellati per sfamarci? Hanno forse l’anima loro? Ha forse l’anima quell’agnellino che piange come un bambino che va al macello o che viene sgozzato durante un sacrificio?

È dirompente Corradino. Tiene la scena interloquendo con il pubblico nel racconto dei tanti figli di un dio minore. Quelli a cui, per poterli sottomettere, non si riconosce il diritto all’anima. Corpi senza anima, senza diritti se non quello ad essere controllati, schiavizzati e sottomessi. Non ha bisogno di scenografia, se non di uno schermo sul quale proietta foto dal suo cellulare.

Ad accompagnarlo nella narrazione – oltre alle note e ai contributi audio di Marco Malasomma che cura il soundesign della performance – c’è la sua presenza sul palco che occupa totalmente pur se con pochi oggetti di scena (l’asta del microfono, una sedia, gli abiti con cui si veste e si spoglia dei vari personaggi).

Si ride e si pensa in un’ora circa di spettacolo da cui si esce sicuramente spiazzati ma indubbiamente arricchiti, quanto meno di domande. Corradino non ha la pretesa di fornire risposte, del resto. Riflette e spinge a riflettere su temi che con il passare dei secoli non passano – ahimé – mai di moda tanto da essere di stringente attualità ai tempi degli ominidi come oggi: patriarcato, emarginazione, sopraffazione e diversità.

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Roberto Corradino, Fragolina (tre canti di protesta + un fatto di cronaca). Teatri di Vetro

Sono le storie del “capro espiatorio” quelle che racconta usando la musica, le immagini e la narrazione in senso stretto. Come la storia di Fragolina, quella che dà il titolo allo spettacolo. Antonio, un bambino di 4 anni incontrato in una scuola dell’infanzia durante un laboratorio teatrale, per lo spettacolo di Carnevale, tratto da una fiaba di Gianni Rodari (Ortagilandia), al contrario dei suoi compagni di scuola, maschi e femmine, non voleva interpretare il perfido Cavalier Pomodoro ma bensì la Fragolina.

La reazione dei suoi coetanei è univoca e arriva in breve tempo con un coro di “femminuccia, femminuccia”. Voler essere la Fragolina significa venire deriso e canzonato. Bambini  di tre/quattro anni come lui pronti a lanciarsi e a “mangiare” un proprio simile come il branco su un agnellino innocente.
“Lì – spiega Corradino – ho capito come nasce il fascismo. Se anche un cucciolo è capace, per scherzo, perché così si fa e perché così fan tutti, di sbranare un fratellino o una sorellina senza nemmeno sapere davvero il perché…”. Ma nemmeno i bambini del resto, al pari dei pazzi, son dotati di anima, no? Al contrario del chatbot Lamda che agli ingegneri di Google chiede soltanto di non essere sfruttata e manipolata.

Oggi Antonio è un ventenne che vive felicemente in Francia con la compagna e i figli, contattato dall’artista che gli ha chiesto di poter raccontare quell’episodio scolastico (che quasi non ricorda più) risponde affermativamente: “tanto non ci metto la faccia e poi in Italia non ci torno più”. Lo so vi aspettavate sentire che vive felicemente in Francia con il suo compagno. Strana la vita, eh?

Non vuole metterci la faccia. Adrie e Alfons Kennis (Kennis & Kennis), invece, nei Paesi Bassi le facce dei nostri antenati – dal notissimo Australopithecus afarensis Lucy all’Homo erectus, il Neanderthal e l’Homo sapiens Cheddar Man – le ricostruiscono a grandezza naturale partendo dai pochi resti ritrovati dagli archeologi. La faccia, la nostra identità e la rappresentazione fisica dell’anima.

Ma qual è la faccia e l’anima più giusta per stare al mondo?

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Classe 1987. Romana di nascita, siciliana d’origine e napoletana d’adozione. Giornalista professionista, comunicatrice e redattrice freelance. Da sempre appassionata di (inter)culture, musica, web, lingue, linguaggi e parole. Dopo gli studi classici si laurea in Lingue e comunicazione internazionale e in seguito, presso l’università “La Sapienza” di Roma, si specializza in giornalismo laureandosi con una tesi d’inchiesta sul giornalismo in terra di camorra. Ha poi conseguito un master in Giornalismo (biennio 2017 – 2019) presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Giornalista per caso e per passione, ufficio stampa e social media manager per festival, eventi ed associazioni in particolare in ambito culturale e teatrale oltre che per Europride 2011, Trame – Festival dei libri sulle mafie e per Save the Children Italia (2022). Collabora con diverse testate occupandosi in particolare di tematiche sociali, culturali e politiche (dalle tematiche di genere all’antimafia sociale passando per l’immigrazione, il mondo Lgbtqia+ e quello dei diritti civili). Vincitrice della borsa di studio del premio “Giancarlo Siani” per l’anno 2019.
Fotografa, spesso e (molto) volentieri.

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